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“Calcio story”, il più grande truffatore del pallone
Per la rubrica “Calcio story” questa e l’incredibile storia di Carlos Enrique Raposo, il più grande truffatore del pallone, un genio assoluto inimitabile e inarrivabile. Siete pronti a leggere una storia ai limiti dell’assurdo? Buon divertimento.
Si diventa eroi per aver compiuto imprese straordinarie ma non sempre in positivo. È il caso di questo illustre sconosciuto, Carlos Enrique Raposo, detto il Kaiser per la somiglianza con Beckenbauer.
Carlos è brasiliano e, come tutti i ragazzi di quel Paese, gioca a calcio. A vent’anni si rende conto di avere un fisico d’atleta, da calciatore, ma gli mancano i piedi buoni. Non si rassegna però a veder sfumare così una possibile carriera da professionista e così, in maniera assolutamente incredibile tanto da parere assurda, riuscirà nel suo intento passando alla storia per come lo fece.
Siamo negli anni ottanta e Carlos ha sedici anni quando firma il suo primo contratto da professionista col Puebla senza, tuttavia, mai scendere in campo. Col calcio non aveva nulla a che fare, come dirà Ricardo Rocha, ex difensore brasiliano del Real Madrid, diceva di essere attaccante ma non sapeva nemmeno calciare un pallone però era simpatico e benvoluto da tutti.
Ecco, è questa sua dote che gli permise di vestire, anche se per poco, le maglie di alcuni grandi club brasiliani. Carlos frequenta i locali giusti, si fa conoscere per la sua abilità nel fare battute e nell’essere molto affabile, tanto da riuscire a farsi amici i più grandi giocatori carioca del momento come appunto Rocha, Gaucho e Edmundo.
Si faceva prestare abiti costosi dagli amici per fare scena, riuscendo fin da subito a fare una buona impressione. Convinse così i suoi nuovi amici a mettere nella stipulazione dei contratti una clausola con cui si obbligava il club a prenderlo presentandolo come un buon attaccante, promessa del calcio brasiliano. Incredibile ma vero, riuscì a farsi ingaggiare dal Botafogo.
Raposo, che generalmente firmava contratti di sei mesi, che gli permettevano un sostanzioso stipendio ma non la tranquillità assoluta, si presentò al primo allenamento dicendo di non essere in forma e di dover seguire per almeno due settimane le indicazioni del suo allenatore individuale, ovviamente fittizio.
I problemi iniziarono quando qualche allenatore pretendeva di vedere le millantate capacità e allora Carlos convinceva qualche suo compagno di squadra ad intervenire in modo duro abbastanza da mandarlo in infermeria dove, magari con qualche bustarella, convinceva il dottore di turno a dichiararlo infortunato. Dichiarerà che si accordava per interventi fallosi in area, lamentando poi dolori al muscolo da averne per almeno venti giorni.
Quando le cose si complicarono si fece amico un dentista, parole sue, che gli faceva finti certificati medici che attestavano che aveva problemi fisici. Tirava avanti così e un anno dopo, sì lo so da non crederci, si fece assumere dal Flamengo. Bisogna specificare però che all’epoca, a meno che non ci si recava allo stadio tutte le settimane, era difficile conoscere le vere qualità di un giocatore, tutto si basava sui passaparola, bastava qualche parola detta alla persona giusta ed il gioco era fatto e in quel campo Raposo, come già accennato, non aveva rivali.
Racconterà di recarsi negli alberghi dove erano programmati i ritiri due o tre giorni prima con una decina di ragazze a cui affittava le stanze al piano di sotto al suo, così da dover solo scendere le scale nottetempo. Con questi trucchi i soldi continuavano ad arrivare e le amicizie si facevano più strette. Organizzava feste, intratteneva i suoi compagni, diventava sempre più popolare e cominciava a godersi la vita da calciatore, al punto che una sera il famoso attaccante del Palmeiras Renato Gaucho fu sbattuto fuori da una discoteca perché il Kaiser era entrato spacciandosi per lui!
Arrivato al Flamengo disse di avere tutto da dimostrare perché al Botafogo ci era stato troppo poco ed era stato sempre inattivo a causa della lesione muscolare subita durante il primo allenamento. Un paio di buone parole di giornali, la raccomandazione di qualche amico ed ecco la firma. Ovviamente, zero minuti e zero goal. Ma ciò non danneggiò la sua carriera calcistica, il vero capolavoro lo fece nell’estate del 1986, quando riuscì addirittura a farsi ingaggiare in Europa, più precisamente nel club francese dell’Ajaccio.
Si presentò al primo allenamento baciando la maglia e lanciando palloni autografati ma, naturalmente, non scese mai in campo.
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“Calcio story”, il capolavoro d’astuzia di Raposo
Se credi in te stesso, gli altri crederanno in te, si ripeteva, tutto stava nel crearsi un personaggio e nel portarlo avanti e così continuò a ingannare tutti, anche con finte telefonate in un inglese maccheronico con un cellulare, finto pure quello, all’epoca molto costoso, dicendo di avere contatti addirittura in Premier League.
Fu così che convinse il Bangu, squadra brasiliana, a ingaggiarlo. Qui ecco un altro colpo di genio: il Bangu è sotto 2-0 e il mister decide che è arrivata l’ora di farlo giocare. Raposo però comincia ad insultare un tifoso (c’è chi dice un avversario) scatenando dal nulla una rissa e venendo così espulso prima di entrare in campo, un genio. Giustificherà quell’episodio, per il quale l’allenatore ovviamente lo riprese, dicendo di essere intervenuto proprio per difendere il mister pesantemente insultato, venendo così perdonato.
Chi si ricorda l’allenatore nel pallone e la truffa messa in piedi da Gigi e Andrea ai danni del mister della Longobarda che cercava un campione Brasiliano? È così che Raposo si fece assumere dalla Fluminense prima e dal Vasco da Gama poi, spedendo fuori campo, durante un allenamento, tutti i palloni. Nel club di Rio de Janeiro conosce Djalminha, che diventerà suo testimone di nozze nel 1992, anno durante il quale si ritira dal “calcio giocato” e in cui, dopo pochi mesi, divorzia dalla moglie.
Nel 2001 tornerà a far parlare di sé, poiché verrà inserito come contropartita tecnica in un’affare di calciomercato, venendo acquistato per sei mesi dal Camaquã. Vent’anni di carriera senza mai scendere in campo, unico attaccante al mondo, credo, a non aver mai segnato. Dimenticavo, ha “vinto” un Campionato Carioca e un Taça Guanabara.
Ovviamente oggi questa storia sarebbe irripetibile ma all’epoca, come abbiamo visto, era piuttosto facile ingannare i club. Raposo, il Kaiser, è stato definito per la sua “brillante” carriera il più grande truffatore della storia del calcio.
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Inter, parla Marotta dopo lo scudetto
Il CEO dell’ Inter ha elogiato il presidente Steven Zhang per la sua abilità nel delegare responsabilità efficacemente.
Le parole del CEO dell’Inter
Dapprima Marotta ha sottolineato l’importanza di concedere autonomia al management per consentire all’Inter di operare al meglio. Un’altra questione approfondita dal dirigente é come Zhang comprenda l’importanza della delega di compiti per il successo dell’organizzazione.
Marotta ha dichiarato che Zhang è costantemente informato sulle attività dell‘Inter. Quindi il team è per lui responsabile di ciò che accade all’interno del club.
Ha evidenziato come la responsabilità ricade sul management e non sulla proprietà.
Lavorare insieme in modo efficiente è essenziale per il successo e Marotta ha apprezzato il rapporto di collaborazione tra il management e la proprietà.
Marotta parla del club
Anche la fiducia di Marotta nella leadership di Zhang è evidente cosí come la solidità della gestione del club sembra promettente per il futuro.
Marotta ha garantito ai tifosi che il club è finanziariamente solido . Probabilmente la proprietà fornirà inoltre ulteriori dettagli sul rifinanziamento del debito.
Ha assicurato che qualsiasi errore è imputabile al management e non alla proprietá ed ha enfatizzato la trasparenza e la responsabilità del team di gestione nerazzurro. Ha sottolineato che lavoreranno duramente per garantire il successo della squadra.
La collaborazione efficace tra management e proprietà è orientata verso la stabilità e il successo del club.
La gestione di Zhang ha portato a significativi risultati sportivi per i neroazzurri. Marotta ha voluto rassicurare i tifosi sulla solidità della leadership del presidente.La prospettiva di continuità e di successo per il club sembra essere al centro della strategia di gestione del team.
È importante sottolineare che da quando é presente la gestione di Zhang ha portato a importanti risultati sportivi per il club. Tra questi la vittoria del titolo di campione d’Italia nella stagione 2020/2021.
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Assemblea ECA, Al-Khelaifi: “La Superlega non esiste”
All’Assemblea ECA (European Club Association) svoltasi ieri a Madrid ha presenziato il presidente Nasser Al-Khelaïfi, noto per essere anche il presidente del PSG.
Il presidente Nasser Al-Khelaïfi ha parlato della situazione dell’ECA. che sta attraversando una fase di grande espansione e conta oggi oltre 600 club affiliati grazie all’arrivo di 266 squadre aggiuntive in questa stagione.
Queste le parole di Al-Khelaïfi a tale proposito: “È un momento fantastico a causa della nostra rapida espansione e della nostra evoluzione positiva. Questo dimostra che l’ECA è un’organizzazione dinamica, democratica, rappresentativa e inclusiva.
Quando sono diventato presidente dell’ECA, c’erano 174 club… ora siamo 610. L’unità è la forza dell’ECA, che è completamente diversa dal precedente G-14”.
Il presidente ne ha approfittato anche per polemizzare sulla Superlega. Queste le sue parole: “La porta è sempre aperta per quei club che non sono nell’ECA. La Superlega non esiste. Quindi, quando se ne renderanno conto, saranno i benvenuti a tornare (l’allusione è soprattutto al Barcellona, ndr).
Abbiamo giocato contro di loro nei quarti di finale della Champions League, la migliore competizione per club al mondo. È la migliore competizione, il miglior sistema che abbiamo. Non sono davvero contenti, ma ancora una volta ci giocano perché sanno che è importante.
Sanno che è la competizione principale. Spero che quindi ne siate consapevoli. Sanno che la porta è sempre aperta. Siamo in contatto congiunto con la FIFA e l’UEFA”. I club che ancora sostengono convintamente il progetto della Superlega sono, in particolare, il Barcellona e Real Madrid.
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Milan, così non va: esci dalla mediocrità! | L’editoriale di Mauro Vigna
Milan, già dal titolo si può capire di che tenore (senz’altro duro) è il taglio di questo articolo. Non si può sprecare un’altra stagione.
Parlare con mesi di anticipo a volte può dare delle soddisfazioni, in quanto, spesso si viene smentiti. Ed è quello che spero vivamente accada. Perché altrimenti dovremo nuovamente assistere a un anno, il prossimo, sotto il segno della mediocrità.
Mediocrità, parola ricorrente durante questa stagione, basti vedere alcuni elementi in rosa. Che vanno cambiati, o meglio, vanno sostituiti con rinforzi qualitativamente superiori. Iniziamo da Calabria, bravo bello educato e con un cuore grande così, ma vederlo capitano di una squadra come il Milan appare, scusatemi, una bestemmia. Sapete vero di cosa stiamo parlando? Del Milan, squadra che ha alzato al cielo 7 Champions. Giusto per ricordarlo.
Una squadra che per due anni non è stata in grado di trovare un vice Theo Hernandez facendo giocare al suo posto terzini destri, difensori centrali e facendo il segno della croce in settimana augurandogli lunga vita calcistica.
Un centrocampo inesistente, caratterizzato da giocatori bravissimi ad accarezzare il pallone, un po’ meno a picchiare. Quanto servirebbe un Kessiè qualsiasi. E quanto servirebbe una punta centrale che non avesse 38 anni, con tutto il rispetto per Giroud, un ex campione, ma che da marzo in avanti deve giocare con l’ossigeno perché non ha un vero e proprio sostituto.
Quindi che si fa? Con Pioli a fine ciclo ci si trova praticamente a maggio senza avere deciso un allenatore e con gli altri club che stanno praticamente prendendosi i migliori attaccanti, lasciando a noi – forse – qualche briciola per quando decideremo di fare mercato.
Capitolo allenatore. Da qui capiremo se aspettarci un altro campionato mediocre, oppure no. Antonio Conte avrebbe permesso di alzare l’asticella, ma un Van Bommel, brava persona eh, ha pure pianto quando se ne è andato, pensate possa rappresentare la scelta giusta? Uno che ha la stessa esperienza di Palladino che almeno ha allenato in Serie A? Uno che ha subìto le stesse reti di Pioli, ma in Belgio? Giovane, parla 5 lingue, ma a noi serve uno con gli attributi che sappia strigliare Leao quando passeggia come fosse in Via Montenapoleone a Milano, durante un derby.
Ripeto, se sarò smentito sarò felice. In realtà è quello che voglio, essere smentito coi fatti. Con uno come Conte in panchina, con Gyokeres in attacco, magari uno come Amrabat in mediana, Buongiorno o Scalvini in difesa. Un forte terzino destro. E poi ne parliamo. Altrimenti…la solità mediocrità.
Questa deve essere la stagione della svolta, non serve molto. L’ossatura della squadra c’è, servono 4-5 rinforzi di qualità nei posti giusti. È un allenatore con le palle quadrate.
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