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De Ligt, equivoco bianconero: flop o talento?

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Sono andati via i primi tre mesi di stagione, con un De Ligt che è ancora oggi il giocatore più discusso della Juventus, forse più dello stesso Cristiano Ronaldo. Ha fatto parlare tantissimo di sé ancora sarà così, inevitabilmente, in primis per quella super valutazione che si porta dietro e che la Juve ha dovuto sborsare per strapparlo dall’Ajax. 75 milioni di euro, per sua fortuna sembrati quasi pochi rispetto ad un Maguire passato dal Leicester allo United in estate per quasi 90 milioni di euro.

Non solo tanti soldi, De Ligt resta al centro dei dibattiti da settimane per quella tendenza poco carina di usare un po’ troppo le braccia in aria di rigore. Ha già causato per questo un paio di rigori, sfiorandone un terzo in occasione del derby col Torino, dopo quelli già causati con Inter e Lecce. E sembra che anche con l’Olanda nell’ultima apparizione con gli orange durante la sosta abbia tenuto il braccio un po’ troppo largo negli ultimi sedici metri, generando ulteriori meme e ironica fra i social.

Eppure, come tiene a sottolineare un recente editoriale bwin, giudicare De Ligt come un flop dopo pochissimi mesi pare quanto mai avventato, per svariate ragioni. La prima è legata al prezzo, come prima ricorda l’esempio di Maguire il mercato è ormai totalmente impazzito e tutto nasce in conseguenza di trattative che spesso hanno poco a che fare con l’effettivo valore dei giocatori, che certo non possono essere colpevoli di aste all’impazzata.

Poi c’è l’età di De Ligt, appena ventenne e già da minorenne nella nazionale maggiore olandese, oltre che capitano dei lancieri ad appena 18 anni, come nessuno prima nella storia. Un predestinato capace di rivestire un ruolo chiave in quell’Ajax che lo scorso anno è stato capace di buttare via una qualificazione alla finale della Champions, sprecando un doppio vantaggio in casa con il Tottenham, dopo che fino a lì ci si era spinti anche grazie a lui, con quel gol di testa all’Allianz Stadium contro la sua futura squadra.

De Ligt è poi arrivato in un momento drammatico, sportivamente parlando, per la difesa bianconera. Il crack di Chiellini lo ha costretto a dover recitare un ruolo non previsto, da immediato titolare fisso e perno di una difesa che non ha potuto più fare a meno di lui, accanto a Bonucci anche lui divenuto insostituibile.

Sarri ha contato su di lui facendo di necessità virtù, a vent’anni non ha potuto perseguire quel percorso di crescita che sarebbe stato decisamente indicato per un giovane ragazzo arrivato nella Patria dei difensori, con la possibilità di imparare e crescere a fari meno accesi alle spalle di una chioccia come il Chiello.

Tutto però non avviene mai per caso, il predestinato tulipano è dovuto ancora una volta crescere più in fretta del previsto, la sorte non gli ha dato tempo e lui ha deciso di prenderselo tutto, da grande protagonista: nel bene e nel male, ma a soli vent’anni.

 

Fondatore e Direttore Editoriale della testata giornalistica Calciostyle.it. Nato a Roma, classe 1981.

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Inter, parla Marotta dopo lo scudetto

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Inter, Marotta

Il CEO dell’ Inter ha elogiato il presidente Steven Zhang per la sua abilità nel delegare responsabilità efficacemente.

Le parole del CEO dell’Inter

Dapprima Marotta ha sottolineato l’importanza di concedere autonomia al management per consentire all’Inter  di operare al meglio.  Un’altra questione approfondita dal dirigente  é come  Zhang comprenda l’importanza della delega di compiti per il successo dell’organizzazione.

Marotta ha dichiarato che Zhang è costantemente informato sulle attività dell‘Inter. Quindi il team  è per lui   responsabile di ciò che accade all’interno del club.

Ha evidenziato come la responsabilità ricade sul management e non sulla proprietà.

Lavorare insieme in modo efficiente è essenziale per il successo e Marotta ha  apprezzato il rapporto di collaborazione tra il management e la proprietà.

Marotta parla del club

Anche la fiducia di Marotta nella leadership di Zhang è evidente cosí come la solidità della gestione del club sembra promettente per il futuro.

Marotta ha garantito ai tifosi che il club è finanziariamente solido . Probabilmente la proprietà fornirà inoltre ulteriori dettagli sul rifinanziamento del debito.

Ha assicurato che qualsiasi errore è imputabile al management e non alla proprietá  ed ha enfatizzato la trasparenza e la responsabilità del team di gestione nerazzurro.  Ha sottolineato che lavoreranno duramente per garantire il successo della squadra.

Inter, Marotta

Giuseppe Marotta

La collaborazione efficace tra management e proprietà è orientata verso la stabilità e il successo del club.

La gestione di Zhang ha portato a significativi risultati sportivi per i neroazzurri. Marotta ha voluto rassicurare i tifosi sulla solidità della leadership del presidente.La prospettiva di continuità e di successo per il club sembra essere al centro della strategia di gestione del team.

È  importante sottolineare che da quando é presente la gestione di Zhang ha portato a importanti risultati sportivi per il club. Tra questi la vittoria del titolo di campione d’Italia nella stagione 2020/2021.

 

 

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Assemblea ECA, Al-Khelaifi: “La Superlega non esiste”

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Assemblea ECA, Nasser Al-Khelaifi

All’Assemblea ECA (European Club Association) svoltasi ieri a Madrid ha presenziato il presidente Nasser Al-Khelaïfi, noto per essere anche il presidente del PSG.

Il presidente Nasser Al-Khelaïfi ha parlato della situazione dell’ECA. che sta attraversando una fase di grande espansione e conta oggi oltre 600 club affiliati grazie all’arrivo di 266 squadre aggiuntive in questa stagione.

Queste le parole di Al-Khelaïfi a tale proposito: “È un momento fantastico a causa della nostra rapida espansione e della nostra evoluzione positiva. Questo dimostra che l’ECA è un’organizzazione dinamica, democratica, rappresentativa e inclusiva.

Quando sono diventato presidente dell’ECA, c’erano 174 club… ora siamo 610. L’unità è la forza dell’ECA, che è completamente diversa dal precedente G-14”.

Il presidente ne ha approfittato anche per polemizzare sulla Superlega. Queste le sue parole: “La porta è sempre aperta per quei club che non sono nell’ECA. La Superlega non esiste. Quindi, quando se ne renderanno conto, saranno i benvenuti a tornare (l’allusione è soprattutto al Barcellona, ndr).

Abbiamo giocato contro di loro nei quarti di finale della Champions League, la migliore competizione per club al mondo. È la migliore competizione, il miglior sistema che abbiamo. Non sono davvero contenti, ma ancora una volta ci giocano perché sanno che è importante.

Sanno che è la competizione principale. Spero che quindi ne siate consapevoli. Sanno che la porta è sempre aperta. Siamo in contatto congiunto con la FIFA e l’UEFA”. I club che ancora sostengono convintamente il progetto della Superlega sono, in particolare, il Barcellona e Real Madrid.

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Milan, così non va: esci dalla mediocrità! | L’editoriale di Mauro Vigna

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Milan, già dal titolo si può capire di che tenore (senz’altro duro) è il taglio di questo articolo. Non si può sprecare un’altra stagione.

Parlare con mesi di anticipo a volte può dare delle soddisfazioni, in quanto, spesso si viene smentiti. Ed è quello che spero vivamente accada. Perché altrimenti dovremo nuovamente assistere a un anno, il prossimo, sotto il segno della mediocrità.

Mediocrità, parola ricorrente durante questa stagione, basti vedere alcuni elementi in rosa. Che vanno cambiati, o meglio, vanno sostituiti con rinforzi qualitativamente superiori. Iniziamo da Calabria, bravo bello educato e con un cuore grande così, ma vederlo capitano di una squadra come il Milan appare, scusatemi, una bestemmia. Sapete vero di cosa stiamo parlando? Del Milan, squadra che ha alzato al cielo 7 Champions. Giusto per ricordarlo.

Una squadra che per due anni non è stata in grado di trovare un vice Theo Hernandez facendo giocare al suo posto terzini destri, difensori centrali e facendo il segno della croce in settimana augurandogli lunga vita calcistica.

Un centrocampo inesistente, caratterizzato da giocatori bravissimi ad accarezzare il pallone, un po’ meno a picchiare. Quanto servirebbe un Kessiè qualsiasi. E quanto servirebbe una punta centrale che non avesse 38 anni, con tutto il rispetto per Giroud, un ex campione, ma che da marzo in avanti deve giocare con l’ossigeno perché non ha un vero e proprio sostituto.

Quindi che si fa? Con Pioli a fine ciclo ci si trova praticamente a maggio senza avere deciso un allenatore e con gli altri club che stanno praticamente prendendosi i migliori attaccanti, lasciando a noi – forse – qualche briciola per quando decideremo di fare mercato.

Capitolo allenatore. Da qui capiremo se aspettarci un altro campionato mediocre, oppure no. Antonio Conte avrebbe permesso di alzare l’asticella, ma un Van Bommel, brava persona eh, ha pure pianto quando se ne è andato, pensate possa rappresentare la scelta giusta? Uno che ha la stessa esperienza di Palladino che almeno ha allenato in Serie A? Uno che ha subìto le stesse reti di Pioli, ma in Belgio? Giovane, parla 5 lingue, ma a noi serve uno con gli attributi che sappia strigliare Leao quando passeggia come fosse in Via Montenapoleone a Milano, durante un derby.

Ripeto, se sarò smentito sarò felice. In realtà è quello che voglio, essere smentito coi fatti. Con uno come Conte in panchina, con Gyokeres in attacco, magari uno come Amrabat in mediana, Buongiorno Scalvini in difesa. Un forte terzino destro. E poi ne parliamo. Altrimenti…la solità mediocrità.

Questa deve essere la stagione della svolta, non serve molto. L’ossatura della squadra c’è, servono 4-5 rinforzi di qualità nei posti giusti. È un allenatore con le palle quadrate.

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