Focus
Breve Storia: l’Inter, De Boer e quello stile simile a Mou
Esattamente 9 anni fa, il 9 agosto del 2016, Franck De Boer arrivava a Milano come nuovo allenatore dell’Inter, prendendo il posto di Roberto Mancini.
L’ex difensore dell’Ajax e della Nazionale olandese si presentava al popolo nerazzurro a poco meno di due settimane dall’inizio della stagione 2016/2017, a causa delle dimissioni del tecnico di Jesi.

Inter: la parentesi De Boer
Quell’agosto del 2016 per l’Inter costituiva una vera e propria rivoluzione. Una cosa del tutto fuori dagli schemi visto che l’ottavo mese dell’anno in genere segna l’inizio della nuova stagione. Tuttavia, la squadra nerazzurra subisce proprio questo cambiamento. A cominciare dalla guida tecnica.
Con la dirigenza sicura di poter affidare la squadra a Roberto Mancini, intervenuto nel corso della stagione precedente al posto di un deludente Walter Mazzarri, ecco che il tecnico di Jesi spiazza tutti consegnando le proprie dimissioni. Tutto questo a causa della rottura con la nuova proprietà cinese.
Questo lo scenario che accade alle 11:32 dell’8 di agosto. Alla prima giornata del nuovo campionato di Serie A mancano solamente 13 giorni. Ma l’Inter non sembra molto turbata, e reagisce prontamente (come se tenesse in caldo il sostituto di Mancini).
Infatti, la stessa sera, Franck De Boer atterra a Milano. Neanche il tempo di disfare le valigie ed il giorno seguente è già di fronte ai microfoni per la presentazione di rito. Una conferenza che l’ex Ajax affronta in modo saccente.
“Grazie alle nostre idee i giocatori possono imparare molto rapidamente”. Queste le prime parole dell’olandese, non a voler riesumare quel plurale majestatis di un tempo, ma solamente per includere tutto il suo staff. Il tecnico continuerà poi a spiegare la sua filosofia di gioco e di come tutta la rosa debba crederle.
L’atteggiamento saccente raggiunge il suo apice nel momento in cui gli viene chiesto se avesse temuto la pressione di uno stadio come San Siro. Il neo tecnico nerazzurro risponde con un’ altra domanda: “Ma lei è mai stato all’Amsterdam Arena?”.
Un pò a ricordare lo stile di Josè Mourinho, ma risultando alla fine tedioso e non magnetico come probabilmente sperava.
C’è però da citare una piccola curiosità. In quei giorni, all’interno della dirigenza interista, si vociferava la possibilità di inserire nello staff il ritirato dal calcio giocato Cristian Chivu, che aveva incrociato l’allenatore olandese all’Ajax per aiutarlo anche dal punto di vista linguistico. Alla fine però, solo un nulla di fatto.
Alla fine il tecnico olandese siederà sulla panchina del Biscione per un totale di 14 partite (5 vittorie, 2 pareggi e 7 sconfitte).
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Napoli, accadde oggi: trionfo a Doha in Supercoppa
Oggi, 11 anni fa, il Napoli affrontava la Juventus per la Supercoppa Italiana giocata a Doha. I protagonisti della sfida sono i due argentini: Tevez e Higuain.
Questa sera il Napoli di Antonio Conte affronterà il Bologna per la finale della Supercoppa Italiana 2025. Il club Partenopeo non vince il trofeo dal 2014 dopo aver battuto la Juventus ai calci di rigore. La partita terminò 2-2 ai supplementari (1-1 dopo 90 minuti).
C’è un dato curioso: quella partita si giocò lunedì 22 dicembre 2014. Oggi è lunedì 22 dicembre 2025. Dunque, sono passati 11 anni esatti dall’ultimo trionfo in Supercoppa dei Partenopei.
Juventus-Napoli, 22 dicembre 2014

Da un lato troviamo Buffon, Bonucci, Chiellini, Barzagli, Pirlo, Vidal, Pogba e Tevez: l’allenatore è Massimiliano Allegri. Dall’altro lato troviamo Albiol, Koulibaly, Hamsik, Mertens, Callejon e Higuain: l’allenatore è Rafael Benitez. Lo spettacolo è assicurato.
Passano solamente 5 minuti e la Juventus passa in vantaggio: Tevez approfitta di un erroraccio di Koulibaly ed Albiol, e si trova a tu per tu con Rafael. Il portiere brasiliano riesce a toccare il pallone, ma non ad impedire che entri in rete, 1-0. I Partenopei, però, non ci stanno e cercano in tutti i modi di pareggiare l’incontro.
Le occasioni per la squadra di Benitez arrivano eccome, con Hamsik e Higuain che colpiscono il palo. Nel secondo tempo, arriva il gol del pareggio: cross di De Guzman per Higuain che batte Buffon di testa (68′).
Il risultato non cambia per il resto del secondo tempo, dunque si va ai supplementari. Ad essere più pericolosa nei supplementari è la Juventus, visto che Koulibaly salva sulla linea un tiro di Vidal. I bianconeri, però, tornano in vantaggio dopo neanche un minuto dall’inizio del secondo tempo supplementare: Tevez riceve palla da Pogba, si libera di un suo avversario con una finta e batte Rafael con un destro chirurgico all’angolino.
Quando tutto sembra finito, però, arriva anche la doppietta di Higuain: cross di Gargano, tiro di Mertens bloccato, la palla arriva al numero 9 argentino che da terra in area riesce a mettere il pallone in rete (118′). Si va, dunque, ai calci di rigore.
La sequenza dei rigori inizia con gli errori di Jorginho (parata di Buffon) e Tevez (palo). Dopodiché, arrivano i gol di Ghoulam, Vidal, Albiol, Pogba, Inler, Marchisio, Higuain, Morata, Gargano e Bonucci. Buffon riesce poi a parare i tiri dal dischetto di Mertens e Callejon: tuttavia, i bianconeri sprecano entrambi i match point con Chiellini (parata di Rafael) e Pereyra (alto).
Dopo che Koulibaly segna il suo rigore, sono i Partenopei ad avere il match point: se Padoin non segna il suo rigore, il Napoli vince la Supercoppa Italiana 2014. Infatti, Rafael riesce a parare il tiro dal dischetto dell’ex centrocampista del Cagliari e la squadra Partenopea può esplodere di gioia insieme ai suoi tifosi.
Il Napoli vince la Supercoppa Italiana 2014 grazie ai due gol di Higuain e le parate decisive ai rigori di Rafael.
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Roma, Gasp scarica Ferguson: i motivi della rottura
Dopo la sconfitta contro la Juventus il tecnico della Roma ha usato parole dure nei confronti dell’irlandese: le cause della rottura risalgono ad un mese fa.
Il rapporto tra Evan Ferguson e la Roma potrebbe essere giunto al capolinea. La prova dell’irlandese contro la Juventus (entrato al posto di Dybala al secondo tempo) è risultata ancora una volta opaca. Anche se da una sua conclusione è nata la rete di Baldanzi che ha accorciato le distanze, l’ex Brighton non ha inciso nella maniera in cui si aspettava Gian Piero Gasperini.

EVAN FERGUSON RAMMARICATO DOPO LA SOSTITUZIONE ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Le parole di Gasperini su Ferguson: i motivi di un amore mai sbocciato
E lo stesso tecnico giallorosso nella conferenza post partita non è stato tenero nei confronti di Ferguson. Ad una domanda di un giornalista sulla possibilità di aver potuto impiegare il n.11 dal primo minuto al posto di Dybala, Gasperini ha risposto di preferire tutta la vita la Joya centravanti a lui.
Come riportato dall’edizione odierna de Il Corriere dello Sport i motivi delle parole dure di Gasperini nei confronti di Ferguson sono legati a vicende di un mese fa. Secondo Gasperini Ferguson non sarebbe rientrato in una condizione fisica ottimale durante l’ultima sosta per le nazionali e, nonostante il suo infortunio al piede, lo stesso attaccante avrebbe dato in quel momento maggiore priorità alla selezione irlandese piuttosto che a rimettersi in forma per la Roma e per il tecnico.
Non solo Ferguson, però. Gasperini sarebbe insoddisfatto anche di altri giocatori che, secondo lui, non starebbero avendo degli atteggiamenti giusti. Non ci vuole un genio a capire che l’allenatore ce l’avesse anche con Bailey, entrato ed uscito per l’ennesimo infortunio stagionale, e con Tsimikas (mai entrato negli schemi del tecnico).
Nella pancia dell’Allianz, sempre secondo Il Corriere dello Sport, ci sarebbe stato anche un confronto tra Gasperini e il DS dei giallorossi Massara. Il tecnico chiede in maniera urgente rinforzi in attacco, e lo sfogo dopo la gara contro la Juventus è stato l’ennesimo segnale della sua sempre più crescente insoddisfazione.
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La fiducia ritrovata, il vero regalo di Natale di Spalletti alla Juventus
Juventus, l’effetto Spalletti da nuova linfa alla squadra: risultati, gioco e il regalo di Natale per i tifosi bianconeri.
La Juventus è davvero tornata?
La risposta, oggi, non può che essere prudente. Negli ultimi anni la tentazione di parlare di rinascita è stata ricorrente, spesso però smentita dai risultati. La Juventus resta un club che vive di aspettative elevate, figlie della propria storia, ma che troppo spesso non hanno trovato conferma sul campo.
Oggi più che una squadra compiuta, la Juventus sembra un progetto in evoluzione. Un gruppo che fino a poco tempo fa alternava lunghe fasi opache a brevi accensioni, incapace però di dare continuità. La novità, rispetto al recente passato, è che accanto alle parole iniziano finalmente ad affacciarsi elementi concreti, utili a dare maggiore solidità al racconto.
Spalletti, il valore aggiunto
Se c’è un fattore che più di altri sta incidendo sul nuovo corso bianconero, quello porta il nome di Luciano Spalletti. Al netto del recupero di Bremer, riferimento imprescindibile della linea difensiva, l’impatto dell’allenatore è stato immediato: nove risultati utili e una sola sconfitta, contro il Napoli, considerando campionato, Coppa Italia e Champions League.
Spalletti ha inciso prima di tutto sull’identità. La Juventus ha ritrovato intensità, compattezza e una proposta di gioco meno rigida, più fluida e partecipata. Ma il suo contributo va oltre l’aspetto tattico.
Fondamentale è stata anche la gestione del contesto. Spalletti ha dimostrato grande lucidità comunicativa, scegliendo con attenzione quando esporsi e quando alleggerire la pressione. Tra battute, riferimenti culinari (la pasta parmigiano e vongole di David) e uscite solo apparentemente leggere, è riuscito a schermare la squadra dalle consuete tensioni mediatiche, mantenendo l’ambiente concentrato sugli obiettivi. Una gestione da allenatore esperto, che conosce bene le dinamiche di uno spogliatoio e di una piazza complessa come Torino.

Jonathan David punta il dito ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
La gara contro la Roma ha offerto una fotografia chiara del momento bianconero: una squadra aggressiva, sempre prima sul pallone, capace di muoversi con continuità e di togliere riferimenti agli avversari senza rinunciare al controllo della partita.
Anche Openda, tra i più discussi nelle prime uscite, è apparso profondamente diverso: movimenti in profondità, fisicità nei duelli e il gol del 2-0 a suggellare una prestazione in crescita.
In sintesi, la Juventus aveva bisogno di una guida capace di restituire certezze, di assumersi responsabilità e di ricostruire fiducia all’interno del gruppo. Un allenatore credibile, prima ancora che vincente.
Senza proclami e senza facili entusiasmi, quello firmato da Spalletti è, per ora, un segnale concreto. Un regalo di Natale che i tifosi bianconeri possono finalmente scartare con un cauto ottimismo.
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