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Lecce, riecco Di Francesco: l’ultima con i Salentini

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Dopo quasi 14 anni, Eusebio Di Francesco torna ad allenare il Lecce. Ma come andò la sua breve esperienza alla guida del club Salentino? Riuscirà a riscattarsi?

3 dicembre 2011: questa è la data dell’ultima partita da allenatore del club pugliese di Eusebio Di Francesco. Dopo quasi 14 anni l’ex allenatore della Roma e del Sassuolo, torna a sedersi sulla panchina dei Salentini.

Andiamo, dunque, a rivedere come andò la breve esperienza di Di Francesco alla guida del club pugliese.

Lecce, la breve esperienza di Di Francesco nel 2011

Lecce

EUSEBIO DI FRANCESCO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Di Francesco diventa il nuovo allenatore del club pugliese il 24 giugno 2011, risolvendo il contratto con il Pescara. Dopo alcune amichevoli, l’esordio ufficiale avviene il 21 agosto 2011 in casa contro il Crotone in Coppa Italia. Gli ospiti passano il turno vincendo 0-2.

L’esordio in campionato avviene l’11 settembre 2011 sempre in casa contro l’Udinese di Guidolin. Anche in questo caso, però, arriva una sconfitta interna per 0-2.

Una settimana dopo, Di Francesco trova la sua prima vittoria sulla panchina dei Salentini: uno 0-2 esterno contro il Bologna grazie alle reti di Giacomazzi (37′) e Grossmuller (60′). Dopodiché, però, arrivano tre sconfitte consecutive contro Atalanta (1-2), Siena (3-0) e Cagliari (0-2): la striscia viene interrotta da uno 0-0 esterno con il Genoa.

Il 23 ottobre 2011 il Lecce ospita il Milan e chiude il primo tempo in vantaggio per 3-0 grazie alle reti di Giacomazzi (4′), Oddo su rigore (30′) e Grossmuller (37′). Nella ripresa, però, i rossoneri riescono clamorosamente a ribaltare la partita, vincendo 3-4. Il protagonista della gara è Kevin Prince-Boateng che entra dalla panchina e segna una tripletta.

Dopo una sconfitta contro il Palermo (2-0) e un pareggio con il Novara (1-1), la squadra di Di Francesco torna alla vittoria il 6 novembre 2011, in trasferta con il Cesena. Finisce 0-1 grazie al gol di un giovane Juan Cuadrado (55′).

Poi però, arrivano altre tre sconfitte contro Roma (2-1), Catania (0-1) e Napoli (4-2). La sconfitta al San Paolo del 3 dicembre 2011 si rivelerà fatale per Di Francesco che, la sera dopo, viene esonerato e sostituito da Serse Cosmi.

Riuscirà a riscattarsi questa volta?

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Roma, qualcosa si è inceppato: ora il Celtic per ripartire

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Roma

Nella sconfitta contro il Cagliari la Roma è sembrata sterile ed affaticata. Ora contro gli scozzesi arriva l’occasione per ritrovare certezze.

Nella sconfitta contro il Cagliari per 1-0 la Roma è sembrata troppo brutta per essere quella che fino ad un paio di settimane fa era in cima alla classifica.

Gasperini aveva avvisato: la sconfitta di Cagliari evidenzia una Roma in affanno

Il risultato maturato all’Unipol Domus Arena ha mostrato una squadra spenta, senza idee chiare dal punto di vista offensivo e, soprattutto, in deficit dal punto di vista fisico. Eppure il campanello d’allarme l’aveva lanciato proprio Gian Piero Gasperini nella conferenza alla vigilia della trasferta in terra sarda.

Il tecnico dei giallorossi aveva parlato di molti giocatori acciaccati e con problemi fisici piccoli ma pur sempre fastidiosi. In tal senso la prova della Roma a Cagliari ha supportato le parole dell’allenatore. I rossoblù sono sembrati andare il doppio rispetto alla formazione romanista, e ciò si è visto soprattutto sulle seconde palle e sui duelli fisici in cui quasi sempre la squadra di Pisacane ha avuto la meglio.

Il centrocampo romanista è sembrato imballato nelle gambe e nelle idee. Cristante, fin ad ora uno dei migliori della Roma, è sembrato poco lucido nella testa e nelle gambe, e Konè ha girato a vuoto perdendo tanti duelli con Folorunsho. Ciò ha avuto ripercussioni inevitabili anche in difesa, con Mancini e N’Dicka, appannati e sempre costretti a correre all’indietro in copertura, e in avanti, con un Pellegrini impalpabile ed un Baldanzi che ha fatto quello che poteva contro la fisicità dei centrali del Cagliari.

L’unico che è sembrato più in palla rispetto ai compagni è stato Soulè, che ha provato a saltare l’uomo sulla destra e a creare qualche pericolo offensivo, ma senza successo.

MATIAS SOULE E PAULO DYBALA ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Anche nella sconfitta contro il Napoli la squadra era sembrata molto più appannata rispetto alle ultime uscite. Seppur la gara contro gli uomini di Conte è stata decisa, di fatto, da un contropiede concretizzato della squadra azzurra, nel big match dell’Olimpico la Roma era sembrata a corto di idee e con le gambe pesanti. O forse sono proprio le gambe pesanti ad incidere in questo momento sulla manovra offensiva giallorossa, incapace di creare pericoli concreti se non con un tiro di Baldanzi negli ultimi minuti di gara.

L’attacco della Roma continua ad essere sterile, ma adesso il problema vero per la Roma sembra quello di non riuscire ad arrivare nemmeno a concludere verso la porta. Prima Ferguson, poi Dybala, e alla fine Baldanzi: nessuno di questi tre sembra avere la condizione per poter incidere. Vero, ognuno ha le sue caratteristiche, come dice Gasperini, ma in questo momento chiunque occupi la posizione di centravanti sembra girare a vuoto.

Contro il Celtic per ritrovare la vittoria

Due sconfitte consecutive in campionato, due gol subiti e zero reti segnate. Due indizi preoccupanti, ma non ancora una prova schiacciante. Nella trasferta di Glasgow di Europa League contro il Celtic la Roma ha l’occasione per rialzare subito la testa e ritrovare le certezze di questi primi tre mesi di stagione.

Una vittoria sarebbe ossigeno puro per i giallorossi per preparare al meglio il doppio impegno di campionato contro il Como prima e contro la Juventus dopo e continuare la corsa per la Champions. Gasperini vuole ritrovare freschezza ed entusiasmo per ripartire e mettersi alle spalle queste due battute d’arresto.

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Focus Mondiale, quando il calcio sparisce dal palco

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L’altro ieri il sorteggio per il Mondiale USA 2026 si è trasformato in un cabaret surreale, un misto tra show televisivo e parodia involontaria.

Sketch senza senso, momenti vuoti e applausi programmati hanno preso il posto del calcio. E noi, spettatori attoniti, abbiamo guardato senza capire se ridere o piangere.

Sul palco, il presidente Donald Trump ha ricevuto il “FIFA Peace Prize”, autoproclamandosi destinatario di uno dei massimi onori della sua vita. Tra elenchi di successi diplomatici e militari, paesi citati a caso come Congo, India e Pakistan e ringraziamenti alla famiglia, alla First Lady e a Gianni Infantino, il discorso si è trasformato in un’autocelebrazione senza freni. I social, prevedibilmente, si sono scatenati tra ironia e critica: parole lunghe, vuote e totalmente scollegate dalla realtà.

A chiudere lo spettacolo, i Village People con l’iconica “YMCA”, simbolo anche della campagna elettorale di Trump, hanno aggiunto un tocco surreale a una cerimonia già sospesa tra incredulità e grottesco. L’impressione netta è stata quella di un evento costruito per il marketing e l’intrattenimento, dove il calcio e lo sport sono diventati accessori di un teatrino senza sostanza.

Il vuoto del gesto è evidente: Trump con una medaglia della pace autoinventata, Infantino che proclama la FIFA portatrice di felicità da quasi un secolo, come se scandali e corruzione potessero essere cancellati da slogan superficiali. La forma schiaccia la sostanza, il simbolo vale più dei fatti, l’apparire supera l’essere.

Ed è qui che emerge il problema più grande: una società che applaude il nulla, che consuma il vuoto come intrattenimento e ha smesso di interrogarsi, di distinguere tra ciò che conta e ciò che è costruito per ingannare gli occhi. Il calcio diventa solo il riflesso di un mondo dove le parole non hanno più senso, dove il pensiero critico è stato sostituito dall’abitudine a osservare senza giudicare, a consumare senza riflettere.

Abbiamo smesso di indignarci. Abbiamo smesso di chiedere conto dei gesti e delle parole. Ci hanno abituati al vuoto, e oggi il vuoto basta.

Mondiale

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Lazio, servono i gol del Taty: l’ultimo risale a…

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La Lazio sta mantenendo un’ottima costanza nei risultati ma è tempo di fare uno step ulteriore, per puntare concretamente a traguardi prestigiosi.

Uno dei potenziali artefici di un’eventuale impresa è il Valentin Taty Castellanos, che ha saltato gran parte della prima parte di stagione causa infortunio.

Lazio, Sarri ha bisogno del Taty: l’importanza del bomber argentino

Per i biancocelesti il momento è positivo, soprattutto dopo il passaggio del turno in Coppa Italia ai quarti di finale, visto anche il buon trend registrato aldilà delle sconfitte con MilanInter. La squadra però ha già rialzato la testa, riscattandosi in parte contro i rossoneri di Allegri, e contro il Bologna l’obiettivo è accorciare ulteriormente la distanza dal treno Europa.

Per raggiungere questi obiettivi però serviranno anche e soprattutto i gol di Castellanos, miglior marcatore della scorsa stagione della Lazio con 14 gol tra tutte le competizioni. Durante il campionato in corso invece ha gonfiato la rete solo 2 volte ma è stato anche costretto a saltare sei partite (contro AtalantaJuventusPisaCagliariInter e Lecce) per un problema al bicipite femorale.

In questo senso l’attacco biancoceleste ne ha risentito andando in rete per 5 volte in tutti questi match e il ritorno di Castellanos potrebbe risolvere parte dei problemi offensivi. Le ultime annate hanno dimostrato l’importanza di un attaccante del suo calibro, che da quando frequenta Formello ha messo la firma su 22 gol 16 assist in 94 partite tra tutte le competizioni. L’ultimo risale a Genoa-Lazio 0-3 della 5° giornata (29 settembre).

Ritrovarlo come uomo decisivo già in questa giornata sarebbe fondamentale per Sarri, che sta affrontando una stagione tra mille difficoltà e spera di poter compiere un miracolo sportivo raggiungendo almeno una coppa europea.

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PAVLOVIC E CASTELLANOS ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

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