editoriale
La supercazzola di De Zerbi: “Non siete tutti onesti e competenti, mi avete reso voi così divisivo”
De Zerbi al vetriolo. Il tecnico del Brighton, alla vigilia del match contro la Roma, ha sparato a zero sull’ordine dei giornalisti.
Il Brighton è ottavo in classifica. Ha già abbandonato ambedue le competizioni nazionali e sta per fare altrettanto anche con l’Europa League, dopo il sonoro quattro a zero rimediato all’Olimpico nella gara d’andata.
La qualificazione alle prossime coppe europee è un miraggio (il quinto posto del Tottenham dista tredici punti) mentre la metà destra della classifica (l’undicesimo posto del Chelsea) appena tre. In queste condizioni qualunque allenatore che fa della dialettica e della comunicazione la propria arma di distrazione di massa, dato che non gli converrebbe porre il focus sulla stagione disastrosa della propria squadra, si inventa un nemico immaginario.
De Zerbi ce l’ha con i giornalisti
E il nemico immaginario scelto da De Zerbi per giustificare il fallimento della sua squadra è l’ordine dei giornalisti. Rei, secondo l’eccessivamente e inspiegabilmente celebrato allenatore italiano, di averlo reso un “personaggio divisivo”. Del resto le frasi cult che hanno contraddistinto la sua figura pubblica (“Meglio perdere una finale di Champions con Guardiola che vincerla con Tuchel” oppure “Possono comprare i nostri giocatori ma non la nostra anima“) non le ha realmente pronunciate ma se le sono inventate i giornalisti cattivi.
A questo punto non capisco come mai De Zerbi non abbia mai sporto querela nei confronti di chi abbia travisato le sue parole se non addirittura inventato di sana pianta alcuni concetti. La verità è che non può farlo, in primis perché quelle frasi le ha pronunciate veramente. In secundis perché uno dei motivi per cui è divenuto così celebre è proprio quel tipo di comunicazione eccessivamente divisiva.
❝Non sono la persona che sta nel mezzo e che ama il grigio. Cerco di prendere posizione. Di essere corretto sempre con tutti, ma mi piace scegliere da che parte stare. Scegliere chi essere e scegliere come comportarmi. Io credo che nella vostra categoria non tutti siano corretti. Ci sono molti vostri colleghi scorretti e io non sono andato mai al compromesso che volevano loro. Non li ho mai chiamati. Non ne sono mai diventato amico e loro hanno accentuato questo mio essere divisivo, creando paragoni e fazioni fra giochisti e risultatisti quando io ho sempre cercato di lavorare con passione rispettando tutti.
Ho sempre rispettato pure voi. Non sempre nella vostra categoria ci sono persone oneste, corrette e neanche competenti, e quando ho trovato queste persone non ho mai cercato il punto d’incontro per andare d’accordo per forza. Voi potete scrivere quello che volete. Chiaramente mi dispiace perché la mia famiglia è in Italia ed essere così divisivo per niente non lo trovo giusto, ma faccio la mia strada. Il modo in cui raccontate le vostre verità è quello che mi fa essere divisivo. Io vi ho sempre rispettato, invece in qualche vostro giudizio non c’è correttezza. Tanti di voi fanno così anche con altri allenatori. Nel mio Paese avete accentuato voi questa divisione parlando di giochisti e risultatisti, anche in maniera non trasparente. Che io sia divisivo per le scelte che faccio, per il gioco che faccio, per le prese di posizione che ho assunto in passato…questo non vuol dire niente, ma che sia stato accentuato da parte di vostri colleghi… Io rispetto quasi tutti della vostra categoria, quelli che non rispettano gli altri non li rispetto neanche io. Non parlo con loro, non concedo interviste e non scendo a compromessi.❞

Da grandi poteri derivano grandi responsabilità…
De Zerbi non è un allenatore, ma un personaggio folkloristico. Il suo status lo deve soprattutto all’immagine che ne danno i media e non tanto ai risultati che ha ottenuto sul campo. Va rimarcato a ogni occasione utile per onestà intellettuale: i risultati ottenuti da De Zerbi sul campo sono abbastanza modesti.
Al Foggia ha ottenuto un settimo e un secondo posto in Lega Pro, perdendo la finale playoff poi ottenuta al primo tentativo dal suo successore: Giovanni Stroppa. Non certo uno che ha lasciato un segno indelebile nel calcio ad alti livelli. Con il Palermo viene esonerato dopo una vittoria in undici partite. Con il Benevento ultimo posto e record negativo di punti nella storia della Serie A a girone unico.
Bene al Sassuolo, ma non meglio di Di Francesco che (pur non essendo un top allenatore) aveva portato gli emiliani in Europa: cosa che a lui non è riuscita. Non benissimo allo Shakhtar, ma la guerra ha fatto sì che se ne dimenticassero tutti, e ora al Brighton non sta certo facendo meglio di Potter.
Che non era un fenomeno, e lo ha dimostrato floppando clamorosamente al Chelsea, eppure il Brighton con lui era terzo in classifica. De Zerbi l’anno scorso l’ha portato al sesto posto. Bravo, anzi bravissimo. Miglior piazzamento nella storia del club e prima qualificazione a una competizione europea. Complimenti meritati ma sproporzionati, come sempre accade quando vuoi deificare a tutti i costi qualcuno.
Il Brighton è un oasi felice dalle pressioni inesistenti. Dove l’allenatore ha alle spalle una società solida e che lavora benissimo. Un organigramma dirigenziale e una rete di scouting invidiata da tutto il mondo, e non a caso sono due anni che il Chelsea fa razzia degli scout dei Seagulls nella speranza di trovare qualcuno che i soldi li sappia spendere. Ne consegue che Tony Bloom in questi anni è riuscito a rendere il Brighton una realtà di medio-basso livello della Premier League, a prescindere da chi sieda in panchina. Questo non per togliere meriti a Potter o a De Zerbi, ma semplicemente per dare un contesto.
De Zerbi a Brighton non ha pressioni, eppure ogni volta che parla in conferenza stampa sembra macero. Questo perché le pressioni a cui è sottoposto se le è create da solo. L’aura mistica che si è creata attorno a lui non è certo farina del suo sacco, ma in primis lui non ha mai fatto nulla per rigettarla e in secundis non sono stati certo i giornalisti che lui attacca a crearla. Attorno a De Zerbi è stato creato a tavolino un culto della personalità che non aveva neanche Stalin ai tempi in cui era a capo dell’Unione Sovietica.
Un proselitismo che non ha radici giornalistiche. In quanto il giornalista (quello vero) si limita a fare cronaca (al limite opinione) ma non tesse come Arianna una narrativa fedele al suo pensiero. Quello lo fanno altre figure deprecabili della comunicazione calcistica. Figure che, non essendo giornalisti, non devono rispondere ai doveri deontologici del giornalista. Figure che, per il proprio tornaconto personale, hanno creato artificialmente una linea maginot che intossica da anni il dibattito calcistico. E De Zerbi, checché ne dica, ne è (in)direttamente responsabile. Se gli piacevano i complimenti e le lodi aprioristiche, ora dovrà giocoforza farsi andare bene anche le critiche pretestuose. Chi è causa del suo mal pianga sé stesso.
editoriale
Milan, il corto muso funziona ancora: ora date due giocatori ad Allegri! L’editoriale di Mauro Vigna
Milan, la squadra di Allegri si sbarazza a fatica del Torino e riconquista la vetta della classifica. Un primo posto in comproprietà col Napoli e l’esigenza di mettere mano al portafoglio a gennaio.
Il corto muso funziona ancora, Massimiliano Allegri mette un gol davanti a quelli del Torino e vince una partita che dopo i minuti iniziali sembrava già sentenziata. Un gol in più dell’avversario, semplice per il tecnico livornese il quale magari non sempre fa giocare bene le sue squadre, ma le rende dannatamente efficaci. Ed è questo che serve, il bel gioco è fine a sè stesso se poi alla fine si stringe poco.
Alzi ora la mano chi reclama il bel gioco, in fondo a noi interessa essere lì davanti a tutti e per farlo serviranno almeno due colpi a gennaio. La fotografia del Milan attuale parla di un attacco sterile, eccezion fatta per il cecchino Pulisic, capocannoniere della Serie A. Gimenez ed Nkunku non stanno ripagando la fiducia di tecnico e dirigenza e in difesa la necessità è regalare un rinforzo al tecnico livornese il quale prega per la lunga vita di Gabbia, Pavlovic e Tomori.
Essere primi comporta onori e oneri, ma anche la dirigenza ora dovrà fare la sua parte. Si è detto che non ci saranno soldi a gennaio. A parte crederci poco, comunque se così fosse, basterà mettere sul mercato l’attaccante messicano il quale ha mercato. Per poi fiondarsi magari su un usato sicuro nell’attesa di Vlahovic in estate. Oppure dirottare tutto e subito su Mauro Icardi, uno che la porta la vede, eccome se la vede.
editoriale
Juventus, continua il caso David–Openda: pochi minuti e Mondiali a rischio
Juventus – gli acquisti di punta dell’estate faticano a trovare spazio. Spalletti continua a preferire altre soluzioni, mentre gennaio si avvicina e si valutano scenari inattesi.
La Juventus arriva alla metà del campionato con problemi ancora irrisolti. Il cambio Tudor–Spalletti non ha cancellato gli squilibri di una rosa costruita con fragilità strutturali, e i due investimenti più importanti dell’estate, Jonathan David e Lois Openda, restano ai margini. Anche nel ko di Napoli, nonostante l’assenza di Vlahovic, entrambi sono partiti dalla panchina, mentre Spalletti ha scelto Yildiz come falso nove.
Il rendimento dei due attaccanti è deludente. David, arrivato a parametro zero ma costato oltre 12 milioni di commissioni e con un ingaggio pesantissimo, ha segnato appena due gol in quasi venti partite e ha perso continuità in campionato e Champions. Openda, preso in prestito con obbligo di riscatto dal Lipsia per circa 45 milioni complessivi, ha raccolto finora pochissimi minuti in Serie A e un unico guizzo europeo. Il belga ha anche ammesso pubblicamente le difficoltà di adattamento.
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Juventus, il tempo stringe per andare al Mondiale…
Il club chiede un cambio di passo immediato. L’infortunio di Vlahovic, che potrebbe restare fuori a lungo, sembrava poter aprire spazi ai due attaccanti, ma le scelte dell’allenatore raccontano altro. Chiellini ha provato a smorzare i toni, parlando di “opportunità” per entrambi, ma le decisioni tecniche continuano a penalizzarli.
Il tempo stringe anche in ottica Mondiali. David punta a essere protagonista con il Canada nella rassegna “di casa”, mentre Openda teme la concorrenza feroce nella nazionale belga. Per entrambi diventa indispensabile giocare con continuità nella seconda parte della stagione.

KENAN YILDIZ, DUSAN VLAHOVIC E LOIS OPENDA ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Il mercato di gennaio potrebbe offrire soluzioni, ma non senza ostacoli. David, con un ingaggio elevato, sarebbe accessibile quasi solo ai club di Premier League. La posizione di Openda è ancora più intricata per via degli accordi con il Lipsia e dell’obbligo di riscatto già fissato. In un mercato invernale di opportunità più che di investimenti, servirà creatività.
La Juventus, intanto, non può più permettersi rallentamenti: fuori dalla lotta scudetto e obbligata a lottare per il piazzamento Champions, ha urgente bisogno di certezze. E il tempo delle attese sta per scadere per tutti, David e Openda compresi.
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Fiorentina, c’è solo un modo (forse) per salvarla: venderla!
Lo spettro della Serie B per questa Fiorentina è sempre più concreto: bisogna azzerare tutto!
Sei miseri punti in 14 partite sono il risultato di una Fiorentina indecorosa, avvilente, composta da elementi che stanno infangando 99 anni di storia viola.
Pensare che il prossimo agosto è prevista la festa per il centenario del club, è da rabbrividire.
Anche a Sassuolo, dove la Fiorentina era arrivata piena di intenti, di dichiarazioni di unione rivelatesi vuote, visto quello che hanno messo in campo quei personaggi vestiti di viola.
Non giocatori, perché magari sarebbero stati in grado di mettere in piedi due passaggi, non uomini, come ha specificato Vanoli, perché avrebbero saputo giocare l’uno per l’altro.
La barca affonda con tutte le sue componenti: dai giocatori appunti, da Pioli e Vanoli, che non hanno saputo e non riescono a prendere in mano tecnicamente la situazione, e soprattutto la dirigenza.

Dopo le dimissioni di Pradè, che alla resa dei conti ha confezionato un bel disastro in chiave di mercato, soprattutto dal vista umano, componendo una rosa che ha saputo amalgamarsi. Il nuovo ds Goretti, che ha visto delle gravi lacune dopo l’addio del suo predecessore e di Pioli, ma non saputo metterle in evidenza prima e adesso è forse privo di esperienza per la situazione in cui si trova.
Infine il direttore generale Ferrari, che anziché vantarsi in sala stampa dei punti dello scorso anno e di vedere un orizzonte positivo, dovrebbe calarsi nella funerea realtà.
Soprattutto un esame dovrebbe farlo Commisso. Da mesi la sua voce non si sente. Al patron auguriamo tanta salute, visto che settimane fa la Fiorentina ha fatto sapere che era stato sottoposto ad un intervento chirurgico.
Dall’America dare ordini ad un gruppo di giocatori del genere è complicato.
Gli consigliamo di vendere. E di farlo in fretta. A Firenze c’è bisogno di azzerare tutto, di ripartire da zero. Con una società forte.
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