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Esclusiva CS – Delio Rossi: “Foggia il mio mondo. Scudetto Lazio? I biancocelesti possono farcela”

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Delio Rossi Foggia Lazio

Delio Rossi, oltre che ad essere l’Allenatore dei Sogni ed “il Profeta”, è un romagnolo dal cuore grande, così grande, da riuscire a contenere l’amore per due squadre: il Foggia e la Lazio. La prima, la squadra dove tutto ebbe inizio, la seconda, quella della consacrazione. Ieri, la redazione di CalcioStyle.it ha avuto l’onore di intervistare mister Delio Rossi, e insieme abbiamo ripercorso le tappe più importanti della sua carriera nelle vesti di giocatore prima e allenatore poi.

Face to Face con Delio Rossi

Soddisfatto della ripresa della Serie A?
Dal punto di vista sportivo, per uno come me che è amante del calcio, non avrebbe senso non vedere ripartire la Serie A – nostra terza industria italiana -,  e insieme a questa dovrebbero seguire gli altri campionati come i settori giovanili e le serie minori: il calcio dovrebbe essere uguale a tutte le latitudini.

Che calcio vedremo?
Non lo so. Posso semplicemente affermare che sarà un calcio diverso. Non ci sarà il pubblico, si giocherà d’estate e con delle limitazioni… è un po una spada di Damocle sulla testa. Per me quello che andrà in onda non sarà calcio però bisognerà fare di necessità virtù.

Lasciamo il presente e passiamo agli amarcord, termine tra l’altro romagnolo come lei. Nella sua carriera da giocatore  ha vestito la maglia del Foggia. Che ricordo ha di quegli anni?
Quando sono arrivato a Foggia era la prima volta che mettevo piede fuori dalla mia Romagna.
Arrivai in capitanata e mi si aprì un mondo davanti: sia dal punto di vista sportivo che dal punto di vista umano, avendo conosciuto lì mia moglie.

Delio Rossi Foggia Lazio

Delio Rossi con la maglia del Foggia di Zeman

Che tipo di allenatore era Zeman?
Zeman è stato una rivoluzione copernicana. Con lui abbiamo scoperto qualcosa che prima di allora, almeno per noi, non esisteva. Un esempio? Eravamo abituati a giocare a uomo mentre con lui siamo passati alla zona totale; ma non è tutto. Zdenek impostava tutto sul lavoro fisico e i suoi allenamenti erano davvero massacranti ma, come in tutte le cose, poi ti ci abitui e tutto diventava come una droga: per tenere quel ritmo ti allenavi sempre di più.

Come mai è rimasto così legato a questo club?
La mia carriera da giocatore è praticamente iniziata a Foggia: è qui che ho conosciuto mia moglie ed è qui che sono nati i miei figli; questa città era il mio mondo e resta il mio punto di riferimento. Dopo sei anni in rossonero ho giocato due anni a Pesaro e un anno ad Andria; qui un infortunio al ginocchio mi costrinse ad appendere gli scarpini al chiodo. In seguito ho iniziato ad allenare sedendo sulla panchina della Torremaggiore, nei dilettanti, giocando anche sui campi del Monte Sant’Angelo. Riuscii a portare la squadra in eccellenza vincendo il campionato dopodiché  sono entrato nelle giovanili del Foggia. Qui ho fatto tutta la trafila fino ad allenare la Primavera. Pensavo di rimanere in quel club ma il Presidente Casillo aveva problemi finanziari sia col club che con le sue aziende; oltre che del Foggia (in Serie A) era proprietario di altri due club: Bologna (Serie B) e Salernitana (Serie C). Quest’ultima era in vendita e, dopo il mancato accordo per la cessione, chiamarono me in panchina per ricoprire il ruolo di allenatore: questa esperienza ha rappresentato la svolta della mia carriera, ma tutto è sempre partito da Foggia.

Delio Rossi Foggia Lazio

Delio Rossi dopo la storica promozione della Salernitana

Lasciamo il Gargano per passare a Roma, sponda biancoceleste. Nel 2005 arriva a sedere sulla panchina della Lazio. 
Arrivai alla Lazio dopo una breve esperienza sulla panchina dell’Atalanta e per me il club biancoceleste era molto importante: entravo in Serie A dalla porta principale. Erano i primi anni di Lotito e la società aveva dei grossi problemi finanziari: avevamo il nome di una squadra blasonata ma non avevamo le disponibilità economiche per fare acquisti che ci permettessero di competere con le altre big. Arrivai in una piazza importante da perfetto sconosciuto e, tra l’altro, i biancocelesti venivano da anni importanti; durante l’era Cragnotti avevano i migliori giocatori del mondo. Entrai in punta di piedi lavorando sodo e mettendomi a disposizione dei giocatori e dell’ambiente e pian piano sono venuti fuori buoni risultati.

L’anno seguente, nonostante la penalizzazione, la Lazio conquista il terzo posto e le viene assegnato il premio di allenatore dei sogni. 
Quell’anno partivo con una marcia in più avendo conosciuto meglio l’ambiente. Non avevamo soldi per fare acquisti importanti ma grazie al lavoro del direttore sportivo, bravo nel trovare giocatori funzionali, passammo da un 4-4-2 a un 4-3-1-2 e questo rappresentò la svolta di un anno in cui riuscimmo ad arrivare in Champions League.

Il 10 dicembre 2006 si aggiudica il derby cittadino battendo per ben 3-0 la Roma. Ci racconta del tuffo notturno nella Fontana del Gianicolo?
In quel periodo frequentavo una comunità di ragazze madri e orfani gestita da una tifosissima laziale: Suor Paola. Tutti i giovedì, insieme alla squadra andavamo lì; era diventata una consuetudine. Ci siamo andati anche il giovedì prima del derby e a cena Suor Paola mi disse: “Se domenica battiamo la Roma io mi faccio il bagno nella fontana”. Io scherzando risposi: “Se lo fai tu, lo faccio anche io”. La domenica sera vincemmo il derby e in sala stampa i giornalisti mi chiesero se davvero, per festeggiare la vittoria, mi sarei tuffato nella fontana. In quel momento non mi tornavano i conti. Quando parlammo di questa cosa c’eravamo solo io e Suor Paola e dato che con noi non vi era nessun altro, qualcuno si era venduto la notizia. Io non ero stato e quindi… Comunque dopo la gara, rientrando nel centro sportivo col team manager, mi arrivò una telefonata da Suor Paola che mi disse. “Io son qui ad aspettarti”. Io mi arrabbiai perché era una cosa privata, la partita non c’entrava nulla con tutto ciò, per me quello quasi un voto; una promessa espletata ad un’ecclesiastica. Lei comunque controbatté dicendomi che non ero una persona che mantiene fede alle promesse ecc… tant’è che mi recai lì e il bagno alla fine lo feci solo io: Suor Paola mi diede buca.

Delio Rossi Foggia Lazio

Tuffo di Delio Rossi nella Fontana del Gianicolo

Nella stagione 2008-2009 “il Profeta” porta la Lazio alla vittoria della Coppa Italia.
Arrivai a quella gara con la consapevolezza di essere arrivato a Roma da perfetto sconosciuto. La Lazio era vittima di molte contestazioni e allo stadio, quella stagione, veniva pochissima gente a vedere le partite. Dentro di me mi ero ripromesso di fargli vedere una squadra che giocava bene a calcio con l’intenzione di far riempire l’Olimpico: stadio che se si riempie vuol dire che stai facendo bene e che ti stai giocando qualcosa di importante. Sapevo, tra l’altro, che quella sarebbe stata la mia ultima partita; il mio contratto era in scadenza e di comune accordo con Lotito decidemmo di non trattare per il rinnovo. Con quella gara mi giocavo tutto e stavo per esaudire il mio sogno: vincere un trofeo con la Lazio davanti a uno stadio pieno di tifosi.

Delio Rossi Foggia Lazio

Delio Rossi dopo la vittoria della Coppa Italia con la Lazio

Con la Lazio ha messo un record, la vittoria di 4-2 ai danni della Roma. 
Premetto che il derby a Roma non è una partita come le altre. Con altre squadre il derby dura magari una settimana prima e una dopo, ma nella capitale il derby dura tutto l’anno. Se hai la fortuna di vincere entrambi gli scontri sei osannato, se lo perdi e magari vinci le altre gare non è la stessa cosa: nella città eterna il derby vale più di 3 punti.
Ricordo che stavamo andando molto male in campionato e il presidente decise di portarci in ritiro. A Norcia, quella, fu una settimana travagliata e a quel derby arrivammo da sfavoriti contro una Roma che, sulla carta, era molto più forte di noi. Riuscimmo a fare un ottima partita battendo i giallorossi 4-2. Concludo dicendo che ogni derby ti lascia un ricordo particolare.

Che tipo di giocatore era Igli Tare e come lo giudica nelle vesti di direttore sportivo?
Igli Tare era già un giocatore formato quando arrivò alla Lazio. Aveva più di trent’anni e veniva da una carriera importante con esperienza anche all’estero. Era volenteroso, molto forte fisicamente ed eccelleva soprattutto nel gioco aereo. Era un tipico attaccante di prestanza fisica e soprattutto un ragazzo molto intelligente. Conosceva già tante lingue e si rapportava bene con i compagni e staff. Ho gestito io il suo fine carriera da giocatore e l’inizio della sua nuova carriera nelle vesti di dirigente. Andò via Walter Sabatini e il presidente decise di affidargli l’incarico di direttore sportivo. Io ero d’accordo nell’affidargli l’incarico ma volevo che venisse affiancato almeno il primo anno da una figura esperta. Lui comunque si mostrò sin da subito bravo e intelligente, e devo ammettere che Lotito con lui ci vide lontano.

Come giudica l’operato di Simone Inzaghi?
Simone anzitutto è uno della Lazio e conosce tutti i meandri del mondo biancoceleste: tifo, società e soprattutto ha un ottimo rapporto con il direttore sportivo Igli Tare. È anche amico di un altro dirigente laziale, Angelo Peruzzi (campione del mondo e giocatore che ho avuto l’onore di allenare), con il quale sono stati compagni di squadra di quella Lazio fortissima di Cragnotti. Simone in questa esperienza ci ha messo del suo perché non è facile essere un grande calciatore e dimostrarsi tale come allenatore. Con lui ho avuto un ottimo rapporto aldilà del punto di vista professionale, e quindi il mio giudizio è anche dettato dal bene che gli voglio.

La Lazio rientra ancora nella corsa scudetto?
Assolutamente sì. La Lazio veniva da un trend positivo e il coronavirus è stato un intralcio sul loro percorso ma, bisogna ammettere, che dal punto di vista tecnico ci sono squadre più attrezzate dei biancocelesti. Un esempio? L’Inter, la Juve e il Napoli sono superiori alla lazio in linea generale. Il bello del calcio, comunque, è che le partite le devi giocare e sotto questo punto di vista la Lazio, dato il momento positivo, può far leva sullo stato d’animo dei giocatori cercando di sfruttare il momento. Mi auguro che la Lazio riesca a vincere lo scudetto così che possa coronare il sogno di ogni tifoso.

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Esclusiva CS, Graziano Campi: “Conte darebbe stabilità, a Motta servirebbe tempo. La situazione economica dell’Inter è un mistero. Su Milan-Roma…”

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Campi

Graziano Campi, giornalista, commentatore e opinionista sportivo nonché consulente per la comunicazione, ha concesso un’intervista a noi di CalcioStyle.

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Le parole di Campi a CalcioStyle

campi

Di seguito, l’intervista rilasciata da Graziano Campi a CalcioStyle.

Ciao Graziano, cosa ne penseresti della possibilità di avere il prossimo anno come allenatore Conte o Thiago Motta?

Antonio Conte darebbe subito stabilità al gruppo. E’ molto esigente, ma più che accontentarlo sul mercato è necessario dargli la possibilità di gestire lo spogliatoio: cosa di cui Juventus e Napoli hanno assoluto bisogno. Thiago Motta deve portare una nuova filosofia e sistemare una difesa che Allegri non cosidera adatta per giocare a quattro dietro. Ci vuole più tempo e pazienza con lui: non so se i tifosi della Juventus ne avranno.”

Cosa pensi del futuro scudetto dell’Inter?

Non hanno avuto rivali per tutto l’anno, quindi avrebbero potuto fare di più in Coppa Italia e in Champions League. Rosico un po’, ma Juventus e Milan hanno iniziato un processo di riequilibrio finanziario di cui beneficieranno nei prossimi anni. E’ stato uno scudetto normale, caratterizzato da un dominio indiscusso dentro e fuori dal campo.”

Un giudizio sulla situazione economica dell’Inter.

E’ un grande mistero. I regolamenti attuali vanno migliorati per rispettare quella che è la filosofia del Fair Play Finanziario. Non si può dire che l’Inter bara, ma sicuramente è lecito invocare regole più stringenti per evitare una disparità competitiva. Oggi i grandi club godono di benefici che falsano la sfida rispetto ai club minori.”

Cosa deve fare il Milan per tornare competitivo?

Il Milan è già competitivo, il problema è legato agli infortuni e al bisogno di riorganizzarsi dopo un’estate con troppi cambi. Ora arriverà un nuovo centravanti, probabilmente un centrocampista e un terzino per completare la rosa che già ha recuperato Bennacer rispetto a inizio anno. Zirkzee è secondo me il giocatore giusto per portare il Milan a inseguire la seconda stella.”

Cosa pensi di De Rossi? Merita la conferma?

De Rossi merita una rosa all’altezza. La prossima stagione alcuni giocatori non ci saranno più e andranno sostituiti, ma l’ossatura della squadra è molto buona: lo dimostra questo finale di stagione. E’ poi è l’anno del Giubileo: non si sa mai che possa arrivare una sorpresa…”

Su Tudor?

Deve raddrizzare la squadra. Essere arrivato a fine stagione lo aiuta a capire quali giocatori vanno bene per il suo progetto e quali no. Sta a Lotito accontentarlo, trovando un centravanti che sostituisca degnamente Ciro Immobile. Il resto dipenderà dalle valutazioni che darà il tecnico su Pellegrini e Lazzari sugli esterni e sui trequartisti in rosa. Tenere Felipe Anderson e Zaccagni è fondamentale. Con Luis Alberto e Immobile ormai è il momento di salutarsi: la speranza è che i tifosi li salutino degnamente.”

Come vedi Manna al Napoli?

E’ alla sua prima esperienza da direttore sportivo. Avere De Laurentiis è sia un vantaggio che uno svantaggio. C’è da capire chi sarà l’allenatore, tra Conte e Italiano vedo una straordinaria differenza per il mercato. La difesa va rifatta ma centrocampo e attacco sono già a posto così, in attesa di individuare il centravanti che potrebbe sostituire Osimhen. Sempre che parta: mai dire mai nella vita.”

La Fiorentina deve ricostruire…

❞In questo finale di stagione ha perso Joe Barone e l’allenatore ha già detto che andrà via: è stata una brutta botta. Ora Conference e Coppa Italia servono per chiudere in bellezza, ma poi c’è una squadra da rifare. Vanno scelti allenatore, direttore generale e direttore sportivo: dal mio punto di vista il mercato dei viola negli ultimi tre anni è stato disastroso.”

Atalanta e Bologna invece vanno a gonfie vele…

All’Atalanta vanno fatti i complimenti per la vittoria contro il Liverpool, ma il quinto posto va ancora raggiunto e la Coppa Italia va ribaltata. Credo non ci sia nulla da toccare. Il Bologna invece dovrà fare i salti mortali per trattenere i protagonisti di questo miracolo sportivo. L’infortunio brutto di Ferguson è una tegola oggi, ma potrebbe far restare in Emilia lo scozzese anche per la prossima stagione. Zirkzee e Calafiori, come Motta, invece, andranno sostituiti degnamente. Sono sicuro che ci faranno divertire anche l’anno prossimo.”

E il Torino…

Mi auguro che il presidente faccia qualcosa di più per completare questa rosa. Alcuni giocatori sono a fine corsa e altri non hanno mai performato: il cambio di allenatore sarà fondamentale per individuare quei calciatori in grado di far fare il salto di qualità al club e riportarlo a lottare per un posto in Europa.”

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Cartoline dal futuro. Stefano Trillocco: “Il mio idolo? Vidal”

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Cartoline dal futuro: Stefano Trillocco del Grosseto

Oggi inauguriamo un ciclo di interviste fatte a talenti giovani, ragazzi che potrebbero fare tanta strada nel mondo del calcio. Il primo è Stefano Trillocco.

Per il ciclo di interviste Cartoline dal futuro oggi conosciamo meglio Stefano Trillocco, 18 anni, un metro e ottantotto di potenza, difensore centrale del Grosseto. Al momento è fermo per un infortunio al ginocchio ma presto tornerà a giocare nel club toscano.

Originario di Civitavecchia, frequenta l’ultimo anno delle superiori e parallelamente alla scuola porta avanti la sua carriera da giocatore di calcio professionista. Dopo aver militato nella maggior parte dei club del Lazio, Trillocco ha intrapreso una nuova avventura in Toscana.

Ha un procuratore che è tutto un programma: Franco Zavaglia, noto per essere stato il primo procuratore di Francesco Totti e l’agente di Giuseppe Giannini.

Simpatizzante juventino, è un ragazzo sicuro dei propri mezzi e con le idee chiare sul proprio futuro. Ecco che cosa ci ha raccontato.

Stefano Trillocco (Grosseto Calcio)


Descriviti.

“Sono un difensore centrale molto dotato tecnicamente e fisicamente”.

Quali sono le tue specialità, come difensore centrale?
“La marcatura a uomo: sono cattivo il giusto, senza troppi falli. Infatti raramente prendo cartellini, intervengo sempre pulito sul pallone. La dote migliore che ho sono i lanci, da 50-60 metri”.

Sei destro o sinistro?
“Sono tendenzialmente destro, ma crescendo ho imparato anche a giocare sinistro”.

Hai iniziato la tua carriera da difensore centrale?
“Io ho iniziato da difensore centrale e ho quasi sempre giocato in questo ruolo, tranne alcuni anni che ho giocato con ragazzi più grandi di due anni: a 16 anni giocavo con la Juniores del Rieti e lì giocavo anche come terzino”.

Quando hai scoperto la tua propensione per il calcio?
“Ho iniziato da piccolo, a 5-6 anni, qui a Civitavecchia. Mi aveva segnato papà, mi piaceva il calcio e fin da subito, anche perché ero un po’ più alto degli altri, mi hanno messo dietro fin da subito. Da piccolo non mi piaceva più di tanto fare il difensore, segni raramente… Poi, crescendo, ho capito che è uno dei ruoli più importanti del calcio. Mi piace prendermi questa responsabilità”.

Quindi il merito della tua passione è anche della tua famiglia.
“Ho un ricordo, da piccolino, della finale degli Europei 2012 Spagna-Italia: lì mi sono innamorato di Torres. Poi ho iniziato a giocare a pallone, vedevo tutte le partite con papà. Pure mamma è molto appassionata di calcio, e ci accompagna avanti e indietro tutti i giorni per Grosseto. E’ un sacrificio più per loro che per me, perché vado lì, gioco, mi diverto. Loro guidano, stanno in macchina tutto il pomeriggio, tutti i pomeriggi.

Mi sento di doverli ringraziare perché mi stanno appresso tutti i giorni 24 ore su 24 ore e perché qualsiasi cosa mi serva me lo fanno trovare subito. A partire dalle cure mediche quando mi faccio male a portarmi avanti e indietro tutti i giorni”.

Hai fratelli o sorelle?
“Ho una sorella più grande di 8 anni che non si occupa di calcio: fa la commercialista e il revisore legale a Roma”.

Quand’è che hai pensato che il calcio potesse essere un’opportunità lavorativa, per te?
“Da piccolo. Quando giocavo qui al DLF Civitavecchia mi è arrivata una chiamata dal Ladispoli. Avevo 14 anni. Quell’anno, forse perché ero troppo piccolo, non ci sono voluto andare. Ma è stato meglio così, visto che dopo è arrivata la chiamata della Viterbese e sono andato lì per un anno. Poi purtroppo si è bloccato tutto con il COVID”.

Come hai gestito la situazione, nel periodo del COVID?
“Andavo da solo, ogni tanto mi videochiamavo con la squadra. Quando è finito il COVID abbiamo fatto alcuni tornei e li abbiamo vinti, sempre nel Viterbese, con squadre di zona. All’epoca, alla Viterbese giocavano anche Baschirotto, Adopo… Li ho visti, loro erano grandi, io ero piccolo. Quindici, sedici anni”.

Dopo la Viterbese, com’è continuato il tuo percorso?
“Dopo è arrivata la chiamata del Rieti, e mi hanno detto di giocare nella Juniones. Io sono 2005 e giocavo con ragazzi 2003-2004. Ero un po’ scettico di andare tutti i giorni fino laggiù, ma poi quell’anno mi sono divertito molto. Ho imparato tanto sul piano caratteriale. Loro erano più grandi, io non mollavo mai e sono arrivato al passo loro, a volte superandoli. Loro mi hanno insegnato a non mollare mai“.

Quanto è importante per un giocatore molto giovane potersi confrontare con compagni più grandi ed esperti?
“Per me è stato fondamentale”.

E poi?
“Il Rieti è fallito. Così lo scorso anno sono andato a Grosseto, ci sono stato fino a dicembre-gennaio nella sezione Juniores, poi ho avuto un infortunio al ginocchio e sono tornato a Civitavecchia. Sono stato fermo 3 mesi e poi all’inizio di questa stagione sono tornato al Grosseto”.

Lo stemma del Grosseto Calcio, il club di Stefano Trillocco

Insomma: ti sei girato un po’ tutto il Lazio.
“Sì, lo scorso anno mi sono fatto anche un po’ di esperienza al Civitavecchia in Prima Squadra”.

A noi puoi dirlo: quali sono i tuoi obiettivi?
“Magari, l’anno prossimo, esordire in Prima Squadra in Serie C o Serie D. Mio padre è stato già contattato da alcune squadre. Spero di trovare una squadra di buon livello e iniziare a giochicchiare. Andare avanti con il calcio fino a… sognare”.

Posso chiederti quali squadre ti hanno cercato?
“Non lo dico per scaramanzia (ride, ndr)”.

Saresti disposto a trasferirti altrove?
“Lo sono sempre stato, anche ai tempi della Viterbese. Tranne quest’ultimo anno, perché sono in quinto e ho deciso di concludere le scuole qui”.

Andresti anche all’estero?
“Volentieri. Sognando in grande, a me piacerebbe giocare in Inghilterra. Per il clima e perché mi piacciono i campionati tecnici molto più di quelli fisici”.

In quale squadra inglese ti piacerebbe giocare, se potessi sognare in grande?
“Mi piacerebbe molto giocare all’Old Trafford con il Manchester United“.

Quali sono i tuoi giocatori preferiti?
“Da piccolino, nel mio ruolo mi è sempre piaciuto Sergio Ramos. Però il mio idolo è sempre stato Arturo Vidal“.

Dei difensori centrali della Serie A ce n’è qualcuno che ti piace?
“Quest’anno, secondo me, Bremer è molto forte fisicamente. Uno dei più forti del mondo”.

A proposito di Juventus: che chances ha quest’anno?
“Secondo me non può puntare troppo in alto, deve aspirare al terzo o quarto posto e arrivare in Champions per andare bene l’anno prossimo. Secondo me ci arriva”.

Tornando a te: cosa vedi nel tuo immediato futuro?
“Non trascuro la scuola per il calcio, ho sempre fatto tutte e due insieme senza problemi. Mi vorrei anche iscrivere all’università qui a Civitavecchia, alla Tuscia di Economia. Alle medie ho frequentato l’Istituto Tecnico Economico. Vorrei prendere una laurea in Economia Circolare come mia sorella, di cui vorrei seguire le orme”.

Come si concilia la vita di un giovane calciatore con la vita privata?
“Ormai ci sono abituato, sono 4-5 anni che faccio questa vita. Ho sempre messo in primo piano il calcio, poi c’è sempre stata la scuola. Vado abbastanza bene. La sera studio e faccio i compiti che ci danno. La famiglia la vedo sempre e quando posso esco, ho tanti amici. Conduco una vita normale”.

Quante volte a settimana ti alleni?
“Dal lunedì al giovedì. Esco da scuola, parto e torno a cena”.

Se andassi a giocare in Serie A, dove andresti a giocare?
“Adesso come adesso l’Inter è il top in Italia. Poi Juventus e Milan, indifferentemente”.

Con quale allenatore ti piacerebbe lavorare?
“In Serie A forse Thiago Motta, per il suo stile di gioco”.

Per la Juve: meglio Motta o Conte?
“Lo stile di gioco di Allegri non mi fa impazzire. Fra Conte e Thiago Motta sceglierei Conte, perché ha la carica giusta come con lo scudetto dell’Inter di qualche anno fa. Però anche Thiago Motta è un nuovo allenatore che ha le sue idee ben chiare”.

A proposito di allenatori: cosa pensi di Palladino del Monza?
“E’ un bravo allenatore. Forse un gradino sotto Thiago Motta”.

Come giudichi l’operato di De Rossi a Roma?
“Ha cambiato la squadra: perché con Mourinho non giocava. Con l’arrivo di De Rossi, soprattutto per la sua romanità e per la sua grinta, ha risvegliato tutti quanti, compreso Pellegrini. C’è un’alta probabilità che il suo contratto venga rinnovato a fine stagione”.

Roma-Milan chi la vince?
“Roma-Milan in casa della Roma dipende da come starà Leao: se sta bene non ce n’è per nessuno”.

Dimentichi il fattore Abraham.
“Anche Abraham è forte, ma prima che ritrovi la condizione si arriva all’inizio della prossima stagione. Recuperare dopo una lesione al crociato non è mai semplice”.

Chiudiamo con un quiz: l’attaccante più forte della Serie A.
Lautaro Martinez“.

Il centrocampista più forte?
Barella, che per me è molto simile a Vidal”.

Il difensore più forte?
“Bremer”.

E il portiere?
“Ce ne sono tanti in Serie A. Provedel della Lazio è fortissimo, Szczęsny è un gatto, Sommer prende raramente gol. Ma secondo me il più forte è Maignan del Milan“.

Ringraziamo Stefano per il tempo che ci ha dedicato e gli auguriamo tanta fortuna per la sua carriera.

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ESCLUSIVA CS – Silvio Brocco: “L’obbiettivo del Pineto è valorizzare i giovani. Playoff? Sarebbe un sogno”

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Pineto

Le parole del presidente del Pineto Calcio Silvio Brocco rilasciate in esclusiva ai microfoni di Calciostyle, relative al suo club e non solo.

Pineto, le parole di Silvio Brocco

Pineto

Il presidente del Pineto Calcio, club cha attualmente milita in Serie C, Silvio Brocco ha rilasciato un’intervista esclusiva ai nostri microfoni, nella quale fa il punto della situazione relativa al suo club e non solo.

Di seguito l’intervista integrale:

Cosa si aspetta in questo finale di stagione da parte del Pineto?

“Penso che abbiamo raggiunto quello che era il primo obbiettivo cioè quello di rimanere in questa categoria e quindi mi auguro che i ragazzi con queste tre partite possano acquisire ancora dei risultati positivi tali da aggiungere eventualmente dei playoff, che sarebbe un bellissimo traguardo per una società, per una squadra che ha affrontato per la prima volta un campionato professionistico.”

 

Per quanto riguarda invece il discorso relativo alle seconde squadre, lei è favorevole a farle giocare in Italia o servirebbe un ulteriore modifica alla regolamentazione?

“Io personalmente lascerei agli organi competenti questo tipo di cose, per me non c’è nessun problema nonostante diversi club abbiano espresso opinioni contrastanti, però oggi come oggi non posso esprimere un opinione.”

 

A cosa è dovuto il fatto che alcune squadre non riescono a iscriversi ai campionati nazionali soprattutto in Serie C?

“Io personalmente so che la Lega incentiva e dà degli incentivi economici sulla base dei minutaggio, cioè ai ragazzi del proprio settore giovanile o proveniente da altre squadre. Dovrebbe forse incentivare tutto questo, perchè se si fa un discorso di spesa, di acquisizione dei giocatori con contratti un pò pesanti è ovvio che poi le società vanno poi in difficoltà.

Se invece si finalizza un pò di più a l’utilizzo dei giovani locali perchè la federazione, lo stato stesso, spende moltissimo nonché le società a livello privatistico dei campionati di ogni genere dagli esordienti, dagli allievi , dagli Juniores. Questo per dire che noi società spendiamo tantissimo dai settori giovanili.”

 

Lei è d’accordo con me se le dico che il primo passo per far rinascere il campionato italiano e portarlo ad un certo livello bisogna partire dalle strutture per quanto riguarda i settori giovanili?

“Se vogliamo avere delle categorie maggiori più ricche di calciatori italiani sarebbe bello che le società di Serie A e di Serie B attingessero di più in tutti questi settori giovanili di una marea di società che però arrivano ad un certo punto senza giovani e quindi siamo costretti a prenderli all’estero.

Dietro a questo però c’è un investimento enorme da parte delle società per curare i vari settori giovanili, però dopo i risultati non ci sono, motivo per cui andrebbe rivisto questo concetto, poi ci sono società come Perugia e Pescara che con numeri di abitanti grandi e una storia calcistica di spicco devono fare degli investimenti enormi come ad esempio la stessa Spal, ma i risultati nonostante ciò non arrivano.”

 

Per quanto riguarda il Pescara, voi siete ancora sponsor?

“Io dò una mano come sponsor, perchè negli anni ho sempre fatto questo per il Pescara Calcio e continuerò con questo visto il rapporto che abbiamo tra le società, per me è solo che un piacere.”

 

Se io fossi un presidente di un club mi consiglierebbe di investire nel calcio di oggigiorno?

“Io faccio il presidente per passione, non c’è altro se poi qualcuno confonde questo per altre cose non so che dire.”

 

Cosà farà il prossimo anno, cercherà di emergere pian piano quindi sempre con il Pineto come ha fatto fino ad ora?

“L’obbiettivo del Pineto è quello di valorizzare i ragazzi, noi ne abbiamo diversi che abbiamo acquisito anche dalle società professionistiche più alte e cercheremo di ripetere quello. L’obbiettivo finale deve essere questo qui.”

 

Le faccio una domanda personale, quale è il suo hobby nella vita privata?

“Il mio hobby prima di tutto è lo sport quindi il calcio perchè ancora gioco con il mio gruppo amatoriale, poi è da una vita che io ho il mio gruppo musicale dove sono un batterista rock degli anni 6o/70 quindi ci divertiamo con il mio gruppo a fare concerti soprattutto estivi e in beneficenza aiutando bambini con disabilità.”

Mentre per quanto riguarda il suo vero lavoro?

“Io nasco come microbiologo clinico di laboratorio e mi sono sempre occupato di microbiologia clinica e da qui ho fatto nascere un’azienda che produce sistemi per test antibiogramma per l’isolamento degli agenti patogeni. Ho potuto fare questo anche grazie all’aiuto dei miei figli con cui abbiamo creato anche una sede in Danimarca, una in America dove diffondiamo prodotti che sono diventati nel nuovo standard per l’antibiogramma, che consiste nella scelta degli antibiotici per combattere i batteri più resistenti.

Concludendo diciamo che la mia è un’azienda proiettata a far vivere questo essere su questo pianeta a differenza invece di quello che vediamo tutti i giorni.”

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