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Napoli, é nella sofferenza che si forgia la Grandezza

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Napoli

Il Napoli lotta all’Etihad ma cade contro il Manchester City in inferiorità numerica: Politano simbolo di sacrificio, De Bruyne applauditissimo al ritorno da ex.

Il debutto in Champions League non porta punti al Napoli, che cade all’Etihad Stadium contro il Manchester City. Ma al di là del risultato, la squadra di Antonio Conte mostra qualità, spirito e compattezza: segnali che danno fiducia per il cammino europeo e non solo.

Napoli, trasposizione della ‘Garra Contiana’

La gara si complica presto: al 20’ l’espulsione di Giovanni Di Lorenzo per fallo da ultimo uomo su Haaland lascia gli azzurri in dieci uomini per oltre settanta minuti. Giocare contro la squadra di Pep Guardiola è già una montagna da scalare, farlo in inferiorità numerica rende tutto ancora più proibitivo.

Eppure il Napoli non si arrende. Nel primo tempo va vicino al vantaggio con un colpo di testa di Beukema, mentre in difesa brilla l’instancabile Matteo Politano. L’esterno salva un gol sulla linea, incita i compagni, corre senza sosta, recupera palloni e dà peso anche in fase offensiva: un esempio di sacrificio e resilenza che trascina in campo, interpretando perfettamente il ruolo di figlio prediletto del calcio di Conte.

L’episodio simbolico arriva con la sostituzione di Kevin De Bruyne. Tornato da ex all’Etihad con la maglia del Napoli e accolto dal tributo dei suoi vecchi tifosi con lo striscione “King Kevin”, il belga accetta senza polemiche la scelta di Conte, che lo richiama in panchina per riequilibrare la squadra dopo il rosso a Di Lorenzo. Una decisione dura, ma accolta con maturità: il campione esce tra gli applausi, mettendo la squadra davanti al proprio orgoglio.

Napoli

LA GRINTA DI KEVIN DE BRUYNE ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Con il passare dei minuti, il City sfrutta la superiorità numerica. Haaland impone la sua fisicità e Doku illumina la serata con una giocata da talento generazionale che entra di diritto negli annali della Champions League. Ma Partenopei restano in partita fino alla fine, mostrando solidità, compattezza e coraggio.

Nel post-partita Conte parla di “scherzi del destino”, pensando a De Bruyne; il ritorno nel suo stadio e la sostituzione forzata già a metà primo tempo. Un episodio che racconta bene il senso amaro della serata.

Il messaggio, però, è chiaro: è nella sofferenza che si diventa una vera squadra. Il Napoli lo dimostra, restando unito anche all’inferno dell’Etihad e confermando la propria identità.

Non è solo la tattica a fare la differenza, ma la voglia di non mollare mai: il Napoli, ridotto in dieci, gioca come se fosse in undici nello spirito. Nel momento più difficile, quello del dolore e dell’espulsione, la squadra trova compattezza. Nei dettagli – tra un salvataggio sulla linea, l’affiatamento tra compagni, una ripartenza e l’amore per la maglia – emerge la stoffa di un gruppo che vuole diventare grande.

Focus

Da Mbappé a Haaland: 2025 a suon di gol!

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Real Madrid

Si chiude il 2025 calcistico nei top 5 campionati europei. Andiamo a vedere i bomber più prolifici nell’anno solare appena trascorso. Guida la classifica Kylian Mbappé del Real Madrid.

I bomber della stagione 2025 nei campionati

Seppur privo di trofei rilevanti conquistati, il primo anno di Kylian Mbappè al Real Madrid è stato da incorniciare, almeno dal punto di vista individuale. L’asso francese ha chiuso l’anno solare eguagliando il record di gol in tutte le competizioni in un anno in maglia Blancos di Cristiano Ronaldo, a quota 59 reti.

Considerando solo i gol realizzati nel solo campionato, il numero 10 del Madrid ha chiuso la stagione con 39 centri in 36 gare di Liga. Di seguito la classifica completa, di gol realizzati nei top 5 campionati europei nell’anno solare:

  1. Mbappé, 39 goal in 36 partite
  2. Kane, 31 goal in 33 partite
  3. Haaland, 27 goal in 29 partite
  4. Greenwood, 22 goal in 34 partite
  5. Guirassy, 20 goal in 32 partite
  6. Lewandowski, 19 goal in 29 partite
  7. Alvarez, 19 goal in 37 partite
  8. Ferran Torres, 18 goal in 31 partite
  9. Schick, 18 goal in 31 partite
  10. Lepaul, 17 goal in 33 partite
  11. Budimir, 17 goal in 36 partite
  12. Mateta, 17 goal in 36 partite
Inter

LAUTARO MARTINEZ ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Serie A, abbiamo un problema

Come si evince da questa classifica, nessuno dei primi 12 cannonieri nei top 5 campionati europei gioca in Serie A. Sostanzialmente in Italia i grandi bomber si sono estinti. Si dice spesso di quanto la Serie A sia un campionato tattico, in cui è difficile segnare, e in cui faticano specialmente le punte straniere ad ambientarsi. Basta prendere ad esempio il caso di Artem Dovbyk, arrivato alla Roma dal Girona con il titolo di capocannoniere della Liga, e capace di segnare appena 8 gol in un anno intero di Serie A.

Per inserire i primi giocatori che militano in Italia in questa classifica, ovvero chi ha segnato più gol in Serie A, Riccardo Orsolini e Lautaro Martinez entrambi a quota 15 centri, bisognerebbe scendere fino alla 21esima posizione. Un confronto abbastanza impietoso, che fotografa bene, quello che sta vivendo il calcio in Italia. Meno campioni, meno giocate, e meno gol. In generale si può dire che l’epoca dei grandi bomber di una quindicina d’anni fa, capaci di segnare almeno in 4 /5 più di 20 gol a campionato, sia un lontano ricordo.

 

 

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Napoli, accadde oggi: Raspadori beffa il Venezia

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Napoli

Oggi, 1 anno fa, il Napoli ospitava il Venezia per la 18a giornata della Serie A 2024/25. Una delle tante partite decise da Raspadori entrando dalla panchina.

Giacomo Raspadori è conosciuto a Napoli per essere l’uomo dei gol importanti. Vengono in mente alcuni dei suoi gol nella stagione del terzo Scudetto, come quelli in extremis contro Spezia e Juventus.

Tuttavia ha segnato diversi gol importanti anche nella stagione del quarto Scudetto, come quello in casa contro il Venezia. Un gol che sarà importante anche per il suo futuro con i Partenopei.

Napoli-Venezia, 29 dicembre 2024

Napoli

ANTONIO CONTE SORRIDENTE ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

La squadra di Conte è alla ricerca della terza vittoria consecutiva in campionato, e vuole superare l’Atalanta capolista. Il Venezia, invece, si trova al penultimo posto in classifica ma ha ottenuto 5 punti nelle ultime tre partite.

Conte schiera per la prima volta contemporaneamente dal primo minuto Kvaratskhelia e Neres, che affiancano Lukaku in attacco. Di Francesco, invece, lascia Pohjanpalo in panchina, affidandosi alla coppia d’attacco Yeboah-Oristanio.

I primi 15 minuti, vedono i padroni di casa rendersi più pericolosi in attacco. Dopo 20 minuti, anche il Venezia va vicino al gol con un tiro di Yeboah, parato da Meret.

A pochi minuti dall’intervallo la squadra di Conte riesce ad ottenere un calcio di rigore per un fallo di mano di Idzes: tuttavia, Stankovic para il tiro dal dischetto di Lukaku. Pochi minuti dopo, Anguissa riceve palla da Kvaratskhelia, e si trova davanti a Stankovic: ma il tiro del camerunense finisce alto.

Il secondo tempo inizia senza particolari emozioni, e con qualche errore nei passaggi da entrambe le parti. La prima vera occasione del secondo tempo capita al minuto 64, con Lukaku che entra in area di rigore con un tunnel, ma il suo tiro viene deviato da Stankovic, finendo sul palo.

A 20 minuti dal novantesimo, Conte fa entrare Raspadori dalla panchina, togliendo Anguissa. 9 minuti dopo il suo ingresso in campo, l’ex attaccante del Sassuolo segna il gol che decide la partita: cross basso di Neres deviato da Candela, la palla arriva a Raspadori che tira di prima intenzione, battendo Stankovic, e facendo esplodere di gioia il Maradona.

Con questa vittoria, la squadra Partenopea mette uno dei primi mattoncini per la vittoria del quarto Scudetto. Ma è una vittoria decisiva anche per Raspadori. Prima della partita le probabilità di una sua cessione a gennaio erano molto alte: la vittoria contro il Venezia farà cambiare idea a Conte.

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Lazar Samardžić, è stata tutta un’illusione?

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Lazio

Occasione fallita contro l’Inter e un’altra prova opaca: Samardžić continua a deludere. Il talento c’è, ma il salto di qualità non arriva.

L’Atalanta è caduta ancora, questa volta contro un’Inter che per larghi tratti della gara ha dominato e che ha saputo sfruttare l’errore madornale di Berat Djimsiti per portare a casa i tre punti. La Dea, però, ha avuto l’occasione per pareggiare il match. Un’occasione enorme, capitata sui piedi di Lazar Samardžić, che però è arrivato sul pallone con troppa sufficienza, calciandolo clamorosamente fuori.

Ancora una volta, il serbo non è riuscito a incidere. Ancora una volta non ha dato alla squadra quel cambio di passo che ci si aspetterebbe da un giocatore con le sue qualità. È all’Atalanta da un anno e mezzo, ma le sue prestazioni davvero di alto livello si contano sulle dita di una mano. 

Non è mai riuscito a conquistare la titolarità né con Gasperini, né con Jurić, né ora con Raffaele Palladino. Un dato che pesa, soprattutto se si guarda alle aspettative che lo accompagnavano.

Samardžić

Lazar Samardzic player of Udinese, during the match of the Italian Serie A seriea between Napoli vs Udinese final result, Napli 2, Udinese 1, match played at the Diego Armando Maradona stadium.

Samardžić, un talento fragile

Il paradosso è evidente. Solo un paio di stagioni fa Samardžić era uno dei centrocampisti più corteggiati della Serie A: l’Inter lo aveva praticamente acquistato nell’estate 2023, salvo poi fare marcia indietro per le richieste del padre, mentre il Napoli lo ha inseguito a lungo nel gennaio 2024. Alla fine è stata l’Atalanta a spuntarla, con molti convinti che il contesto bergamasco fosse quello ideale per la sua definitiva esplosione.

Finora, però, il talento si è visto solo a sprazzi. E non è una novità: già all’Udinese Samardžić alternava lampi a lunghe pause e veniva spesso relegato in panchina anche per una certa indolenza in fase difensiva, un limite che in Italia difficilmente viene perdonato. Ma il problema sembra più profondo: manca lo step mentale, la leadership, la personalità per diventare davvero decisivo. È troppo incostante.

Non è un caso che ora l’Atalanta stia valutando anche una sua cessione, con Fiorentina e Lazio che hanno già chiesto informazioni. Samardžić ha solo 23 anni e tutto il tempo per imporsi, ma il tempo, nel calcio, corre veloce. 

Qualche anno fa in molti avrebbero scommesso su di lui in un top club europeo; oggi resta la sensazione di trovarsi davanti all’ennesimo “what if”. 

Che sia a Bergamo o altrove, ora serve una svolta per dimostrare che non è stata solo un’illusione.

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