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Not a game | Jerry West, il logo della NBA

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Tra le leghe sportive più famose al mondo, la NBA è quella connotata dal logo probabilmente più riconoscibile. Una silhouette di un giocatore bianca circondata dal rosso e dal blu, tanto semplice quanto d’effetto, diventata nei decenni anche un’icona dello street fashion. E quella silhouette tanto in vista appartiene ad un uomo: Jerry West, soprannominato non a caso “The logo”. Logo che tra l’altro proprio nella prossima stagione sarà proposto in versione speciale per i 75 anni della lega.

In attività dal 1960 al 1974, West ha dedicato la sua carriera da giocatore ai Los Angeles Lakers, con i quali ha vinto il titolo nel ’72. La sua storia è ricca di grandi cifre e record indelebili, ma anche di molte sconfitte: è infatti il giocatore ad aver perso più finali NBA nella storia, otto. Non a caso, nel 1969 è diventato il primo e fino ad oggi l’ultimo a vincere il premio di Finals MVP militando nella squadra sconfitta. Insomma, una carriera da 27 punti, 5.8 rimbalzi e 6.7 assist di media tanto di successo quanto sofferta.

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I successi al college, i primi passi in NBA

Terminata l’esperienza del liceo, nel 1956 praticamente tutti i college più importanti degli Stati Uniti provarono a reclutarlo. A spuntarla fu l’Università di West Virginia, dove militò fino al 1960. Qui ottenne una lista incredibile di riconoscimenti individuali, ma anche le prime sconfitte pesanti. Prima tra tutte quella rimediata nel 1959 contro l’università di California, in finale. In ogni caso, nel 1960 arrivò al Draft NBA come uno dei prospetti più interessanti che si fossero visti in quegli anni e i Minneapolis Lakers lo selezionarono con la scelta numero 2. Lakers che di lì a breve si sarebbero trasferiti proprio a Los Angeles.

Sorte che ha dunque legato indissolubilmente i destini della città di L.A. e di Jerry West, che è diventato così il primo giocatore scelto al Draft nella storia cestistica dei californiani. L’ambientamento in NBA però non fu immediato, nonostante la squadra allora capitanata da un’altra legenda, Elgin Baylor, avesse assunto proprio l’allenatore di West Virginia. La svolta arrivò infatti nella sua seconda annata in gialloviola, quando Baylor fu impegnato a lungo con l’esercito a stelle e strisce e West crebbe considerevolmente per sopperire al vuoto lasciato dal leader dei suoi. Da allora i due andarono a formare la coppia soprannominata “Mr Outside and Mr Inside“, viste le caratteristiche più perimetrali dell’astro nascente e quelle di giocatore in post di Baylor.

Al suo secondo anno nella lega West si era trasformato immediatamente in un leader tanto tecnico quanto mentale, in grado di mantenere 30 punti di media e di segnare con costanza tiri decisivi. Abilità valsa l’ulteriore soprannome di “Mr Clutch“.

In quegli anni la coppia perse ben quattro finali NBA: 1962, 1963, 1965 e 1966. Tutte contro i Boston Celtics, con i quali nacque quella che ancora ad oggi rimane probabilmente la rivalità più nobile di tutta la lega. Nel frattempo, però, Jerry West stava diventando sempre più stella assoluta di quei Lakers, mantenendo 31 punti segnati di media sia nel ’65 che nel ’66.

Gli anni della maturità e del successo

Alla fine degli anni ’60 Jerry West vive l’apice della sua carriera. Anni che lo iscrivono indelebilmente nel firmamento delle stelle dei Lakers in primis e della pallacanestro poi, della cui Hall of Fame fa parte ufficialmente dal 1980. Dopo un’annata da infortunato nel 1966/67, West trascina i suoi nuovamente alle Finals nel 1968, solo per essere battuti per la quinta volta dai Boston Celtics.

La squadra del Massachusetts ha evidentemente un’arma in più, si tratta dell’intramontabile vincente Bill Russell. Il centro che per primo ha reso grande e storica la franchigia di Boston. Dopo cinque cocenti sconfitte, allora, a Los Angeles decidono di andare all-in e di ottenere tramite scambio l’altro centro che in quegli anni stava dominando la lega: Wilt Chamberlain.

Così, nel 1969 si ripropone per la sesta volta in otto stagioni la finalissima Lakers-Celtics, pronta ad essere più epica che mai. West parte subito fortissimo, e con 53 punti segnati, forte anche della presenza di Chamberlain sul parquet, trascina i suoi alla vittoria in gara 1. Anche gara 2 va ai losangelini, con altri 41 punti segnati da Mr Clutch. Trasferitasi a Boston, la serie torna subito in mano ai Celtics, che si portano sul 2-2. West appare chiaramente esausto, dopo la corsa playoff e una stagione da 26 punti e 7 assist di media. Gara 5 però lo vede nuovamente incisivo, quando con 39 punti porta i suoi alla vittoria. La stessa notte però gli costa caro nell’economia della serie, perché su un tuffo sul pallone a partita praticamente decisa si fa male al tendine del ginocchio ed esce dal campo zoppicando. Zoppicante segna solo 26 punti in gara 6, mentre anche Chamberlain viene fermato a soli 8 punti segnati. Tutto si decide allora in gara 7. Padroni di casa, i Lakers provocano i Celtics accogliendoli in un palazzetto già decorato a festa. La serata però si instrada su binari tremendamente negativi e Boston rimane in vantaggio per larghi tratti della partita. I Lakers trascinati da Jerry West si riavvicinano sul finale, ma la fatica accumulata dal loro leader costa infine l’ennesima finale persa per mano degli eterni rivali. Con la polvere in bocca, l’ormai veterano chiude gara 7 con una tripla doppia da 42 punti, 13 rimbalzi e 12 assist. E poco dopo viene insignito del premio di Finals MVP nonostante la sconfitta dei suoi, caso rimasto un unicum nella storia della NBA. Inoltre, in questa serie Jerry West ha segnato almeno 40 punti in quattro gare diverse, e ad oggi solo altri cinque sono riusciti a replicarlo con almeno tre gare da 40 punti nelle stesse finali (Rick Barry ’67, Michael Jordan ’93, Shaquille O’Neal ’00, LeBron James ’15 e Giannis Antetokounmpo ’21).

Infine, per ridere, proprio nel 1969 la NBA adottò il suo nuovo logo.

Nel 1970 arrivò al poi a vincere lo Scoring Title per aver mantenuto la media punti più alta della lega: 31 a notte. Anche in quella stagione, però, West si dovette arrendere alle Finals, ai New York Knicks. Dopo aver mancato l’appuntamento con l’ormai casalingo ultimo atto della stagione nel 1971, nell’anno successivo, il 1972, i Lakers di un Jerry West ormai non più protagonista assoluto riuscirono finalmente salire sul tetto della NBA, interrompendo una serie negativa di sette finali perse nel giro di undici stagioni. Nel 1974, infine, The Logo abbandonò il basket giocato dopo la sua ottava finale persa nel 1973, nuovamente per mano dei New York Knicks.

I successi clamorosi da dirigente e la sua eredità

Appendeva così la casacca gialloviola al chiodo l’allora miglior realizzatore di sempre della franchigia, forte di un titolo NBA e di un premio di Finals MVP, incredibilmente non raggiunti nello stesso anno. Ma non solo, West fu infatti selezionato per 14 volte come All-Star, 12 nei primi due quintetti All-NBA e 5 nei migliori quintetti difensivi su 5 da quando il riconoscimento era stato istituito. West è ad oggi il giocatore con la media punti più alta di sempre in una serie playoff, 46.3, e con più partite da almeno 40 punti segnati nelle Finals, 10.

Ritiratosi, dopo tre anni sulla panchina dei Lakers passò dietro alla scrivania, da dove fu l’artefice dei cinque titoli della Los Angeles dello Showtime degli anni ’80. Quella Los Angeles rampante, fatta di un gioco spettacolare e accattivante e di un palazzetto sempre ricolmo di stelle di Hollywood: un fenomeno insomma diventato culto assoluto. Infine, West ha anche posto le basi per i tre titoli di fila vinti dai Lakers tra il 2000 e il 2002, scambiando Vlade Divac per la scelta al Draft valsa Kobe Bryant e assumendo coach Phil Jackson.

Non soddisfatto, è passato poi per alcuni anni per i Memphis Grizzlies e per i Golden State Warriors. Nella Baia arrivò nel 2011. dove divenne uno degli artefici di un’altra dinastia indimenticabile, quella della saga di Steph Curry e degli “Splash brothers“.

Insomma, al di là delle tante sconfitte subite in finale da giocatore, Jerry West è indubbiamente una delle figure più importanti e vincenti della storia della pallacanestro americana. Come il capitano del Milan Paolo Maldini spesso racconta di se stesso, infatti, i più grandi vincenti sono spesso anche grandi perdenti. Ma per poterle perdere, le finali, bisogna anche saperci arrivare. E la storia di West dimostra come le NBA Finals siano state il suo terreno di caccia, da giocatore come da dirigente.

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Juventus: dall’Albania un potenziale rinforzo per le fasce

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juventus

Juventus: osservatori in tribuna a Parma per vedere Albania-Cile. Si cercano rinforzi e nella Nazionale albanese ci sono elementi di spessore. Tra cui Mitaj.

La scorsa settimana al Tardini c’era chi prendeva appunti dagli spalti: la Vecchia Signora deve rinnovare vari settori, possibilmente con costi di cartellino contenuti.

L’Albania sembra offrire ottime possibilità in questo senso. Un nome in prima linea.

Mitaj nel mirino Juventus

Il terzino sinistro è nell’interesse del club bianconero. 

“Per me è stato il migliore in campo, in assoluto” ha dichiarato Sylvinho.

Il ct albanese, come riporta anche Tuttosport, ha sottolineato come Mitaj abbia contrastato con risolutezza giocatori del calibro dell’ex juventino Dejan Kulusevski, ora agli Spurs.

Doveva affrontare calciatori che militano in squadre come il Tottenham e il Newcastle: nonostante ciò, ha disputato una grande gara”.

Juventus, mire su Mitaj

Una nazionale giovane

L’Albania ha tantissimi ragazzi classe 2003, come Mitaj, e dintorni.

ma già ben affermati in club europei, molti in Italia.

“Giocatori come Asllani e Mitaj stanno facendo esperienza. Abbiamo altri ragazzi come Muçolli e Hoxha che sono agli esordi e possono dare tanto alla Nazionale, questo è il momento di valutare i giocatori. Il risultato è importante, ma non la cosa più importante”

Per gli Europei ci sarà occasione di vedere questi talenti incrociare proprio l’Italia: infatti nel gruppo B gli azzurri, inseriti in quarta fascia, affronteranno Spagna, Croazia e, appunto, Albania.

 

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Premier League, super attesa per il big match Manchester City-Arsenal

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Trepidante attesa in Inghilterra per la super sfida che chiuderà il programma della 30^ giornata della Premier League.

Il massimo campionato inglese aspetta con ansia, infatti, la disputa di Manchester City-Arsenal, un vero e proprio super big match tra due delle tre squadre che stanno battagliando ai vertici del campionato per aggiudicarsi il titolo 2023/2024.

Le due squadre sono divise, infatti, da un solo punto in classifica (64 l’Arsenal, 63 il City) con il Liverpool a sua volta straordinario protagonista guidando la classifica insieme ai Gunners. Ma se i Reds sono attesi da una gara comunque scomoda ospitando il Brighton di De Zerbi, è ovvio che i fari siano quasi tutti puntati su quanto potrà accadere all’Etihad Stadium di Manchester, dove la posta in palio è davvero di altissimo livello. Per le quote Premier League, comunque, è la squadra di Guardiola ad avere maggiori chance di vittoria, considerando che il segno 1 è valutato al momento 1.86 contro il 3.89 del successo dei londinesi, mentre il segno X è a 3.75.

Quella fra Manchester City e l’Arsenal è una sfida che si rinnova dopo la battaglia cruenta della passata stagione, con entrambe grandi protagoniste di un acceso arrivo in volata, vinto dalla squadra di Guardiola. Anche quest’anno la storia non sembra essere cambiata, anche se la volata prevede un tris di squadre che promettono battaglia, ma soprattutto spettacolo.

Una Premier League che giocherà la 30^ di campionato, senza peraltro aver disputato per intero la 29^ che ha registrato il regolare svolgimento di appena quattro incontri per favorire le sfide dei Quarti di finale della FA Cup, anche se i rinvii non incidono particolarmente sulla lotta al vertice dove le tre squadre impegnate sono tutte con lo stesso numero di gare disputate.

Arsenal dunque sfavorito in questa attesissima sfida, anche in virtù di due particolari assenze, quelle di Saka e Martinelli, due dei tre uomini più importanti dell’attacco di Arteta, costretti a dare forfait per infortunio. Il calcio d’inizio è programmato per le ore 17,30 di domenica e sarà sicuramente un grande spettacolo.

Premier League

Prizren,Kosovo – november 19,2016: premier league teams liverpool,manchester city,chelsea,manchester united and arsenal

 

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Inter, all’inizio del prossimo campionato potrebbero non esserci Lautaro e Thuram | I dettagli

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Inter, Simone Inzaghi

Simone Inzaghi già trema in vista della prossima stagione. L’Inter, infatti, potrebbe perdere Lautaro e Thuram per l’inizio del campionato 2024/25. Il motivo

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L’Inter, nuove competizioni e nuovi format

Non è ancora terminata la stagione 2023/24, che l’Inter spera di chiudere con lo scudetto e la seconda stella, che già si pensa alla prossima. Il nuovo anno calcistico dovrebbe aprirsi con qualche bella novità. In particolare, la Champions League nella sua nuova formula e il Mondiale per Club. Si tratta di un vero e proprio nuovo torneo a 32 squadre e, quindi, con molte più partite da sostenere per una squadra, nell’arco della stagione. Se poi si aggiungono anche gli Europei e la Coppa America agli impegni dei calciatori coinvolti, viene facile comprendere che per i club ci sarà molto da lavorare per gestire le rose.

Inter, Lautaro Martinez

Inzaghi, attenzione alle Olimpiadi

Veniamo ora al punto cruciale di questo articolo. La possibile assenza di Lautaro e Thuram ai nastri di partenza del prossimo campionato. Ai due attaccanti nerazzurri, attualmente impegnati con le rispettive Nazionali, è stato chiesto cosa farebbero se venissero convocati per le prossime Olimpiadi. Entrambi hanno dichiarato che risponderebbero positivamente alla chiamata del selezionatore. Se dovesse essere così, l’Inter inizierebbe la stagione senza l’intero attacco titolare.

I possibili scenari per gli attaccanti dell’Inter

Come sappiamo, gli Europei iniziano il 14 giugno e terminano dopo un mese. In quella data termina anche la Coppa America. Le Olimpiadi, invece, iniziano il 24 luglio e terminano l’11 agosto. Solo 9 giorni prima dell’inizio della Serie A. Se Lautaro e Thuram partissero per le Olimpiadi, quindi, andrebbero in vacanza subito dopo, perdendo almeno 2 partite di Campionato. Come sostiene la Gazzetta dello Sport, però, calciatori e staff potrebbero mettersi d’accordo o opporsi alla partecipazione dei calciatori alla competizione olimpica.

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