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Roma, Mourinho: “Roma, Mourinho: ‘Reynolds? L’Inter ha Darmian e Dumfries..”

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Roma

Il tecnico dopo la vittoria di ieri, acciuffata negli ultimi minuti contro il Sassuolo ha spiegato in conferenza stampa la differenza della rosa di Inter e Juventus al contrario della Roma con infortuni e squalifiche comprese.

E’ un Mourinho euforico quello di ieri dopo la vittoria con il Sassuolo all’Olimpico nella sua millesima panchina in carriera. L’allenatore portoghese ha spiegato come questa vittoria sia un traguardo molto importante, al contrario di come detto in conferenza stampa sabato, alla vigilia della partita.

Partita dalle mille emozioni quella di ieri che ha visto la Roma andare in vantaggio grazie al gol nel primo tempo di Cristante. Nella ripresa c’è stato poi il gol del momentaneo pareggio di Đuričić al 57′ prima dell’emozione finale grazie al gol di El Shaarawy al minuto 91′ che ha fatto scatenare i tifosi della Roma e soprattutto Mourinho, corso sotto la curva sud al gol del faraone. Il tecnico in conferenza stampa ha spiegato poi i cambi effettuati in partita.

Roma, Mourinho: “I ragazzi giovani devono crescere”

Lo Special One ha spiegato come i cambi siano stati fatti vista la condizione dei suoi ragazzi, tra infortuni e rientri dalla Nazionale. Queste le parole dell’allenatore portoghese: “Karsdorp era ‘morto’, aveva i crampi, Boga e Traore lo stavano ammazzando perché non reagiva più per la stanchezza. Ho messo Reynolds perché era l’unico terzino, se ci fosse stato Ibanez in panchina avrei messo lui ma non c’era. E’ questa la differenza tra noi e gli altri, vedi i giocatori che ha messo Inzaghi, di qualità ed esperienza che possono portare qualcosa negli ultimi 20-30 minuti.

Per noi è diverso, però in alcune posizioni abbiamo giocatori importanti come Perez, El Shaarawy e Shomurodov. .  Queste cose devono imparare i giovani, ma le 4-5 top hanno queste alternative in più. L’Inter ha Darmian e Dumfries, la Juve Danilo e de Ligt, questi ragazzi devono crescere poco a poco. Ma anche questo è bello”.

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Buffon rivela: “Ecco tutti i no per la Juventus: Barcellona, Atalanta e Roma…”

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Buffon

Il capo delegazione dell’Italia di Luciano Spalletti, Gianluigi Buffon, ha parlato a La Repubblica svelando diversi retroscena di mercato.

Gianluigi Buffon ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni de La Repubblica rivelando alcuni retroscena di mercato dei tempi di quando lui era ancora un giocatore.

Buffon

Di seguito le parole della leggenda della Nazionale Italiana:

“Nel 2001, dal Parma, avevo quasi fatto con la Roma. Era questione di dettagli. Poi anche col Barcellona. Alla fine però sono andato alla Juve. Poi nel 2005 c’è stata una grandissima società straniera che mi voleva, ma non l’ho presa in considerazione. Nel 2011 stavo di nuovo andando alla Roma: mi chiamò Montali, mi piaceva e con la Juve s’era rotto qualcosa. Poi però arrivò Conte e impose la mia presenza.

Quando dal Psg sono tornato alla Juve stavo per andare al Porto. Avevo già visto i voli, la città. E altre due volte sono stato vicinissimo all’Atalanta. La seconda avevo deciso. Ma alla Juve mi conoscono come le loro tasche. Fecero una riunione: c’eravamo io, Paratici, Pirlo. Che mi disse: Gigi, cavolo, è il primo anno che alleno, sono venuto sapendo che c’eri tu… Cosa potevo rispondergli?”.

Il calcio le è mai entrato in casa? Cosa ha dovuto spiegare ai figli?

“Le scelte. Tipo Parigi, tipo tornare alla Juve, tipo accettare di fare il secondo alla Juve per due anni, tipo andare in B per il Parma. Ai miei figli ho spiegato il motivo per cui le facevo, mi auguro che per loro sia un patrimonio a cui attingere qualcosa di buono”.

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Napoli, Spalletti rivela: “Lo staff mi disse: Vendono tutti, che restiamo a fare?”

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Spalletti

L’ex tecnico del Napoli, Luciano Spalletti, ha parlato a Il Corriere dello Sport soffermandosi sul tormentato addio sulla panchina partenopea.

Luciano Spalletti, attuale commissario tecnico dell’Italia, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni de Il Corriere dello Sport soffermandosi sulla sua esperienza al Napoli, sul rapporto con Aurelio De Laurentiis e del burrascoso addio dopo la vittoria del tricolore.

Italia, Spalletti

Napoli, le parole di Spalletti

Io la tristezza l’ho scelta e abbracciata lasciando Napoli dopo quella cosa là. Sarebbe stato più facile e naturale andare avanti, lavorare con un gruppo che avevamo portato al top, godersi la felicità del momento, quella fatta provare alla gente di Napoli. Ho scelto la tristezza”.

Spalletti quindi prosegue nel suo ragionamento…

“Io non so allenare il cinismo. Allenare per me significa voler bene al calciatore, saperlo difendere, aggiungergli qualcosa. Esiste il calciatore timido che non riesce a esprimere totalmente il proprio potenziale e allora intervengo con il lavoro. Al Napoli ne avevo un paio. Con l’esercizio cerco di portare il timido nella condizione ideale per alzare il livello del rendimento.

Non riesco a fare niente in superficie. Il primo anno a Napoli vivevo in albergo, magnifico, mi portavano la colazione in camera. Poi ho piazzato il lettino nell’ufficio. Per non perdere un solo secondo, anche il più piccolo particolare, mi risparmiavo la mezz’ora di auto da Napoli a Castel Volturno”.

Hai mai subìto una decisione?

“Ho sempre deciso per me stesso. Il mestiere vuol dire 365 giorni di grande lavoro. Dopo il primo anno i miei collaboratori mi dissero “ma cosa restiamo a fare? Hanno venduto tutti”. Erano partiti Mertens, Koulibaly, Ghoulam, Ospina, Insigne, Fabian Ruiz. Tanta qualità. Io volevo sentirmi l’allenatore del Napoli e si è allenatori di una squadra soltanto se si fa qualcosa di effettivamente importante.

Quando incontri De Laurentiis la prima cosa che ti dice è “secondi siamo già arrivati e dobbiamo stare sempre in Champions”. Messaggio chiaro e diretto. Così sono ripartito per ottenere quella cosa là, è successo, sarei potuto restare ancora, il grafico prestazionale l’avevamo portato al livello più alto”.

I colloqui con De Laurentiis?

“Io ho due orecchie e una bocca. So ascoltare e al momento giusto parlare. De Laurentiis ha una grande comunicativa, un linguaggio scorrevole. E poi dipende sempre dal De Laurentiis che ti ritrovi di fronte, ne esistono almeno quattro o cinque. Con l’intelligenza artificiale potrebbero provare a inventarne altri”.

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Questione allenatore, Juventus e Milan nella stessa situazione: spunta una clamorosa ipotesi

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Questione allenatore, lo abbiamo scritto diverse volte, ma Juventus e Milan stanno affrontando una situazione analoga. Andiamo qui di seguito a svelarne i motivi senza escludere una clamorosa ipotesi.

La situazione di Milan Juventus è speculare. Entrambi i club, con buone probabilità, lasceranno partire i loro rispettivi allenatori in estate. Sappiamo che i bianconeri hanno stretto rapporti con Thiago Motta e i rossoneri con Julen Lopetegui. C’è chi parla già di preaccordi e condivisioni sulle strategie di mercato. Cose possibili, ma andiamo ad analizzare il trait d’union che lega insieme le due dirigenze. Una parte di entrambe infatti vorrebbe sulla panchina Antonio Conte.

Vero motivo per il quale il tecnico leccese sta aspettando e provvisoriamente rifiutando Napoli. Sappiamo che Conte alla Juventus ci andrebbe al volo, viste le sue esigenze di rimanere in Italia e vicino a Torino, ma sappiamo anche, per gli stessi motivi, che la soluzione Milan sarebbe altrettanto gradita. L’altra parte delle rispettive dirigenze invece non vuole Conte. Chi la spunterà?

Se Conte dovesse alla fine andare alla Juventus, Thiago Motta potrebbe essere il nome che metterebbe tutti d’accordo all’interno della galassia Milan, ad oggi piuttosto fredda su Lopetegui. Ovviamente, per entrambe, ci sono prima da piazzare Allegri Pioli, con quest’ultimo particolarmente adulato dallo stesso De Laurentiis. Insomma, un intreccio sull’asse Torino-Milano che potrebbe nascondere insidie, ma anche sorprese.

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