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Feronikeli-Milan 0-2: le pagelle dei rossoneri
Penultimo impegno per il Milan di Giampaolo prima della trasferta di Udine tra due settimane. A Pristina affronta il Fenonikeli, avversario modesto, ritmi eccessivamente bassi, ma buon test per provare i giocatori in più ruoli ed affinare ulteriormente i meccanismi di gioco. Il match termina col risultato di 2-0 per i rossoneri con un gol per tempo, uno di Suso ed uno di Borini, sempre loro, decisamente tra i giocatori più in condizione. Qualche decina di occasioni sprecate in attacco, un gol annullato a Piatek per giusto fuorigioco ed una traversa per parte. Nella ripresa si vede il neo acquisto Rafael Leao che con da subito si mostra molto propositivo, spreca una buona occasione sparando alle stelle e dimostra comunque una buona tecnica anche se Giampaolo dovrà lavorare ancora molto per ordinarlo sul campo. Ma andiamo a valutare i protagonisti rossoneri scesi in campo.
Donnarumma s.v. Mai impegnato (dal 46’ A. Donnarumma s.v.: idem come per il fratello
Calabria 6: attento e poco impegnato, spento in fase propositiva (dal 46’ Conti 6,5: colpisce una traversa e pare più spumeggiante rispetto a Calabria, deve trovare continuità e minutaggio)
Gabbia 6: ordinato e pulito, giocatore da tenere in considerazione (dal 46’ Musacchio 5: le occasioni più pericolose per i kossovari giungono quando entra in campo lui, fuori condizione)
Romagnoli 6: dirige la difesa con la solita autorità (dall’84’ Laxalt s.v.)
Rodriguez 5,5: in una partita decisamente facile non spinge (dal 46’ Strinic 6: meglio rispetto allo svizzero, comunque nulla di trascendentale)
Krunic 5,5: deve ancora entrare negli schemi di Giampaolo e si vede (dal 46’ Borini 7: uno dei più in palla, trova il gol, dribbla, segna, se gioca così tenerlo in panchina può risultare difficile)
Biglia 6: ordinato a centrocampo, svolge il compitino con diligenza (dall’84’ Brescianini s.v.)
Calanhoglu 5: utilizzato mezzala, non riesce a brillare praticamente mai (dal 46’ Paquetà 6,5: il brasiliano è in ritardo di condizione, ma è sempre nel vivo dell’azione, ha voglia, grinta e lucidità)
Suso 7: brillante, trova un pregevole gol su punizione, decisamente l’uomo più pericoloso del Milan (dal 46’ Bonaventura 7: brucia le tappe, regala palle interessanti che sistematicamente vengono sprecate in attacco)
Castillejo 6: impiegato come seconda punta, non è nel suo ruolo naturale e si vede, tanto movimento e poca concretezza (dal 46’ Leao 6: poco ordinato, sbaglia una buona occasione calciando alle stelle, ma nel complesso fa vedere una buona tecnica, una buona visione di gioco e tanta voglia di dimostrare di meritarsi il posto da titolare, sicuramente da rivedere dopo qualche giorno in più di allenamento)
Andrè Silva 5: sfiora un gol poi il nulla, da vendere prima di subito (dal 46’ Piatek 5: preoccupa questa sua involuzione, si muove molto, ma continua a rimanere a secco, si rifarà)
Giampaolo 6: contro una squadra più che modesta il suo Milan spreca una quantità inenarrabile di palle gol, ritmi lenti, movimenti da correggere, in campionato sarà un’altra cosa, si spera. La squadra appare eccessivamente macchinosa, lenta e disunita, passi indietro rispetto alle precedenti sfide.
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Milan, così non va: esci dalla mediocrità! | L’editoriale di Mauro Vigna
Milan, già dal titolo si può capire di che tenore (senz’altro duro) è il taglio di questo articolo. Non si può sprecare un’altra stagione.
Parlare con mesi di anticipo a volte può dare delle soddisfazioni, in quanto, spesso si viene smentiti. Ed è quello che spero vivamente accada. Perché altrimenti dovremo nuovamente assistere a un anno, il prossimo, sotto il segno della mediocrità.
Mediocrità, parola ricorrente durante questa stagione, basti vedere alcuni elementi in rosa. Che vanno cambiati, o meglio, vanno sostituiti con rinforzi qualitativamente superiori. Iniziamo da Calabria, bravo bello educato e con un cuore grande così, ma vederlo capitano di una squadra come il Milan appare, scusatemi, una bestemmia. Sapete vero di cosa stiamo parlando? Del Milan, squadra che ha alzato al cielo 7 Champions. Giusto per ricordarlo.
Una squadra che per due anni non è stata in grado di trovare un vice Theo Hernandez facendo giocare al suo posto terzini destri, difensori centrali e facendo il segno della croce in settimana augurandogli lunga vita calcistica.
Un centrocampo inesistente, caratterizzato da giocatori bravissimi ad accarezzare il pallone, un po’ meno a picchiare. Quanto servirebbe un Kessiè qualsiasi. E quanto servirebbe una punta centrale che non avesse 38 anni, con tutto il rispetto per Giroud, un ex campione, ma che da marzo in avanti deve giocare con l’ossigeno perché non ha un vero e proprio sostituto.
Quindi che si fa? Con Pioli a fine ciclo ci si trova praticamente a maggio senza avere deciso un allenatore e con gli altri club che stanno praticamente prendendosi i migliori attaccanti, lasciando a noi – forse – qualche briciola per quando decideremo di fare mercato.
Capitolo allenatore. Da qui capiremo se aspettarci un altro campionato mediocre, oppure no. Antonio Conte avrebbe permesso di alzare l’asticella, ma un Van Bommel, brava persona eh, ha pure pianto quando se ne è andato, pensate possa rappresentare la scelta giusta? Uno che ha la stessa esperienza di Palladino che almeno ha allenato in Serie A? Uno che ha subìto le stesse reti di Pioli, ma in Belgio? Giovane, parla 5 lingue, ma a noi serve uno con gli attributi che sappia strigliare Leao quando passeggia come fosse in Via Montenapoleone a Milano, durante un derby.
Ripeto, se sarò smentito sarò felice. In realtà è quello che voglio, essere smentito coi fatti. Con uno come Conte in panchina, con Gyokeres in attacco, magari uno come Amrabat in mediana, Buongiorno o Scalvini in difesa. Un forte terzino destro. E poi ne parliamo. Altrimenti…la solità mediocrità.
Questa deve essere la stagione della svolta, non serve molto. L’ossatura della squadra c’è, servono 4-5 rinforzi di qualità nei posti giusti. È un allenatore con le palle quadrate.
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La risposta di Lotito a Gravina: “La FIGC non è il suo granducato personale”
Continuano le schermaglie verbali a distanza fra il presidente della Lazio Claudio Lotito e quello della FIGC Gabriele Gravina.
Le parole di Lotito su Gravina
Non si è fatta attendere troppo la replica del presidente della Lazio Claudio Lotito alle accuse del numero uno della FIGC Gabriele Gravina. Repetita iuvant: stamane vi avevamo riportato le dichiarazioni del presidente federale, rilasciate a “Il Foglio“, in cui quest’ultimo attaccava frontalmente il patron bianco celeste.
In sostanza, Gravina accusava il vulcanico patron della società capitolina di voler dettare legge all’interno del consiglio federale. Oltre ad alludere a un presunto conflitto d’interesse, dato che Lotito è al tempo stesso membro del consiglio federale e membro del consiglio della Lega Calcio.
Oltre che, ovviamente, senatore della Repubblica Italiana e Presidente della Lazio. Tempo qualche ora ed è arrivata anche la replica del diretto interessato, affidata a un’intervista concessa all’Ansa.
❝Leggo con stupore le dichiarazioni del sig. Gravina sulla mia persona, che si commentano da sole. Chiare manifestazioni di pura ostilità e scomposto rancore nei miei confronti, al fine di difendersi dalle responsabilità circa lo stato attuale del calcio in Italia che tutti gli attribuiscono. I suoi rapporti personali con alcuni presidenti non escludono il disagio e la confusione che oggi regna nel sistema calcio, condivise da tutti gli operatori che cercano, nonostante gli ostacoli posti dal sig. Gravina, di rinnovarne le regole. La mia posizione di proprietario di club, consigliere federale, consigliere di Lega e componente del Senato, ruoli peraltro acquisiti con regolari e democratiche elezioni, mi consente di avere una visione più ampia e completa dei problemi e delle soluzioni possibili per eliminare i guasti prodotti. Il mondo del calcio non chiede isolamento, ma necessita di una visione ampia delle sue varie componenti. Alle quali i miei ruoli istituzionali, attesa l’importante ed alta valenza del calcio, mi danno la possibilità di offrire un contributo fattivo, facendolo uscire da un’autonomia erroneamente intesa come ‘granducato personale’.❞
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