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Totti, arrivederci Roma!

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Oggi Totti in conferenza stampa presso il Salone d’Onore del Coni ha sancito il suo addio alla Roma e ha raccontato la propria verità su questi 2 anni da dirigente e sulla situazione “politica” all’interno della società giallorossa. Ad ascoltare la bandiera della Roma non solo giornalisti ma anche amici e familiari: Sebino Nela, Alberto Aquilani, Vincent Candela, Marco Cassetti, Odoacre Chierico e tutta la famiglia presente.

Queste le prime parole di Totti: “Mi dimetto dal mio ruolo nella Roma. Viste le condizioni credo sia stato doveroso e giusto prendere questa decisione, non ho mai avuto la possibilità di operare in modo effettivo sull’area tecnica. Credo sia la decisione più coerente e giusta “. Poi subito un invito alla tifoseria, all’unione: “Davanti a tutti deve esserci la Roma che deve essere una squadra da amare e da stargli sempre vicina. Non devono esserci fazioni, ma un unico obiettivo. I presidenti, gli allenatori e i giocatori passano, ma le bandiere non passano“. La delusione di Totti è forte sul fatto che non è mai stato realmente preso in considerazione, ritenuto all’altezza del ruolo: “Non ho mai avuto la possibilità di esprimermi, non ho mai avuto la possibilità di prendere parte al progetto tecnico. Il primo anno ci può stare, ma già nel secondo ho capito cosa volessi fare e non ci siamo mai trovati. Sapevano le mie intenzioni, volevo dare tanto a questa società, ma loro non hanno mai voluto. Mi tenevano fuori da tutto“. Parole pensanti sul fatto che le promesse che gli erano state fatte, essere un dirigente incisivo nelle scelte dei giocatori, non sono state mantenute e che la proprietà americana, spinta da qualcuno ha alimentato un progetto di de-romanizzazione della squadra e della società: “Da calciatore mi hanno fatto smettere. In dirigenza sono entrato in punta di piedi perché per me era una novità, ho capito che il calciatore e il dirigente sono cose completamente diverse. Di promesse ne sono state fatte tante, ma alla fine non sono mai state mantenute. Poi col passare del tempo giudichi, valuti e anche io ho una personalità e non resto lì a fare quello che mi chiedono di fare in modo passivo. Poi però col passare del tempo ho capito di non voler continuare a restare a disposizione di persone che non mi avrebbero mai voluto in quel ruolo. Togliere la Roma ai romani è stato il pensiero fisso di alcune persone… e alla fine sono riusciti a ottenere ciò che volevano. Da quando la proprietà americana è entrata ha provato in tutti i modi a metterci da parte. Hanno voluto questo e alla fine ce l’hanno fatta“.

Parole al fiele anche su Baldini: “Il rapporto con Franco Baldini non c’è mai stato e mai ci sarà. Uno dei due doveva uscire e mi sono fatto da parte io, non serve avere in una società troppi galli a cantare. Troppe persone mettono bocca su troppe cose e così non serve, ognuno dovrebbe fare il suo. L’ultima parola spettava sempre a Londra, era inutile dire il tuo pensiero perché era tempo perso“.

L’ultima considerazione è sulla proprietà, troppo lontana: il consiglio di Francesco è che sia maggiormente presente, perché la lontananza crea alibi. Però, Totti ha voluto rimarcare che questo non è un addio alla “sua” Roma, ma solo un arrivederci: “Per me è un arrivederci, non un addio, perché vedendomi anche da fuori non credo di poter restare per sempre lontano dalla Roma“. Gli amori, quelli veri e grandi, girano girano, ma poi ritornano…

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Assemblea ECA, Al-Khelaifi: “La Superlega non esiste”

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Assemblea ECA, Nasser Al-Khelaifi

All’Assemblea ECA (European Club Association) svoltasi ieri a Madrid ha presenziato il presidente Nasser Al-Khelaïfi, noto per essere anche il presidente del PSG.

Il presidente Nasser Al-Khelaïfi ha parlato della situazione dell’ECA. che sta attraversando una fase di grande espansione e conta oggi oltre 600 club affiliati grazie all’arrivo di 266 squadre aggiuntive in questa stagione.

Queste le parole di Al-Khelaïfi a tale proposito: “È un momento fantastico a causa della nostra rapida espansione e della nostra evoluzione positiva. Questo dimostra che l’ECA è un’organizzazione dinamica, democratica, rappresentativa e inclusiva.

Quando sono diventato presidente dell’ECA, c’erano 174 club… ora siamo 610. L’unità è la forza dell’ECA, che è completamente diversa dal precedente G-14”.

Il presidente ne ha approfittato anche per polemizzare sulla Superlega. Queste le sue parole: “La porta è sempre aperta per quei club che non sono nell’ECA. La Superlega non esiste. Quindi, quando se ne renderanno conto, saranno i benvenuti a tornare (l’allusione è soprattutto al Barcellona, ndr).

Abbiamo giocato contro di loro nei quarti di finale della Champions League, la migliore competizione per club al mondo. È la migliore competizione, il miglior sistema che abbiamo. Non sono davvero contenti, ma ancora una volta ci giocano perché sanno che è importante.

Sanno che è la competizione principale. Spero che quindi ne siate consapevoli. Sanno che la porta è sempre aperta. Siamo in contatto congiunto con la FIFA e l’UEFA”. I club che ancora sostengono convintamente il progetto della Superlega sono, in particolare, il Barcellona e Real Madrid.

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Milan, così non va: esci dalla mediocrità! | L’editoriale di Mauro Vigna

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Milan, già dal titolo si può capire di che tenore (senz’altro duro) è il taglio di questo articolo. Non si può sprecare un’altra stagione.

Parlare con mesi di anticipo a volte può dare delle soddisfazioni, in quanto, spesso si viene smentiti. Ed è quello che spero vivamente accada. Perché altrimenti dovremo nuovamente assistere a un anno, il prossimo, sotto il segno della mediocrità.

Mediocrità, parola ricorrente durante questa stagione, basti vedere alcuni elementi in rosa. Che vanno cambiati, o meglio, vanno sostituiti con rinforzi qualitativamente superiori. Iniziamo da Calabria, bravo bello educato e con un cuore grande così, ma vederlo capitano di una squadra come il Milan appare, scusatemi, una bestemmia. Sapete vero di cosa stiamo parlando? Del Milan, squadra che ha alzato al cielo 7 Champions. Giusto per ricordarlo.

Una squadra che per due anni non è stata in grado di trovare un vice Theo Hernandez facendo giocare al suo posto terzini destri, difensori centrali e facendo il segno della croce in settimana augurandogli lunga vita calcistica.

Un centrocampo inesistente, caratterizzato da giocatori bravissimi ad accarezzare il pallone, un po’ meno a picchiare. Quanto servirebbe un Kessiè qualsiasi. E quanto servirebbe una punta centrale che non avesse 38 anni, con tutto il rispetto per Giroud, un ex campione, ma che da marzo in avanti deve giocare con l’ossigeno perché non ha un vero e proprio sostituto.

Quindi che si fa? Con Pioli a fine ciclo ci si trova praticamente a maggio senza avere deciso un allenatore e con gli altri club che stanno praticamente prendendosi i migliori attaccanti, lasciando a noi – forse – qualche briciola per quando decideremo di fare mercato.

Capitolo allenatore. Da qui capiremo se aspettarci un altro campionato mediocre, oppure no. Antonio Conte avrebbe permesso di alzare l’asticella, ma un Van Bommel, brava persona eh, ha pure pianto quando se ne è andato, pensate possa rappresentare la scelta giusta? Uno che ha la stessa esperienza di Palladino che almeno ha allenato in Serie A? Uno che ha subìto le stesse reti di Pioli, ma in Belgio? Giovane, parla 5 lingue, ma a noi serve uno con gli attributi che sappia strigliare Leao quando passeggia come fosse in Via Montenapoleone a Milano, durante un derby.

Ripeto, se sarò smentito sarò felice. In realtà è quello che voglio, essere smentito coi fatti. Con uno come Conte in panchina, con Gyokeres in attacco, magari uno come Amrabat in mediana, Buongiorno Scalvini in difesa. Un forte terzino destro. E poi ne parliamo. Altrimenti…la solità mediocrità.

Questa deve essere la stagione della svolta, non serve molto. L’ossatura della squadra c’è, servono 4-5 rinforzi di qualità nei posti giusti. È un allenatore con le palle quadrate.

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La risposta di Lotito a Gravina: “La FIGC non è il suo granducato personale”

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De Laurentiis

Continuano le schermaglie verbali a distanza fra il presidente della Lazio Claudio Lotito e quello della FIGC Gabriele Gravina.

Le parole di Lotito su Gravina

Non si è fatta attendere troppo la replica del presidente della Lazio Claudio Lotito alle accuse del numero uno della FIGC Gabriele Gravina. Repetita iuvant: stamane vi avevamo riportato le dichiarazioni del presidente federale, rilasciate a “Il Foglio“, in cui quest’ultimo attaccava frontalmente il patron bianco celeste.

In sostanza, Gravina accusava il vulcanico patron della società capitolina di voler dettare legge all’interno del consiglio federale. Oltre ad alludere a un presunto conflitto d’interesse, dato che Lotito è al tempo stesso membro del consiglio federale e membro del consiglio della Lega Calcio.

Oltre che, ovviamente, senatore della Repubblica Italiana e Presidente della Lazio. Tempo qualche ora ed è arrivata anche la replica del diretto interessato, affidata a un’intervista concessa all’Ansa.

❝Leggo con stupore le dichiarazioni del sig. Gravina sulla mia persona, che si commentano da sole. Chiare manifestazioni di pura ostilità e scomposto rancore nei miei confronti, al fine di difendersi dalle responsabilità circa lo stato attuale del calcio in Italia che tutti gli attribuiscono. I suoi rapporti personali con alcuni presidenti non escludono il disagio e la confusione che oggi regna nel sistema calcio, condivise da tutti gli operatori che cercano, nonostante gli ostacoli posti dal sig. Gravina, di rinnovarne le regole. La mia posizione di proprietario di club, consigliere federale, consigliere di Lega e componente del Senato, ruoli peraltro acquisiti con regolari e democratiche elezioni, mi consente di avere una visione più ampia e completa dei problemi e delle soluzioni possibili per eliminare i guasti prodotti. Il mondo del calcio non chiede isolamento, ma necessita di una visione ampia delle sue varie componenti. Alle quali i miei ruoli istituzionali, attesa l’importante ed alta valenza del calcio, mi danno la possibilità di offrire un contributo fattivo, facendolo uscire da un’autonomia erroneamente intesa come ‘granducato personale’.❞

Lotito

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