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Milan-Torino 5-4: le pagelle dei rossoneri

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Salernitana-Milan

Il Diavolo vende cara la propria pelle anche in Coppa Italia e si qualfica ai quarti di finale attendendo di sapere chi sfiderà tra Inter Fiorentina. Nella ghiacciaia dello stadio San Siro 120 minuti davvero molto tirati, di fronte due squadra che hanno bene interpretato la gara dimostrando di non volere lasciare mezzo centimetro di campo all’avversario, decisamente un altro Torino rispetto a quello visto – sempre al San Siro – sabato sera.

Il Milan ci prova in tutte le maniere, sicuramente in fase offensiva sa fare più male dei granata che attendono, spesso vengono messi alle corde, ma non soccombono se non dopo la lotteria dei calci di rigore. Per i rossoneri segnano tutti, per il Torino fatale l’errore di Rincon che si fa parare il tiro dall’ottimo Tatarusanu.

Le pagelle

Tatarusanu 7: è mai facile giocare dopo parecchie partite passate in panchina, ma il portiere rumeno entra subito molto bene in gara con un buon intervento su Gojak. Ottimi riflessi sul rigore di Rincon, la sua parata risulta decisiva.

Kalulu 7: non è più una novità, il giovanissimo francese ovunque lo si metta regala prestazioni di qualità e quantità, una scoperta tra le più belle.

Musacchio 6: viene tirato fuori dalla naftalina dopo 11 mesi e riesce a fare una discreta figura senza evidenti errori, non era affatto facile, patisce Zaza, ma di fatto si lascia saltare soltanto una volta (dal 17 st Theo Hernandez 6,5: prova alcune accelerazioni delle sue, sa di potere fare male quando spinge).

Romagnoli 6,5: Zaza dalle sue parti non passa, gara senza alcuna sbavatura, pulito ed attento in ogni occasione.

Dalot 6: decisamente un passo in avanti rispetto alle ultime incolori gare, si propone anche spesso in avanti.

Calabria 7: spirito di sacrificio elevato all’ennesima potenza quello del giovane terzino rossonero che ultimamente viene adattato anche in mezzo al campo senza peraltro mai stonare. Sfortunato in occasione del palo, non molla mai. (dal 17′ st Kessiè 6: commette qualche leggerezza di troppo, non è da lui, ma il calcio di rigore lo calcia con la sua ormai proverbiale freddezza).

Tonali 6,5: entra determinato e copre la fase difensiva con estrema saggezza, eccezionale all’88’ su Gojak. Trasforma il rigore con freddezza. Passi avanti evidenti.

Castillejo 5: pasticcia come suo solito con il pallone tra i piedi, è uno dei giocatori che si fa vedere di meno (dal 1′ st Hauge 5: è uno specialista nell’entrare a gara in corso, ma questa volta stecca e ci può anche stare per un ragazzo della sua età. Tenta qualche giocata, troppo timido).

Brahim Diaz 6: come sempre è frizzantino, si prende numerosi falli a favore, manda quasi in gol Leao, peccato per la palla gol divorata all’85’ (dal 1′ pts Olzer sv).

Leao 6: mina vagante per tutto l’attacco, dimostra di trovarsi molto bene nel ruolo di punta centrale. Manca di cattiveria in zona gol.

Ibrahimovic 6: sufficienza di stima per lo svedese ancora in evidente ritardo di condizione, mette minutaggio sulle gambe in vista della trasferta di Cagliari dove sarà lui titolare. Poco preciso. (dal 1′ st Calhanoglu 7: entra in campo decisamente motivato e dai suoi piedi passa qualsiasi azione, decisivo a trasformare il rigore che manda il Milan ai quarti di finale).

Pioli 7: fa intendere di volere vincere la gara quando mette dal primo minuto Ibrahimovic, questa è la nuova mentalità del Milan, non si molla niente e si combatte su tutto. Merito sicuramente suo.

 

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Assemblea ECA, Al-Khelaifi: “La Superlega non esiste”

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Assemblea ECA, Nasser Al-Khelaifi

All’Assemblea ECA (European Club Association) svoltasi ieri a Madrid ha presenziato il presidente Nasser Al-Khelaïfi, noto per essere anche il presidente del PSG.

Il presidente Nasser Al-Khelaïfi ha parlato della situazione dell’ECA. che sta attraversando una fase di grande espansione e conta oggi oltre 600 club affiliati grazie all’arrivo di 266 squadre aggiuntive in questa stagione.

Queste le parole di Al-Khelaïfi a tale proposito: “È un momento fantastico a causa della nostra rapida espansione e della nostra evoluzione positiva. Questo dimostra che l’ECA è un’organizzazione dinamica, democratica, rappresentativa e inclusiva.

Quando sono diventato presidente dell’ECA, c’erano 174 club… ora siamo 610. L’unità è la forza dell’ECA, che è completamente diversa dal precedente G-14”.

Il presidente ne ha approfittato anche per polemizzare sulla Superlega. Queste le sue parole: “La porta è sempre aperta per quei club che non sono nell’ECA. La Superlega non esiste. Quindi, quando se ne renderanno conto, saranno i benvenuti a tornare (l’allusione è soprattutto al Barcellona, ndr).

Abbiamo giocato contro di loro nei quarti di finale della Champions League, la migliore competizione per club al mondo. È la migliore competizione, il miglior sistema che abbiamo. Non sono davvero contenti, ma ancora una volta ci giocano perché sanno che è importante.

Sanno che è la competizione principale. Spero che quindi ne siate consapevoli. Sanno che la porta è sempre aperta. Siamo in contatto congiunto con la FIFA e l’UEFA”. I club che ancora sostengono convintamente il progetto della Superlega sono, in particolare, il Barcellona e Real Madrid.

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Milan, così non va: esci dalla mediocrità! | L’editoriale di Mauro Vigna

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Milan, già dal titolo si può capire di che tenore (senz’altro duro) è il taglio di questo articolo. Non si può sprecare un’altra stagione.

Parlare con mesi di anticipo a volte può dare delle soddisfazioni, in quanto, spesso si viene smentiti. Ed è quello che spero vivamente accada. Perché altrimenti dovremo nuovamente assistere a un anno, il prossimo, sotto il segno della mediocrità.

Mediocrità, parola ricorrente durante questa stagione, basti vedere alcuni elementi in rosa. Che vanno cambiati, o meglio, vanno sostituiti con rinforzi qualitativamente superiori. Iniziamo da Calabria, bravo bello educato e con un cuore grande così, ma vederlo capitano di una squadra come il Milan appare, scusatemi, una bestemmia. Sapete vero di cosa stiamo parlando? Del Milan, squadra che ha alzato al cielo 7 Champions. Giusto per ricordarlo.

Una squadra che per due anni non è stata in grado di trovare un vice Theo Hernandez facendo giocare al suo posto terzini destri, difensori centrali e facendo il segno della croce in settimana augurandogli lunga vita calcistica.

Un centrocampo inesistente, caratterizzato da giocatori bravissimi ad accarezzare il pallone, un po’ meno a picchiare. Quanto servirebbe un Kessiè qualsiasi. E quanto servirebbe una punta centrale che non avesse 38 anni, con tutto il rispetto per Giroud, un ex campione, ma che da marzo in avanti deve giocare con l’ossigeno perché non ha un vero e proprio sostituto.

Quindi che si fa? Con Pioli a fine ciclo ci si trova praticamente a maggio senza avere deciso un allenatore e con gli altri club che stanno praticamente prendendosi i migliori attaccanti, lasciando a noi – forse – qualche briciola per quando decideremo di fare mercato.

Capitolo allenatore. Da qui capiremo se aspettarci un altro campionato mediocre, oppure no. Antonio Conte avrebbe permesso di alzare l’asticella, ma un Van Bommel, brava persona eh, ha pure pianto quando se ne è andato, pensate possa rappresentare la scelta giusta? Uno che ha la stessa esperienza di Palladino che almeno ha allenato in Serie A? Uno che ha subìto le stesse reti di Pioli, ma in Belgio? Giovane, parla 5 lingue, ma a noi serve uno con gli attributi che sappia strigliare Leao quando passeggia come fosse in Via Montenapoleone a Milano, durante un derby.

Ripeto, se sarò smentito sarò felice. In realtà è quello che voglio, essere smentito coi fatti. Con uno come Conte in panchina, con Gyokeres in attacco, magari uno come Amrabat in mediana, Buongiorno Scalvini in difesa. Un forte terzino destro. E poi ne parliamo. Altrimenti…la solità mediocrità.

Questa deve essere la stagione della svolta, non serve molto. L’ossatura della squadra c’è, servono 4-5 rinforzi di qualità nei posti giusti. È un allenatore con le palle quadrate.

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La risposta di Lotito a Gravina: “La FIGC non è il suo granducato personale”

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De Laurentiis

Continuano le schermaglie verbali a distanza fra il presidente della Lazio Claudio Lotito e quello della FIGC Gabriele Gravina.

Le parole di Lotito su Gravina

Non si è fatta attendere troppo la replica del presidente della Lazio Claudio Lotito alle accuse del numero uno della FIGC Gabriele Gravina. Repetita iuvant: stamane vi avevamo riportato le dichiarazioni del presidente federale, rilasciate a “Il Foglio“, in cui quest’ultimo attaccava frontalmente il patron bianco celeste.

In sostanza, Gravina accusava il vulcanico patron della società capitolina di voler dettare legge all’interno del consiglio federale. Oltre ad alludere a un presunto conflitto d’interesse, dato che Lotito è al tempo stesso membro del consiglio federale e membro del consiglio della Lega Calcio.

Oltre che, ovviamente, senatore della Repubblica Italiana e Presidente della Lazio. Tempo qualche ora ed è arrivata anche la replica del diretto interessato, affidata a un’intervista concessa all’Ansa.

❝Leggo con stupore le dichiarazioni del sig. Gravina sulla mia persona, che si commentano da sole. Chiare manifestazioni di pura ostilità e scomposto rancore nei miei confronti, al fine di difendersi dalle responsabilità circa lo stato attuale del calcio in Italia che tutti gli attribuiscono. I suoi rapporti personali con alcuni presidenti non escludono il disagio e la confusione che oggi regna nel sistema calcio, condivise da tutti gli operatori che cercano, nonostante gli ostacoli posti dal sig. Gravina, di rinnovarne le regole. La mia posizione di proprietario di club, consigliere federale, consigliere di Lega e componente del Senato, ruoli peraltro acquisiti con regolari e democratiche elezioni, mi consente di avere una visione più ampia e completa dei problemi e delle soluzioni possibili per eliminare i guasti prodotti. Il mondo del calcio non chiede isolamento, ma necessita di una visione ampia delle sue varie componenti. Alle quali i miei ruoli istituzionali, attesa l’importante ed alta valenza del calcio, mi danno la possibilità di offrire un contributo fattivo, facendolo uscire da un’autonomia erroneamente intesa come ‘granducato personale’.❞

Lotito

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