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Genoa – Sampdoria: leggenda e dietrologia dello ‘striscione a testa in giù’

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Derby Genoa – Sampdoria: leggenda e dietrologia dello striscione a testa in giù, emblema di supremazia e rivalità tra tifoserie, che trascende il campo di gioco

Genoa – Sampdoria, il derby della lanterna e quell’aria pesante

L’eco degli scontri tra Genoa e Sampdoria risuonavano nell’aria già da tempo. Con le due fazioni rivali pronte a giocarsi la stracittadina non solo sul rettangolo di gioco, ma anche per le strade di Genova. Qui, la rivalità scorre di soppiatto, silenziosa tra i vicoli, pronta a esplodere nel giorno della partita. Dato che le due compagini non si affrontavano da anni, ci si aspettava uno scenario di forte tensione, che nell’arco della giornata è però degenerato, portando a circa 15 arresti tra genoani e doriani.

Il punto di non ritorno

Nei giorni scorsi, i tifosi rossoblù avrebbero sottratto degli striscioni alla tifoseria avversaria durante un blitz – se così può essere definito – nella sede degli Ultras Tito Cucchiaroni.

Climax di violenze

Il “bottino di guerra” è stato poi esibito durante il match, scatenando la furia dei tifosi genoani, che hanno risposto prontamente con contro-striscioni preparati per l’occasione.

Il tentativo della questura

La questura aveva cercato sin dall’inizio di impedire l’ingresso degli striscioni rubati, nel tentativo di evitare l’uso di materiale potenzialmente pericoloso, in grado di surriscaldare ulteriormente gli animi già ampiamente accesi.

Genoa – Sampdoria, le origini dello striscione a testa in giù

Esiste un codice non scritto delle frange più estremiste del tifo organizzato: il furto dello striscione della fazione avversaria rappresenta uno dei gesti più importanti e clamorosi. Tale gesto segna la “vittoria” sul campo di una determinata frangia a discapito di un’altra. Il vessillo avversario “rubato” esposto al contrario, costituisce a tutti gli effetti un bottino di guerra.

Il codice ultras

Negli anni ’80 e ’90, il fenomeno ultras in Italia raggiunse il massimo apice, trasformandosi in una sorta di culto urbano in cui il calcio diveniva identità, appartenenza e, soprattutto lotta. In questo mondo fatto di codici non scritti e valori propri, rubare una bandiera o uno striscione avversario significa molto più di una semplice bravata, una vera e propria dichiarazione di guerra, un trofeo che segna la superiorità di un gruppo sull’altro.

Ciò che è accaduto in Genoa – Sampdoria ne è la conferma. Come gli antichi guerrieri che si contendevano il dominio dei campi di battaglia, gli ultras si scontrano negli stadi e fuori da essi, su autostrade, nei pressi delle stazioni ferroviarie o negli autogrill. Ogni striscione rubato non rappresenta solo un pezzo di stoffa, ma l’essenza stessa, l’anima del gruppo avversario. Sottrarre quel vessillo significa infliggere un’umiliazione tale che, secondo il codice d’onore ultras, può portare allo scioglimento del gruppo sconfitto. Come accadeva per i guerrieri antichi, perdere la propria bandiera significava perdere il proprio onore.

Il vessillo rubato come bottino di guerra

Questa dinamica affonda le sue radici in antiche pratiche belliche. Già i Vichinghi, durante le loro incursioni in Europa, erano soliti rubare le bandiere nemiche e issarle a testa in giù, un chiaro segnale di scherno e sottomissione. Per loro, la bandiera rappresentava molto più di un semplice simbolo: era l’essenza stessa del nemico, un trofeo di guerra da esporre come segno di vittoria​.

genoa - sampdoria

Persino i Romani consideravano la perdita delle insegne legionarie una vergogna inaccettabile, lanciandosi in spedizioni disperate ai fini di riconquistarle

Nel mondo ultras, questi rituali guerrieri si ripetono acquisendo una simbologia che riporta alla mente antiche battaglie per il controllo dei territori. Sottrarre una bandiera, uno striscione, significa anche marcare il confine tra chi domina e chi viene sconfitto. La bandiera rovesciata diventa il segno tangibile di una vittoria morale, di un’umiliazione inflitta agli avversari.

Ciò che è accaduto in Genoa – Sampdoria è solo la punta di un iceberg. In un contesto fatto di simbologie e codici, la bandiera non è solo appartenenza, ma una vera e propria arma di guerra psicologica. E come in tutte le guerre, l’onore e la sopravvivenza del gruppo dipendono dalla capacità di difendere i propri colori e, quando possibile, sfilare quelli degli avversari.

 

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Aleksey Batrakov, il talento che ha stregato Barcellona e Psg!

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Barcellona

Il Lokomotiv Mosca vanta in rosa il giocatore più prezioso della Russian Premier League, ovvero Aleksey Batrakov. Barcellona, Psg e Porto hanno mostrato interesse.

Aleksey Batrakov è un trequartista classe 2005 del Lokomotiv Mosca. Vale 25 milioni di euro e, in 2 stagioni (sino ad ora) ha realizzato 60 presenze, 30 gol e 15 assist.

Un contributo offensivo che farebbe scalpore anche se si trattatasse di una punta, ma stiamo parlando di un trequartista di soli 20 anni.

La sua permanenza in Russia dalla prossima stagione appare improbabile, dato l’interesse di club come Barcellona, Psg e Porto.

Il giocatore ha un contratto che lo lega al club sino al 2029. A meno che non siano il giovane stesso e i propri agenti a spingere per una cessione, potrebbero essere necessari 30 milioni di euro o anche più per acquistarne le prestazioni.

Barcellona

Dal Barcellona al Psg, ma chi è Batrakov?

Il giocatore attualmente vanta 15 gol e 6 assist in 23 presenze. È il miglior marcatore del e il secondo miglior assistman in questa stagione del campionato russo.

È il calciatore con più tiri nello specchio della porta nel Lokomotiv Mosca (1.4), è quello che tenta più tiri a partita (2.8), quello che ha creato più occasioni importanti (9) e il primo per passaggi chiave nei 90 minuti (3.1 a partita).

Offensivamente è un gioiello assoluto, in ogni singolo aspetto possibile.

La sua qualità più distintiva è la capacità di arrivare in area di rigore al momento giusto. Ha l’istinto di un attaccante con l’intelligenza tecnica di un regista.

Supporta tanto l’attacco e torna anche indietro, si sacrifica per tentare di recuperare palla e far ripartire l’azione in attacco, spesso con lui a guidarla.

La sua intelligenza calcistica è eccezionale: interpreta gli spazi, anticipa le reazioni difensive e trova costantemente angolazioni che aprono percorsi di progressione per la sua squadra.

Davanti alla porta, mostra una calma e una precisione fuori dal comune per un giocatore della sua età.

Invece di forzare tiri dalla distanza (sebbene possa tirare anche da lontano con ottima precisione), cronometra le sue incursioni in area di rigore, concludendo con precisione e compostezza. I suoi movimenti gli permettono di aggirare i duelli fisici; segna evitando il contatto piuttosto che subendolo.

primo tocco preciso e un controllo eccellente negli spazi stretti. Pur non essendo un dribblatore naturale, il suo gioco di collegamento rapido e la capacità di combinare palla in spazi ristretti lo rendono molto efficace nelle zone d’attacco affollate.

La sua agilità, il suo equilibrio e la sua tecnica pulita gli garantiscono di perdere raramente il possesso palla sotto pressione.

Avrebbe le caratteristiche tecniche per giocare anche come seconda punta, ma al momento fisicamente sarebbe troppo faticoso per lui.

Alto 171cm e con un fisico ancora da dover irrobustire. In Russia potrebbe anche interpretarlo, ma nei top 5 campionati russi non sarebbero sufficienti le alte qualità tecniche per eludere i duelli avversari.

Una tappa intermedia sarebbe la più consigliata nel suo caso. Al Porto, con Farioli, potrebbe maturare molto e senza particolari pressioni.

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Torino, Vlasic finalmente decisivo: quanti gol quest’anno?

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Torino

La stagione del Torino sta vivendo di alti e bassi ma nell’ultimo match è tornato a incidere Vlasic. Di questo passo può superare il proprio record personale.

Nella vittoria contro la Cremonese per 1-0 è risultata decisiva la rete di Nikola Vlasic, sempre centrale nel progetto granata ma spesso sfortunato nonostante i bonus.

Torino, segna ancora Vlasic ma finalmente è decisivo

Quello che ha rappresentato e continua a rappresentare il fantasista serbo per la società granata è degno dei migliori veterani del calcio. Nonostante le poche stagioni effettive con la maglia del Toro (4 con quella corrente), ha collezionato quasi tutte le presenze disponibili, diventando sempre più idolo dei tifosi.

In totale sono 17 gol e 16 assist in 119 presenze totali, a dimostrazione delle fedeltà ma anche dell’integrità fisica di cui la società ha potuto godere in questi anni, inoltre ha conquistato anche la fascia da capitano.

Dal punto di vista del gioco poi Vlasic è sempre stato un fantasista fuori dagli schemi, capace di inventarsi una giocata dal nulla e mandare in porta un compagno o incidere in prima persona.

In questa stagione, prima della 15° giornata, aveva già messo il timbro contro Como Milan ma in entrambi i casi il risultato poi non è stato in favore del Torino. Stesso discorso per gli assist (2 fin qui), serviti contro Lecce e nuovamente rossoneri. Finalmente dunque, e per la prima volta in questa stagione, un suo contributo è risultato decisivo per portare a casa punti (3).

Grazie anche all’aiuto di Zapata, Vlasic è riuscito a sbloccare il risultato contro la Cremonese in una partita complicata dal punto di vista fisico ma poi diventata in discesa dopo il gol del vantaggio.

A oggi dunque sono 3 i gol stagionali in 15 partite, lo scorso anno ne segnò in 30 partite, quello precedente sempre 3 mentre al primo in granata raggiunse quota 5. Per questo motivo i presupposti per infrangere il record personale di reti in Serie A ci sono tutti, tanto dipenderà dalla bravura del giocatore ma anche dall’umore della squadra, spesso influenzato da Vlasic che è anche il capitano.

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NIKOLA VLASIC ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

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Fiorentina, è già finito il tempo di Gudmundsson: Gasperini osserva

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Fiorentina

 Roma valuta Albert Gudmundsson dalla Fiorentina: prestito secco possibile, con Inter e Juventus sullo sfondo per il centrocampista islandese.

Del brutto periodo che sta vivendo oggi la Fiorentina, anche i giocatori ne stanno risentendo, a partire dal vice-capocannoniere Moise Kean, passando per uno dei migliori portieri della scorsa stagione, come anche  dell’ultima decade, David De Gea, fino ad arrivare a Albert Gudmundsson, da cui ci si attendeva una stagione di rinascita e che invece, come il resto della squadra, sembra vivere una vera e propria ricaduta.

L’islandese, disponibile solo a tratti nella scorsa stagione tra infortuni e problemi fisici, sembrava poter diventare l’asso nella manica di Stefano Pioli, che già durante il precampionato lo aveva schierato alle spalle delle due punte, lasciandogli libertà di creare ed esprimere la sua fantasia.
All’inizio della stagione, però, i risultati e le prestazioni sul campo hanno deluso, stravolgendo le aspettative iniziali.

Da una Fiorentina in zona Champions, come nelle migliori ambizioni di Pioli, si è passati a una fase di forte difficoltà, fino a mettere in discussione lo stesso tecnico. Anche l’idea di un attacco a due punte, con Kean inamovibile e Džeko e Piccoli ad alternarsi, è stata progressivamente accantonata.
Alla fine, Pioli ha assecondato il volere dei tifosi, rispolverando lo schema visto ad agosto, ma i risultati sono rimasti deludenti, portando al sollevamento dall’incarico del tecnico.

Con l’arrivo di Vanoli, nonostante la vicinanza ai giocatori e la strategia di comunicazione adottata, le buone notizie sono state poche, con la prima vittoria arrivata solo in Conference League a un mese dalla nomina.

Fiorentina, il mercato è alle porte

La pausa natalizia sarà inevitabile per sedare gli animi, analizzare cosa non sta funzionando e valutare possibili interventi che, sfruttando il mercato, possano avere un effetto immediato sulla squadra.

Non significa necessariamente nuovi acquisti: la Fiorentina vive una situazione particolare, con giocatori che non si aspettavano di dover lottare per un posto in zona salvezza. La vera chiave di svolta potrebbe risiedere nelle cessioni, liberando il progetto da chi non si sente pronto a dare il massimo per la causa.

Uno dei nomi più importanti in questo senso è Albert Gudmundsson, che solo in alcuni momenti ha mostrato il suo talento, come ai tempi del Genoa. La dirigenza viola quindi starebbe valutando possibili acquirenti, con diversi club di Serie A già interessati.
La Roma di Gian Piero Gasperini sarebbe in pole position, pronta a proporre un prestito secco. È improbabile però che la Fiorentina possa accettare subito queste condizioni, ma la trattativa potrebbe aprire a scenari diversi.
Sullo sfondo restano anche Inter e Juventus, squadre che seguono da tempo il giocatore, sin dai tempi del Genoa.

il ruolo di Gudmundsson

Non c’è dubbio però che la prospettiva di vedere l’ex numero 10 del Genoa sotto la guida di un tecnico come Gasperini (che il Genoa lo conosce bene) alletti molto, e i motivi sono diversi. Innanzitutto, risponde all’esigenza che aveva portato ad accostare diversi nomi già in estate, come George del Chelsea, che seppur con doti differenti, avrebbe potuto idealmente ricoprire lo stesso ruolo dell’islandese. Cioè quello alle spalle della punta, nella zona opposta a Soulé, assolutamente inamovibile dato il periodo di forma nel sistema dei giallorossi.

In secondo luogo invece questa scelta potrebbe rappresentare l’ennesimo caso di giocatore rivitalizzato dall’ex tecnico della Dea: che dopo Celik, Cristante e lo stesso Soulé, senza contare la lunga lista già ai tempi dell’Atalanta,  potrebbe riscrivere un nuovo capitolo della sua carriera grazie all’aiuto del tecnico nato a Grugliasco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fiorentina

L’ESULTANZA DI GIAN PIERO GASPERINI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

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