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Athletic Bilbao, il viaggio vincente della Gabrara di Valverde

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Nella terra dove sono solite vincere due squadre stellari quali Real Madrid e Barcellona, quest’anno in Coppa del Re le cose sono andate in maniera ben diversa.

Definito troppo presto “bollito” dopo la sua esperienza sulla panchina del Barcellona, ed esonerato dopo una sconfitta nella semifinale di Supercoppa di Spagna nonostante avesse chiuso al primo posto il girone di andata in Liga e si fosse qualificato agli ottavi di finale di Champions League.

Dopo due campionati conquistati alla grande (più una Coppa del Re e una Supercoppa) e una squadra presa con un Messi in fase calante e cono molte stelle vicini all’ecclissarsi, è stato troppo facilmente etichettato come il colpevole delle tremende eliminazioni rimediate in Champions League per mano della Roma di Di Francesco prima e del Liverpool di Klopp vincitore del trofeo quell’anno.

La rinascita di Ernesto

Durante la sua prima esperienza, alla guida della formazione di Bilbao, il tecnico basco aveva raggiunto i risultati migliori della sua carriera: i tifosi del Napoli ricorderanno benissimo nel 2014 quando i baschi eliminarono gli azzurri guidati da Rafael Benitez dai preliminari della massima competizione europea e conquistarono una finale di Coppa del Re, persa soltanto contro il Barcellona dei marziani, contro i quali però l’anno dopo in Supercoppa di Spagna, restituì il favore ai blaugrana con un clamoroso 4-0 nel match di andata a San Mamès.

Risultati fantastici e storici conditi da una grande sapienza tattica e una personalità da vero gentiluomo del calcio gli consentono di scrivere un’altra pagina di storia per un club glorioso e con un fortissimo senso di appartenenza come l’Athletic Bilbao.

La squadra  mette le mani sulla sua 24esima coppa nazionale battendo ai rigori il Maiorca dopo i tempi regolamentari terminati sul risultato di uno a uno e, torna a vincere un trofeo a 40 anni di distanza dalla stagione 1983/84, quella dell’ultimo trionfo in Liga certificata dal dominio di campioni come Zubizarreta, Goikoetxea, Sarabia e Liceranzu. E che potrà tornare ad esibirsi in un rito che, per la città di Bilbao e per tutto il popolo basco ha un significato particolare: quello della Gabarra.

La Finale

E’ stata la serata di Julen Agirrezabala, portiere classe 2000 dell’Athletic, riserva di Unai Simon ma protagonista in tutto il percorso in coppa, fino al rigore parato a Morlanes che simboleggia un passaggio di testimone con il grande Andoni Zubizarreta, l’ultimo portiere a vincere questo trofeo con l’Atheltic Bilbao

E stata anche la  rivalsa per i due veterani Iker Muniain e Oscar De Marcos, che erano in campo a Bucarest il 9 maggio 2012, quando il sogno della squadra allenata da Marcelo Bielsa venne spezzato in una finale di Europa League tutta spagnola dall’Atletico Madrid di Falcao e Diego.

Niente da fare per gli ex Serie A del Maiorca, Muriqi e Nastasic oltre a Radonjic: dopo l’impresa del 2003, con la Coppa del Re sollevata grazie a Eto’o Pandiani, resta una goccia nel mare della storia del piccolo club spagnolo.

Il culto della Gabarra

Ma cos’è la Gabarra?, si tratta dell’imbarcazione al bordo della quale i calciatori e i componenti dello staff tecnico dell’Athletic festeggiano i propri trionfi, navigando il Ría Nervión . Una celebrazione accompagnata dai tifosi sulle sponde del fiume e che rappresenta soprattutto un’esibizione dell’orgoglio e dei valori patriottici del popolo tifoso dell’Athletic Bilbao. La Gabarra, che nell’antichità era il mezzo utilizzato per trasportare le merci, ha riacquisito la sua popolarità anche tra i più giovani proprio perché associato ai successi sportivi del Atletich Bilbao.

E se negli anni è diventato sempre meno frequente, complice il gap incolmabile che si è creato con due colossi come Real Madrid e Barcellona, ma anche la rinascita dell’Atletico Madrid, la Gabarra che tornerà 40 anni dopo i trionfi della squadra guidata da Javier Clemente (la festa è prevista per giovedì 11 aprile) sono da interpretare soprattutto come un segnale di speranza in vista del futuro. 

Per l’Athletic che si riappropria della sua antica grandezza e per riaffermare il profondo legame, la passione, l’identità e la celebrazione con la propria gente della cultura basca.

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Fiorentina, il rigore della discordia: parla Gudmundsson

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Fiorentina

La Fiorentina è in una crisi sempre più nera, che si esprime anche attraverso i rifiuti da parte dei giocatori a calciare i rigori. Almeno secondo Vanoli.

Fiorentina-Sassuolo, cosa è successo?

Nella partita tra Fiorentina e Sassuolo, persa dai Viola, c’è stato un calcio di rigore trasformato da Rolando Mandragora. Ma subito era nata una discussione tra Mandragora e Moise Kean su chi dovesse tirarlo.

Dopo la partita, l’allenatore viola Paolo Vanoli in conferenza ha dichiarato che il rigorista ufficiale era Gudmundsson, ma che secondo lui l’islandese “non ha voluto calciare”.

Fiorentina, la risposta di Gudmundsson

Gudmundsson ha smentito categoricamente la versione di Vanoli. In un commento sotto un post social ha detto che “non ha mai rifiutato un rigore” e che “non litigherebbe mai con un compagno davanti a uno stadio pieno”.

In pratica: un altro giocatore, secondo lui, ha preso spontaneamente la palla per calciare, e lui non ha opposto resistenza, per evitare tensioni davanti ai tifosi.

Una Viola in crisi profonda

La sconfitta contro il Sassuolo peggiora una situazione già drammatica: la Fiorentina ricopre l’ultimo posto in classifica.

Per Vanoli, il problema è soprattutto mentale: nella sua conferenza ha denunciato una mancanza di spirito di squadra, troppi alibi, poca “forza da uomini”.

Cosa significa per la squadra?

Il dissidio pubblico tra allenatore e giocatore, anche se mediato via social, svela molte delle tensioni e della sfiducia che aleggiano nello spogliatoio. Se da un lato Vanoli tenta di rimettere ordine e responsabilizzare la squadra, dall’altro Gudmundsson cerca di difendere la sua immagine e il rapporto con i compagni.

In ogni caso, l’episodio del rigore evidenzia come la crisi della Fiorentina non sia solo tecnica, ma anche (forse soprattutto) psicologica e relazionale.

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Cagliari-Roma, le ultimissime dall’Unipol Domus: Borrelli e Ferguson guidano gli attacchi di Pisacane e Gasperini

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Alle ore 15:00 andrà in scena la sfida pomeridiana tra Cagliari e Roma all’Unipol Domus. Un incrocio tra ambizioni salvezza e vertice della classifica.

CagliariRoma sarà il match del pomeriggio di questa domenica di serie A, che sta vivendo un turno suddiviso su tre giorni e che si concluderà domani.

I padroni di casa hanno raccolto finora 11 punti, e per ora sono fuori dalla zona retrocessione, e ambiscono a tenere a distanza le inseguitrici.

Dal lato capitolino, invece, attualmente la classifica dice quarto posto con 27 punti, frutto di nove vittorie e quattro sconfitte.

Ultime Cagliari

Dopo la parentesi Coppa Italia, Pisacane torna a puntare sui titolarissimi.

Perciò Caprile difenderà i pali, con Zappa, Deiola e Luperto in difesa.

A centrocampo agiranno Palestra, Adopo, Liteta, Folorunsho e Obert, mentre in attacco Esposito affiancherà Borrelli.

Ultime Roma

Gasperini non può concedere cali di tensione ai suoi, soprattutto alla luce del risultato di ieri dell’Inter, che è scattato a +3 sui giallorossi, in attesa degli impegni di Napoli e Milan.

La settimana che va ad iniziare sarà caratterizzata dall’impegno in Europa League contro il Celtic, ma all’Unipol Domus sarà schierata la formazione migliore, senza calcoli.

L’unico dubbio riguarda l’attacco, con Ferguson che dovrebbe partire dal 1′, ma occhio a Dybala e Baldanzi, nel caso si dovesse puntare sull’attacco leggero.

Probabili formazioni

Cagliari (3-5-2): Caprile; Zappa, Deiola, Luperto; Palestra, Adopo, Liteta, Folorunsho, Obert; S.Esposito, Borrelli. Allenatore: Fabio Pisacane

Roma (3-4-2-1): Svilar; Mancini, N’Dicka, Hermoso; Celik, Cristante, Kone, Tsimikas; Soule, Pellegrini; Ferguson. Allenatore: Gian Piero Gasperini

La squadra arbitrale

Arbitro: Zufferli

Assistenti: Tegoni – Fontemurato

Quarto ufficiale: Di Marco

Var: Guida

AVar: Pezzuto

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Fiorentina, Goretti: “Non siamo squadra. I tifosi sono venuti a Reggio Emilia, noi no”

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Roberto Goretti commenta a DAZN e in conferenza stampa la sconfitta della Fiorentina contro il Sassuolo, analizzando uno dei momenti più difficili della storia recente viola.

Roberto Goretti ha parlato ai microfoni di DAZN dopo Sassuolo-Fiorentina, analizzando uno dei momenti più bui e delicati della squadra viola nelle ultime settimane.

Sul momento buio:

“C’è una presa di coscienza ancora più forte della situazione – ha spiegato Vanoli –. Dopo Bergamo la società ha chiamato i nostri tifosi, ma noi no. Abbiamo dimenticato di venire in Reggio Emilia e dimostrato che non siamo squadra. Ci sono aspetti positivi, ma oggi questo non è successo. Se non si trova la chiave emotiva per risolvere il blackout, continueremo a partire male, e questo non va bene”.

Sulla partenza positiva e la mancanza di fiducia:

“Se non c’è fiducia tra compagni, collaborazione e aiuto reciproco, diventa chiaramente una situazione difficile. Bisogna ritrovare le piccole cose che, messe tutte insieme, sono determinanti. E’ ora passata di farlo”.

Fiorentina, le parole di Goretti in conferenza stampa

Momento della squadra.

“Nelle ultime partite credo di aver visto dei passi in avanti, oggi siamo tornati indietro. ogni palla buttata in area di rigore dimostrano che non c’è una sufficiente connessione e un grado di fiducia tra i giocatori, e questo dimostra che siamo obbligati a trovarla in una situazione che è difficile, molto difficile, ma è vietato mollare, è vietato cedere terreno, ma è vietato retrocedere”.

Vanoli.

“Chi fa un’analisi con un giusto spirito critico è ben accetto sempre. Più volte bisogna prendere decisioni anche drastiche, a volte decise, bisogna capire la situazione, , bisogna essere realisti e bisogna agire”.

Rigore contestato da Kean e Mandragora.

“Questa è una cosa che non mi piace e non è neanche la prima volta che la facciamo, quindi non mi piace doppiamente”.

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