Focus
Italia-Brasile 1970: quando Pele impressionò il mondo intero
Esattamente 55 anni fa, il 21 giugno 1970, andava in scena la finale del Mondiale in Messico, in cui l’Italia di Valcareggi impattava sulla compagine verdeoro.
La spedizione italiana arrivava all’ultimo atto della manifestazione internazionale dopo la splendida partita contro la Germania, in semifinale, ribattezzata poi come la “partita del secolo”.

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Italia-Brasile: la finale
La Seleçao del tecnico Zagallo era una squadra stellare. Comprendeva infatti campioni del calibro di Carlos Alberto, Rivelino e Jairzinho, oltre a uno dei più forti di tutti i tempi, Pele. Gli Azzurri potevano contare su una formazione di tutto rispetto, con Boninsegna e Riva in attacco, ma oggettivamente inferiori.
L’Italia di Valcareggi schierava: Albertosi, Burgnich, Facchetti, M. Bertini, Rosato, Cera, Domenghini, A. Mazzola, Boninsegna, De Sisti, Riva.
La formazione verdeoro rispondeva con: Felix, Carlos Alberto, Everaldo, Clodoaldo, Piazza, Brito, Jairzinho, Gerson, Tostão, Pelé, Rivelino.
Il primo tempo allo Stadio Azteca di Città del Messico fu abbastanza equilibrato con O’Rey a portare in vantaggio i verdeoro al 18′, svettando di testa dopo un cross arrivato da sinistra con il mancino da parte di Rivelino. Tuttavia gli Azzurri la pareggiavano con Boninsegna al 37′ dopo un pasticcio difensivo del Brasile. Felix veniva anticipato fuori area da un compagno e l’attaccante infilava così con il mancino il gol dell’1-1 a porta vuota.
Nella ripresa la Seleçao dilagava, dominando la partita grazie al proprio tasso tecnico, decisamente superiore a quello degli Azzurri. Al 66′ un tiro da fuori area di Gerson fulminò Albertosi.
Solo applausi per il centrocampista, che saltava un avversario con un numero e scagliava un sinistro nell’angolo alto alla sinistra dell’estremo difensore dell’Italia. Il tris arrivava poi al 71esimo con Jairzinho, che da pochi passi sfruttava una torre di Pelé e metteva dentro il momentaneo 3-1. Infine chiudeva i giochi Carlos Alberto all’86’, suggellando una prestazioni quasi perfetta su suggerimento del solito Pelé. Il Brasile diventava meritatamente campione del mondo.
Le polemiche post finale
Di quella partita non venne discusso il risultato. La squadra verdeoro era fortissimo. Polemiche ci furono per la decisione da parte di Valcareggi su Gianni Rivera. Il giocatore del Milan – eroe della partita con la Germania – giocò solo i sei minuti finali, entrando al posto di Mazzola.
Nel Belpaese scoppiò un autentico finimondo. Al ritorno degli azzurri in Italia uno degli slogan dei tifosi (che all’aeroporto travolsero il servizio d’ordine) fu: “W Rivera, Mandelli in galera”. Inneggiavano contro Mandelli, capo delegazione della Nazionale e presidente del settore Tecnico di Coverciano. A lui veniva imputato il fatto di aver ispirato la decisione di lasciar fuori Rivera contro il Brasile.
Valcareggi invece in realtà commentando i sei minuti di Rivera disse: “Ho rinviato di minuto in minuto l’inserimento di Rivera perché avevo non solo Bertini con un leggero stiramento inguinale, ma anche Cera che stava male. Se avessi anticipato il secondo cambio, avrei rischiato di restare in dieci”.
Alla fine però rimane una bella cavalcata italiana, conclusa contro una corazzata quasi imbattibile.
Focus
Inter, il futuro di Akinsanmiro: basta un milione per riportarlo a Milano
Akinsanmiro stupisce al Pisa e torna nei piani dell’Inter: grazie alla clausola di recompra da 1 milione i nerazzurri possono riportarlo subito a Milano.
Stankovic, Pio Esposito e suo fratello Sebastiano sono solo alcuni dei maggiori talenti usciti dalle giovanili dell’Inter, settore di cui oggi la società di via della Liberazione va particolarmente fiera. Ovviamente, l’unico che gioca stabilmente nella squadra in cui è cresciuto è il più piccolo della famiglia Esposito, Pio, che — a differenza di suo fratello Sebastiano, oggi al Cagliari — ha concluso la classica trafila di prestiti nella scorsa stagione allo Spezia.
Tuttavia, non si può dire lo stesso dell’altro giocatore citato. Pur essendo attualmente in Belgio, Stankovic continua a vestire una maglia nerazzurra, quella del Club Brugge, anche se è dei tre quello più lontano: per riportarlo a Milano, infatti, l’Inter dovrebbe versare i 15 milioni previsti dalla clausola di recompra, inserita nella trattativa con il club vicecampione del Belgio.
Non è però l’unico giocatore con un passato interista ad avere una clausola simile, e che — guarda caso — ha cambiato città, ma non colori. Il nome in questione è quello di Ebenezer Akinsanmiro, centrocampista nigeriano arrivato nel 2023 alla corte nerazzurra e oggi in forza al Pisa. Come per Stankovic, anche sul suo contratto è presente una clausola che permetterebbe all’Inter di riportarlo a Milano senza ulteriori trattative; ma, a differenza del figlio d’arte, la cifra è notevolmente più bassa, rendendo il tutto più realistico.
La questione Stankovic
Tuttavia, anche nel caso di Stankovic si tratta di un’operazione tutt’altro che sconveniente: il giocatore, che non avrebbe trovato spazio — o almeno non quanto nella scorsa stagione al Lucerna, dove aveva collezionato 38 presenze, segnato tre gol e fornito due assist — è stato ceduto a una squadra dove certamente avrebbe avuto modo di giocare. Ma il Club Brugge non avrebbe agito “pro bono” per l’Inter senza nulla in cambio. Ecco perché, ai 10 milioni incassati dai nerazzurri, la dirigenza guidata da Giuseppe Marotta ha deciso di aggiungere una clausola di recompra da 25 milioni: da un lato testimonianza del grande valore del giocatore cresciuto sotto la guida di Christian Chivu, dall’altro segnale che l’Inter, pagando 25 milioni, riacquisterebbe un profilo molto più maturo e con esperienza accumulata anche su palcoscenici importanti, al prezzo di 15 milioni di euro, cifra più bassa di quella che potrebbe diventare la sua valutazione da qui a qualche mese.
Inter, cosa fare con Akinsanmiro
La società nerazzurra sarebbe rimasta molto soddisfatta dell’apporto dato alla causa del Pisa dal suo giovane talento, un fattore che di fatto lo avrebbe riportato al centro dei piani dell’Inter per il futuro. Il giocatore, infatti — per il quale, ricordiamo, basterebbe versare solo un milione per riaverlo — ha già praticamente sextuplicato il valore dell’investimento che l’Inter dovrebbe sostenere per riportarlo a Milano.
L’Inter comunque non si è fatta cogliere alla sprovvista. Durante l’ultima finestra di mercato, quando si è seduta al tavolo con la dirigenza del Pisa, avrebbe deciso di impostare la trattativa nel seguente modo, come raccontato anche da Calciomercato.com: il giocatore sarebbe passato al Pisa in prestito oneroso, con una opzione di riscatto a 7 milioni.
E allora perché l’Inter può riprendere totalmente possesso del suo giocatore — dato che, di fatto, lo è ancora — per soltanto un milione?
La risposta risiede nella clausola di recompra, in pieno stile Real Madrid, una tutela fondamentale per i grandi club che, spesso impegnati in progetti ambiziosi, rischiano di lasciarsi sfuggire i migliori talenti cresciuti nel loro settore giovanile. Una clausola che, in questo caso, permetterebbe — come già detto — di riacquistare il giocatore tramite un controriscatto da un milione di euro.

LAUTARO MARTINEZ PENSA ALLA CHAMPIONS LEAGUE ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Focus
Arbitri, VAR e polemiche: Un problema creato dal sistema
Arbitri e VAR sono al centro di molte discussioni nel calcio italiano. Ogni giornata porta nuovi dubbi e polemiche sulle decisioni in campo, che spesso finiscono sotto la lente dei media e dei tifosi.

Il problema non riguarda solo gli arbitri: anche il sistema in cui operano influisce sulle scelte. Il VAR è arrivato con la promessa di maggiore chiarezza, ma non sempre riesce a evitare gli errori o a spiegare le decisioni in modo trasparente.
Quando le situazioni restano controverse, spesso le responsabilità sembrano sfumare tra arbitri e tecnologia.
In altri Paesi, gli arbitri forniscono spiegazioni ufficiali dopo le partita; in Italia, invece, la comunicazione resta limitata. Questo contribuisce a creare incertezza e sospetti tra tifosi e addetti ai lavori. Gli arbitri italiani affrontano una pressione costante e, talvolta, questo si riflette nelle decisioni prese in campo.
Var, cambiamento a fuoco lento
Un esempio recente arriva dalla partita Lazio–Milan a San Siro. Nei minuti di recupero, il VAR ha richiamato l’arbitro Collu al monitor per valutare un possibile rigore per la Lazio, dopo un tocco di braccio di Pavlovic che inizialmente era stato ignorato. Dopo l’on‑field review, l’arbitro ha deciso di non concedere il penalty, assegnando invece un calcio di punizione per fallo in attacco.
La scelta ha provocato proteste della Lazio, critiche diffuse sui media e la squadra biancoceleste ha anche saltato la conferenza stampa post‑gara, pubblicando immagini del replay sui social per contestare il verdetto. L’allenatore Maurizio Sarri ha poi suggerito di riposizionare le postazioni VAR lontano dalle panchine per ridurre tensioni e confusioni durante le partite.
Nonostante le critiche, ogni stagione vengono annunciate nuove iniziative per aumentare trasparenza e dialogi, ma i cambiamenti concreti sono spesso lenti o limitati. In sintesi, il dibattito sugli arbitri e sul VAR no riguarda solo singoli episodi: riflette questioni più ampie legate al sistema del calcio italiano, alla gestione della tecnologia e alla comunicazione con tifosi e media.
Focus
Il Milan di Modric: continuità e divertimento in campo
Benessere e divertimento, gli ingredienti del campione croato Modric: a 40 anni guida il Milan e trascina i compagni sotto la guida di Max Allegri.
In meno di sei mesi, Luka Modric ha già lasciato un’impronta indelebile sul Milan: regista completo, leader esperto e modello per i compagni e tifosi. Arrivato a parametro zero dal Real Madrid nell’estate 2025, con un bagaglio di esperienza e un palmares straordinario, l’ex Pallone d’Oro è entrato in punta di piedi e si è imposto subito con personalità dando ordine alla manovra rossonera.
A 40 anni compiuti a settembre, Modric è stato sempre titolare e costantemente decisivo. Nei primi 14 turni di Serie A, il rendimento del centrocampista croato non si limita solo alla gestione del pallone, ma coinvolge anche l’aspetto offensivo, con ben 300 passaggi riusciti, di cui 169 nella metà avversaria, 46 passaggi filtranti che hanno penetrato la retroguardia avversaria e 31 possessi guadagnati. Sul piano offensivo, ha realizzato un gol (contro il Bologna) e due assist (contro Lecce e Pisa), confermando il suo impatto a 360 gradi sul gioco della squadra.
Questi numeri dimostrano che Modric è il fulcro del gioco rossonero: è lui che detta i tempi, rompe le linee avversarie, recupera i palloni, andando oltre il ruolo tradizionale del regista. L’ex Galactico è un punto di riferimento per i compagni e il tecnico Massimiliano Allegri, che hanno subito percepito la sua influenza dentro e fuori dal campo.

MASSIMILIANO ALLEGRI FA IL SEGNO OK ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Le dichiarazioni di Modric durante i Gazzetta Awards
In un’intervista concessa alla Gazzetta dello Sport in occasione dei Gazzetta Sports Awards, Luka Modric ha raccontato il suo momento al Milan, sottolineando energia, concentrazione e piacere nel giocare. Il numero 14 rossonero ha spiegato di sentirsi in forma sia fisicamente sia mentalmente, di divertirsi in campo e di voler proseguire su questa strada.
Modric ha poi parlato del rapporto con Massimiliano Allegri, definendolo un grande allenatore e un vincente, e si è detto colpito dalla sua capacità di gestire lo spogliatoio e di trasmettere energie positive alla squadra, elementi che possono rendere il Milan credibile nella corsa allo scudetto.
Di seguito ecco un estratto della sua intervista:
Modric, come fa a quarant’anni a essere sempre così decisivo, ma soprattutto a giocare con questa continuità?
“Mi sento bene, fisicamente e psicologicamente, e mi piace quello che faccio. Voglio continuare così perché mi diverto. Tutto sta andando come volevo”.
Adesso con il Milan siete primi in classifica, in lotta per lo scudetto. Meglio di così…
“Secondo me stiamo facendo un buon lavoro e l’obiettivo è quello di non fermarsi anche se ci sono tante squadre che lottano per il primo posto. È dura, ma andiamo avanti. Con fiducia”.
A Milanello ha trovato Massimiliano Allegri. Qual è il suo rapporto con lui?
“È un grande allenatore, un vincente. Mi diverto a lavorare con lui e mi ha sorpreso per la sua personalità. Ha una grande capacità di creare un feeling con lo spogliatoio perché è abituato a gestire i grandi campioni: ti aiuta a dare il massimo e ti fa stare tranquillo così è più semplice fare quello che devi”.
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