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Milan: L’ultima bandiera, Alessio Romagnoli
In un calcio malato di soldi e business, in giro per il mondo resistono alcune bandiere, una di queste è il milanista Alessio Romagnoli (nato ad Anzio, il 12/01/1995), a Milanello dall’estate 2015.
Arrivato in rossonero per volere dell’allora tecnico Sinisa Mihajlovic, che lo aveva lanciato alla Sampdoria, nella stagione 2014/15.
Cresciuto nelle giovanili della Roma (dal 2003 al 2012), esordisce in prima squadra l’11/12/2012, sotto la guida tecnica di Zdeněk Zeman, nella gara di Coppa Italia contro l’Atalanta (3-0), giocando dal primo minuto. Il 22 dicembre seguente, a 17 anni, esordisce in Serie A nella partita Roma-Milan (4-2). Alla seconda presenza in massima serie, il 03/03/2013, viene schierato titolare e realizza il suo primo gol in Serie A, nella gara vinta 3-1 contro il Genoa all’Olimpico.
Nella stagione seguente, con Rudi Garcia in panchina, gioca la prima gara il 16/02/ 2014 contro la Sampdoria. Da lì in poi viene impiegato con continuità, in prevalenza come terzino sinistro, e conclude la stagione con 11 presenze in campionato.
Il 01/09/2014 passa in prestito annuale alla Sampdoria, per 500 mila euro: l’accordo prevede il diritto di riscatto in favore dei doriani per 2 milioni e controriscatto in favore della Roma per 750 mila euro. Sotto la direzione dell’allenatore Siniša Mihajlović si conquista presto il posto da titolare come difensore centrale, e ottiene 30 presenze in campionato realizzando 2 reti.
In data 11/08/2015, dopo la scadenza del prestito alla Sampdoria, si trasferisce dalla Roma al Milan a titolo definitivo per una cifra pari a 25 milioni di euro. Al Milan ritrova Mihajlović come allenatore e sceglie di indossare il numero 13. Esordio con la maglia del Milan il 17/08/ 2015, a 20 anni, nella partita del terzo turno di Coppa Italia vinta per 2-0 a San Siro contro il Perugia. Il 23 agosto seguente debutta in campionato nella sconfitta esterna per 2-0 contro la Fiorentina. Realizza il suo primo gol con la maglia rossonera il 01/03/ 2016, nella semifinale di ritorno di Coppa Italia contro l’Alessandria vinta per 5-0 in casa. La sua prima stagione al Milan, nella quale ottiene 40 presenze totali, si conclude con la finale di Coppa Italia persa 1-0 contro la Juventus ai tempi supplementari.
A quella prima stagione, ne sono seguite altre cinque. Nelle quali non ha mai lasciato la nave, anche con il mare in burrasca, guadagnando i galloni di capitano, dalla stagione 2018/19, dopo il ritorno di Leonardo Bonucci alla Juventus, a soli 23 anni. Con i rossoneri ha vinto la Supercoppa Italia nel 2016. Ha collezionato fino ad ora 221 presenze, con nove reti all’attivo.
Nell’ultima stagione, con l’arrivo dell’inglese Fikayo Tomori, ha perso il posto da titolare e ha un contratto che scade il 30/06/2022. Ragione per cui è finito nel tritacarne delle voci di mercato. Alcune veramente fuori luogo e prive di fondamento. Facciamo chiarezza una volta per tutte, partendo dall’attaccamento alla maglia del ragazzo, che ha manifestato la volontà di giocarsi le proprie carte a Milanello e soprattutto di esordire in Champions League, dopo anni di sforzi per raggiungerla. Lo staff tecnico ha chiesto alla società di avere quattro centrali di livello e Romagnoli è ritenuto tale.
L’unico vero problema è quel contratto in scadenza e le richieste dell’agente Mino Raiola, ritenute non congrue (6 milioni). Facciamo chiarezza anche sui rapporti fra agenti e atleti: esiste fra loro, un vincolo contrattuale, che può essere annuale o per più anni. E un atleta per rompere quel contratto, deve versare una penale, di solito abbastanza ingente. Pertanto le notizie di una rottura fra il ragazzo e Raiola, sono prive di fondamento.
Anzi, proprio su input di Romagnoli, l’agente ha ripreso i contatti con Maldini e Massara. Per arrivare a un accordo che arrivi a una base di stipendio sui 4.5 milioni, inserendo bonus, per una durata triennale. Le parole di Pioli, che ha riconfermato la fascia sul suo braccio, spingono proprio in questa direzione e l’auspicio è che la serietà e l’attaccamento del ragazzo, siano premiati. Per un calcio che ha bisogno di bandiere, come una volta
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La risposta di Lotito a Gravina: “La FIGC non è il suo granducato personale”
Continuano le schermaglie verbali a distanza fra il presidente della Lazio Claudio Lotito e quello della FIGC Gabriele Gravina.
Le parole di Lotito su Gravina
Non si è fatta attendere troppo la replica del presidente della Lazio Claudio Lotito alle accuse del numero uno della FIGC Gabriele Gravina. Repetita iuvant: stamane vi avevamo riportato le dichiarazioni del presidente federale, rilasciate a “Il Foglio“, in cui quest’ultimo attaccava frontalmente il patron bianco celeste.
In sostanza, Gravina accusava il vulcanico patron della società capitolina di voler dettare legge all’interno del consiglio federale. Oltre ad alludere a un presunto conflitto d’interesse, dato che Lotito è al tempo stesso membro del consiglio federale e membro del consiglio della Lega Calcio.
Oltre che, ovviamente, senatore della Repubblica Italiana e Presidente della Lazio. Tempo qualche ora ed è arrivata anche la replica del diretto interessato, affidata a un’intervista concessa all’Ansa.
❝Leggo con stupore le dichiarazioni del sig. Gravina sulla mia persona, che si commentano da sole. Chiare manifestazioni di pura ostilità e scomposto rancore nei miei confronti, al fine di difendersi dalle responsabilità circa lo stato attuale del calcio in Italia che tutti gli attribuiscono. I suoi rapporti personali con alcuni presidenti non escludono il disagio e la confusione che oggi regna nel sistema calcio, condivise da tutti gli operatori che cercano, nonostante gli ostacoli posti dal sig. Gravina, di rinnovarne le regole. La mia posizione di proprietario di club, consigliere federale, consigliere di Lega e componente del Senato, ruoli peraltro acquisiti con regolari e democratiche elezioni, mi consente di avere una visione più ampia e completa dei problemi e delle soluzioni possibili per eliminare i guasti prodotti. Il mondo del calcio non chiede isolamento, ma necessita di una visione ampia delle sue varie componenti. Alle quali i miei ruoli istituzionali, attesa l’importante ed alta valenza del calcio, mi danno la possibilità di offrire un contributo fattivo, facendolo uscire da un’autonomia erroneamente intesa come ‘granducato personale’.❞
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Mourinho: “Roma? Mi dissero di andare via dopo Budapest”
L’ex tecnico della Roma, José Mourinho, è tornato a parlare del suo passato sulla panchina giallorossa, terminato a gennaio 2024 per esonero.
José Mourinho torna a parlare della sua avventura a Roma sulla panchina giallorossa. Nell’intervista rilasciata qualche giorno fa al The Telegraph, Il tecnico portoghese si è soffermato sul post finale di Europa League di Budapest dove gli fu consigliato da amici e parenti di lasciare la società giallorossa.
Mourinho ha passato due anni e mezzo nella Capitale collezionando su 138 match 68 vittorie, 30 pareggi e 40 sconfitte con una media punti pari a 1,70. Nella sua avventura giallorossa il portoghese ha portato la Roma a giocare due finali consecutive in Conference League (trionfo contro il Feyenoord) ed in Europa League (sconfitta ai rigori contro il Siviglia).
Mourinho, l’addio dopo Budapest
“I miei amici, la mia famiglia, perfino il mio agente mi dissero di andare via dopo la finale di Europa League dello scorso anno. Ma ho sentito la spinta del club, dal punto di vista emotivo, e sono andato avanti. Ho rifiutato la panchina della nazionale portoghese e anche un’offerta molto conveniente dall’Arabia Saudita per restare alla Roma”.
Scelta, quella di rimanere ai giallorossi, risultata sbagliata visto l’esonero arrivato a fine gennaio dopo aver collezionato 29 punti in 20 partite.
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