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Milan, l’uomo dalle mille vite

Contro l’Atalanta il Milan ha potuto contare sul rientro di Zlatan Ibrahimovic. Che, a quarantadue anni suonati, ha ancora la voglia di un ragazzino    

Milan, F…Ibra forte

Fermarsi è una parola che applica solo quando è in macchina e il semaforo indica il rosso. Ma sul rettangolo verde, a dire “stop”, lui non ci pensa proprio. Zlatan Ibrahimovic, sulla carta d’identità , ha quarantadue anni. Su quella della voglia di scendere in campo del fuoriclasse del Milan , però, l’età diminuisce considerevolmente.

E, dalle colonne della “Gazzetta dello Sport”, si gode innanzitutto la gioia per avere ritrovato il prisco splendore: “c’è grande emozione – esordisce – era un anno che non riuscivo a giocare a calcio come volevo, che non stavo bene e non potevo fare quello che amavo”. Il che, per lui, deve essere significato tanto quanto stare chiuso a chiave in uno sgabuzzino e non potersi muovere. Perché per Ibra il calcio è libertà, aria per respirare ed elisir di lunga vita. Che si guarda bene dallo smettere di bere: “prima ho sofferto tanto – spiega girando un po’ in senso antiorario le lancette dell’orologio – sia per quello che è successo con Mino Raiola sia per le mie condizioni fisiche”.  Ma la musica della vita sa passare in un attimo da un suono stridulo a uno celestiale e quindi fiato alle trombe per dire che “essere tornato in campo è molto bello”.

Con la determinazione di sempre ai piedi. E con quell’ego calcistico che, obiettivamente, non si può ascrivere al novero dei suoi difetti perchè corroborato da una lunga galleria di giochi di prestigio sul campo: “da quando sono rientrato in squadra – ha detto – sono stato sicuro di poter fare ancora la differenza e di potere trasmettere la mia sicurezza e la mia fiducia agli altri”. Gli anni gli hanno modellato sempre più addosso la stoffa del leader. Sul campo e fuori. “Ho visto tanta fame in allenamento – è il suo richiamo – non dobbiamo fermarci perché basta una sconfitta per rimettere tutto in discussione”.

Fermarsi? A riflettere sul futuro forse. A giocare, invece, manco se gli azzopassero una gamba. E lo riafferma apertis verbis: “se sto come oggi – vaticina – continuo a giocare ancora qualche anno, non solo l’anno prossimo”.  Tre settimane fa, per sua stessa ammissione,  non la pensava così. Poi gli è scattata dentro la voce che , con tono insistente, gli ha urlato: “ma tu sei Zlatan Ibrahimovic” e lui le ha teso le orecchie. Era, e adesso lo sa, il canto della risurrezione. “Serve tempo e pazienza” conclude. Ma con il tono di chi sa di averli ben in tasca entrambi.

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Pubblicato da
Cristiano Comelli
Tag: Milan

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