I nostri Social

Esteri

Quand je l’ai vu, j’ai eu le coup de foudre: il punto sulla 16esima giornata di Ligue 1

Pubblicato

il

Ligue 1

Bentornati sulla prima rubrica di Calcio Style dedicata alla Ligue 1, dove cercherò di trasmettervi la passione per il calcio francese.

Indice

Lione corsaro a Montecarlo

La surreale stagione del Lione si arricchisce di un nuovo capitolo. Una squadra in crisi totale. Sommersa dai debiti e dalle beghe legali. Piena di problemi nello spogliatoio. Con un ambiente sul punto di implodere. Senza un allenatore e con l’ex-responsabile del centro di formazione che si infila la tuta e va in panchina.

Questo perché la società non ha i soldi per pagare un terzo allenatore, dopo gli esoneri di Grosso e Blanc, e allora bisogna fare di necessità virtù. In queste condizioni, nessuno avrebbe scommesso un euro che questa così disastrata armata brancaleone sarebbe potuta andare a vincere in casa di una delle squadre più forti della Ligue 1.

Ma il calcio è bello per questo. Perché è assolutamente imprevedibile e rifugge qualsiasi logica precostituita. Ad alimentare la mistica di una partita surreale il fatto che il gol-partita sia stato segnato da Jeffinho. Probabilmente l’emblema del modus agendi della Eagle Football e del suo CEO John Textor.

Una scelta, quella di spostare l’ex-Botafogo al Lione, contestata sia dai suoi ex-tifosi (che accusano la proprietà di aver tolto al Botafogo il suo miglior giocatore per darlo al club di punta della holding) sia da quelli nuovi, che mai hanno visto in lui cose sufficienti da giustificare l’investimento da oltre dieci milioni di euro.

Eppure Jeffinho è l’effige di un Lione sgangherato, raffazzonato e confusionario che però getta il cuore oltre l’ostacolo. Che prende quel poco che ha e cerca di cavare quanto più sangue possibile dalle rape. Come dimostra l’azione del gol che ha deciso la partita, confezionato proprio dai tre nuovi entrati.

Kadewere perfeziona. Maitland-Niles rifinisce e Jeffinho decide. Il primo un epurato richiamato alla casa base solo perché non c’erano abbastanza soldi per fare mercato. Il secondo preso quasi per caso da una dirigenza che cercava di barcamenarsi come poteva attraverso i debiti e i rigidissimi paletti del FFP.

Eppure sono stati proprio loro a far esplodere la panchina dell’OL, facendola esondare sul terreno del Louis II. Pierre Sage si sta meritando la conferma senza strafare. Senza inventarsi nulla di rivoluzionario. Semplicemente ha il merito di aver riportato coesione e unità d’intenti nello spogliatoio. 

Non una cosa da poco se consideriamo la situazione che ha ereditato. In questo senso le dichiarazioni di Tagliafico sono prima lapidarie (“qui c’è qualcuno che decide arbitrariamente quando giocare bene e per chi farlo“) e poi quasi da condottiero. Non sembrano neppure le parole di uno che ha fatto di tutto per andarsene e che si esprime con la sincerità di chi non ha nulla da perdere.

Se vogliamo cambiare le cose dobbiamo prima cambiare noi. Il cambiamento deve partire da noi stessi. Qui si cambia continuamente allenatore appena le cose non vanno bene, ma questo non fa bene alla squadra. Crea solo un circolo vizioso da cui poi è difficile uscire. L’allenatore che arriva viene per aiutare, ma poi sta a noi dare tutto noi stessi per la maglia. Non è una questione di difesa a quattro o a cinque. Quello conta, ma conta di più andare avanti tutti insieme per un obiettivo comune.❞

(S)Profondo rosso per il Nizza

Crollo clamoroso del Nizza sul campo del Le Havre. L’eco della caduta dei nizzardi è assordante, soprattutto alla luce di quanto fatto vedere in questa prima parte di stagione. E invece il Nizza di Farioli si è sgretolato tutto in una volta. A cominciare dal suo punto di forza: ovvero la fase difensiva.

Concede il primo gol dopo nemmeno cinque minuti. Una papera di Bulka, che non trattiene il pallone consentendo un tap-in facile facile a Sabbi. Poi il nativo di Schio si ripete segnando un gol di straordinaria bellezza. Controllo volante e destro di controbalzo all’incrocio dei pali: stavolta imparabile per Bulka.

La partita finisce, de facto, all’inizio della ripresa. Il Nizza, esattamente come aveva fatto nella prima frazione, approccia male. Fallo ingenuo di Bard in area di rigore. Sul dischetto si presenta Bayo che spiazza Bulka. Nel finale il Nizza troverà ancora il modo di farsi del male da solo. Scoppia una rissa furibonda fra Todibo e Grandsir, con il direttore di gara che li espellerà entrambi.

Farioli sarà in emergenza totale per l’ultima dell’anno. Oltre a Todibo e Atal (squalificati) il tecnico italiano non potrà contare nemmeno su Thuram e Diop (infortunati) oltre al lungodegente (problemi di salute mentale) Beka-Beka. Da valutare anche Moffi (forfait dell’ultim’ora) e persino il giovane Aliou Baldè (che era entrato bene) è stato costretto a uscire per un contrasto.

Il sogno di ripetere la favola del Lens e di lottare punto su punto con il PSG è svanito di colpo e l’ha fatto in maniera fragorosa. L’eccellente lavoro di Farioli ha fin qui nascosto tutti i limiti di una rosa corta, che sono venuti fuori tutti assieme alle prime difficoltà. La rosa del Nizza è sicuramente inferiore a quella dei parigini, ma anche a quella di Monaco e Marsiglia.

Dovesse anche solo arrivare fra le prime quattro in classifica, il lavoro di Farioli a Nizza rimarrebbe ottimo. Stante che non è ancora finito proprio nulla, dato che domani sera la squadra di Luis Enrique giocherà una partita difficilissima sul campo del Lille. In caso di sconfitta, i parigini rimarrebbero a -4 e con lo scontro diretto da giocare all’Allianz Rivera.

Certo, mantenere inalterato il distacco dai parigini sino alla gara di ritorno a Maggio è quasi utopia. Allo stato attuale delle cose, è quasi preferibile una vittoria del PSG per non vedere la compagine di Fonseca distante solo due punti. Tutti discorsi rimandabili a Gennaio. Ora Farioli attende la sosta natalizia come una manna dal cielo. Nella speranza di (ri)trovare sotto l’albero gli infortunati. E magari qualche rinforzo dal mercato.

Attenta Roma: il Lens è tornato

Qualche giorno fa ho pubblicato un resoconto di tutte le possibili avversarie della Roma nel playoff di Europa League con i relativi coefficienti di difficoltà. In questo vademecum ho parlato della ripresa del Lens, certificata dagli ultimi risultati e soprattutto dall’ultima vittoria sul Reims. (2-0)

Due squadre molto simili. Entrambe espressione di un calcio di periferia, che tira avanti grazie a un eccellente scouting e pochi investimenti ma mirati. Due squadre allenate da due allenatori, giovani ma già bravissimi, Frank Haise e Will Still, che fra loro si assomigliano molto. La sfida l’ha vinta il Lens, forte del fattore campo e di una consapevolezza che Les rouges et blancs ancora non hanno.

E non potrebbe essere altrimenti, dato che il lavoro di Haise nel comune operaio della Hauts-de-France il proprio picco massimo lo ha già probabilmente toccato nella scorsa stagioneA differenza del Reims, sul quale troneggia ancora un cartello con su scritto “Lavori in corso“. Lavori che però, e su questo potete scommetterci, alla lunga porteranno i propri frutti.

Perché il Reims non è soltanto una delle tante squadre di medio livello che si foraggia attraverso il player trading, ma reinveste anche gran parte di quello che incassa. Quest’estate sono stati infatti la settima squadra della Ligue 1 per soldi spesi (quasi 50 milioni di euro) ma anche una di quelle (+10 milioni) con il miglior saldo positivo. La sesta della classe, per precisione.

Però questa partita l’ha vinta il Lens e l’ha fatto con una formazione più che rimaneggiata dopo l’impegno di Champions, a dimostrazione di come Haise sia riuscito (differentemente da quanto avveniva a inizio stagione) a far sentire tutta la rosa come parte integrante del progetto. Hanno segnato infatti Said (uno dei tanti illustri gregari della squadra) e uno dei prodotti del centro di formazione de Les Sang et Or, ovvero il colombiano classe 2003 Cortés.

Le partite della Domenica di Ligue 1

Nella domenica di Ligue 1 c’è da segnalare soprattutto il colpo grosso del Brest (autentica rivelazione del campionato) in casa del Nantes. Chi ha visto giocare la squadra di Gourvennec contro Nizza e PSG sa che parliamo di una squadra estremamente difficile da piegare. Eppure i bretoni si sono imposti per due a zero alla Beaujoire, con le reti di Magnetti e Mounie.

La squadra di Roy si trova al quarto posto in classifica, che da quest’anno garantisce i playoff di Champions League, in attesa di sapere cosa farà il Lille stasera al Pierre Mauroy contro i parigini. Continua poi il buon momento di forma dello Strasburgo, a cui il mio recap della 14esima giornata ha portato evidentemente bene. Gli alsaziani sono alla seconda vittoria consecutiva in Ligue 1 dopo che ne avevano vinta appena una nelle precedenti undici.

I gol di Bakwa e dell’eterno Gameiro complicano e non poco la posizione di Le Bris. Con il Lorient (a cui non basta la rete di Dieng per rientrare in partita) che non vince da Ottobre e che, in generale, nelle ultime tredici uscite in Ligue 1 ha vinto soltanto contro il Rennes. Troppe le cessioni nell’ultimo anno. Da Moffi a Ouattara, passando per Le Fee e l’enfant prodige Meitè.

Troppe e troppo pesanti da assorbire tutte assieme per un club piccolo e con risorse limitate come quello del Morbihan. A nulla sono serviti gli innesti di giocatori comunque importanti, su tutto Faivre, per risollevare una squadra che oramai sguazza stabilmente in zona retrocessione. Chi è uscito dalla palude è invece il Tolosa, grazie al punto conquistato in casa contro il Rennes.

Un pareggio (zero a zero) frutto della paura, dei problemi delle due squadre e dell’ansia generata dall’avvicinarsi della zona rossa. Interlocutoria vittoria del Montpellier sul campo del Metz. Una partita da metà classifica che ci regala ben pochi spunti di discussione, ma occhio perché la squadra di Boloni, dopo un avvio di campionato al di sopra delle aspettative e probabilmente anche al di sopra delle loro possibilità, ora ha solo tre punti di margine sulla zona playout.

Vince anche il Marsiglia in casa del fanalino di coda Clermont. Una vittoria netta, il cui 2-1 finale non rispecchia per nulla la proporzione della prestazione sciorinata dalla squadra di Gattuso. La cura di Rino sta funzionando e ora i marsigliesi si trovano a soli due punti dal quarto posto occupato dal Brest e a quattro dal terzo (che darebbe accesso diretto alla prossima edizione della Champions League) del Monaco.

Ligue 1

Foto di Sportmediaset.

David frena la fuga del PSG

Sembrava tutto apparecchiato per decretare la fine della Ligue 1 già alla fine di Dicembre. La nona consecutiva in campionato, che avrebbe portato i campioni in carica a +7 dal Nizza e messo una seria ipoteca sul decimo titolo vinto negli ultimi dodici anni. E invece, all’ultima azione della partita, David fa quello che gli riesce meglio (far gol nell’area piccola) e forse scrive una storia diversa.

Francamente il Lille non avrebbe meritato di perdere questa partita, ma la capacità del PSG di piegare a sé l’inerzie delle partite in patria è un qualcosa che sfugge alle leggi della logica. I parigini giocano l’ennesima partita in cui non convincono e non danno quasi mai l’impressione di essere padroni del match.

Eppure, come sempre, arriva l’episodio a favore. Dopo sessanta minuti quasi perfetti da parte dei padroni di casa, Diakitè compie un intervento senza il minimo senso. Scivolata in area di rigore su un Lucas Hernandez defilato e che (spalle alla porta) stava proteggendo un calcio d’angolo. Penalty realizzato dall’algido Mbappè, non solo per la freddezza nell’esecuzione ma anche per la sua non esultanza che darà sicuramente adito a dietrologie oltralpe.

Il Lille non si scompone e continua a fare la sua partita, ma la scelta di Fonseca di schierare Yazici come “centravanti di gioco” paga fino a un certo punto poiché Les Dogues non riescono a finalizzare l’importante mole di gioco che sistematicamente creano. Ci si mette anche la sfortuna, con Arnau Tenas che per ben due volte chiude la porta in faccia al Lille quando quest’ultimo prova a bussare per chiedere se ci sono gli estremi per portare a casa un punto.

Sembra l’ennesima serata in cui la mano invisibile del capitalismo si presenta sul rettangolo verde sotto forma di misticismo calcistico, fin quando David non raccoglie un tap-in nell’area piccola facendo esplodere il Pierre Mauroy. Tenas aveva fatto il fenomeno anche stavolta, ma la Corte Suprema di Giustizia del pallone ha deciso di averne abbastanza e stavolta ha detto basta.

Ci fosse stato Donnarumma, probabilmente il pareggio (e forse anche qualcosa in più) sarebbe arrivato prima. Ma anche così il Lille consolida il quarto posto (è avanti al Brest per la differenza reti) ma fallisce sia l’aggancio ai monegaschi che il tentativo di mettere ulteriore pressione a Farioli. Quella di Fonseca si conferma la miglior squadre d’Europa per punti fatti in casa (44 con quello di ieri sera) e il perché lo si può evincere facilmente guardando la partita.

L’atmosfera che si respira al Pierre Mauroy è incredibile. Il Lille, con questo pareggio, ha anche allungato la propria striscia di risultati utili consecutivi (14) fra tutte le competizioni. Due dati che sono sintomatici dell’ottimo lavoro che il portoghese ex-Roma sta facendo sulla panchina del Lille.

Premier League

Arsenal: 20 anni fa la leggenda dei “The Invincibles”

Pubblicato

il

Nel 2004 Arsene Wenger portava l’Arsenal a conquistare il suo tredicesimo titolo in Premier League non perdendo neanche una partita in tutta la stagione. 

A chi pensiamo quando parliamo di squadre imbattibili? Sicuramente gli appassionati più “datati” diranno il Grande Torino di Valentino Mazzola o il Real Madrid di Di Stefano. Le generazioni degli anni dopo ricorderanno il Milan di Arrigo Sacchi. Quelle più recenti parleranno del Barcellona dei marziani di Pep Guardiola.

C’è stata una squadra, però, che era veramente invincibile. E che vent’anni fa entrava nella leggenda del calcio con un record che, ancora oggi, nessuno ha più eguagliato nel campionato inglese. E quella squadra era l’Arsenal.

Indice

La rivoluzione francese.

E’ il 1996. Da quattro anni il campionato inglese ha cambiato nome, passando da First Division a Premier League. Non è solamente un cambio di nominativo, ma dell’idea che c’é alla base: rendere il torneo d’Oltremanica il migliore al mondo. Rinnovo delle infrastrutture e “cacciata” degli hooligans dagli stadi sono i capisaldi di un progetto che all’inizio genera scetticismo ma che, un paio di decenni dopo, porterà introiti economici mai visti prima.

Arriva la Premier League, e c’é un solo uomo al comando: Sir Alex Ferguson. Il Manchester United è la squadra che aprirà un dominio quasi incontrastato. Già, quasi. Perché nella patria della letteratura romantica solo l’immaginazione ed un forte sentimento interiore avrebbe potuto contrastare un egemonia che sembrava inscalfibile. E il protagonista di questo romanzo durato più di vent’anni si chiama Arsène Wenger.

Arsenal

Diventato allenatore dopo un passato tutt’altro che indimenticabile come calciatore, esordisce come tecnico con il Nancy. Nel 1987 arriva nel Principato, dove porterà il Monaco alla conquista del titolo nel 1988. Arrivano offerte importanti, dal Bayern Monaco alla nazionale francese, ma la risposta è no. Wenger si trova bene al Monaco, e giura fedeltà alla propria squadra. L’inizio di una lunga storia d’amore? Tutt’altro. Dopo un difficile avvio di campionato il tecnico viene esonerato. E dove va? Lontano, fino in Giappone. Al Nagoya Grampus, dove vincerà la Coppa dell’Imperatore e portando la squadra al secondo posto, dopo averla prelevata dai bassi fondi della classifica.

Una grande impresa, certo. Ma le imprese lontane da casa rischiano di non avere appeal. Eppure c’é qualcuno che già qualche anno prima aveva visto in Wenger qualcosa di speciale. Quel qualcuno si chiama David Dein, ed è il vicepresidente dell’Arsenal.

Si erano conosciuti qualche anno prima, quando Wenger era ancora l’allenatore del Monaco. Tra realtà e finzione, proprio come in un romanzo romantico, si narra di una frase pronunciata dal tecnico nativo di Strasburgo al numero 2 dei Gunners in quell’incontro: “Ieri sera alla tv ho visto una partita del Tottenham. Mi sono addormentato.” Dein si ricordò di questa frase, e nel 1996 Wenger prenderà il posto del dimissionario Bruce Rioch.

Il Double.

L’arrivo di Wenger a Londra viene accolto dai tifosi dei Gunners con una certa preoccupazione. L’abitudine ad una guida tecnica inglese o comunque del Regno Unito è ormai consolidata, e un allenatore straniero avrebbe portato, a loro avviso, solo incertezze. La rivoluzione francese parte dall’alimentazione e dai metodi di allenamento. Con Wenger arriva anche un giovane Patrick Vieira, che di lì a poco diventerà la colonna portante del centrocampo dell’Arsenal del presente e di quello futuro. La prima stagione si conclude con il terzo posto in classifica e con la vittoria, ancora una volta, del Manchester United. Ma i miglioramenti sono evidenti, ed è solo l’inizio.

La seconda stagione è quella che porterà l’Arsenal alla conquista del double Premier League-FA Cup, dopo quasi trent’anni di distanza dall’ultima volta. La squadra aveva messo delle fondamenta solide all’interno della sua rosa. Un mix di giocatori giovani (Vieira, Overmars, Petit) affiancati da veterani già affermati (Bergkamp in primis).

Arsenal

Sembrerebbe solamente il preludio ad un dominio destinato a durare anni, ma non sarà subito. Nelle stagioni successive i Gunners arriveranno sempre alle spalle degli acerrimi rivali del Manchester United, che vinceranno la Premier League per ben tre stagioni consecutive. L’Arsenal conoscerà l’amarezza della sconfitta anche in campo europeo nel 2000, quando verrà battuto ai rigori dal Galatasaray nella finale di Coppa UEFA.

Sono molti i tifosi londinesi a credere che il Double sia stata una parentesi felice ma breve, e che per vedere rivincere ancora la propria squadra bisognerà aspettare ancora tanto tempo. E invece si sbagliano, perché nel 1999 è arrivato l’uomo della provvidenza, e anche lui, come Wenger, viene dal Monaco. Il suo nome è Thierry Henry.

Gli invincibili.

Dopo un periodo di adattamento ad un campionato totalmente diverso, Henry diventa il fuoriclasse pronto a prendere per mano l’Arsenal e a farlo diventare una delle squadre più belle di sempre. Assieme a lui ci furono gli arrivi fondamentali di Robert Pires, Fredrik Ljungberg e Sol Campbell, che in poco tempo diventarono la colonna portante dei Gunners.

Il ritorno al successo arriva nella stagione 2001-2002. L’Arsenal vince ancora una volta il Double, il terzo della sua storia. Il Manchester United però è sempre lì, in agguato, ed infatti la stagione successiva si riprende la corona. Ciò che però preoccupa di più i tifosi dell’Arsenal e la dirigenza stessa è che sempre più club stanno vendendo a proprietà miliardarie. L’arrivo di Roman Abramovic al Chelsea coinciderà con l’inizio di sessioni di calciomercato faraoniche, con un solo chiaro obiettivo: vincere subito.

Ma a volte i milioni non bastano. A volte la programmazione, la pazienza e la perseveranza pagano. Anche quando il mondo esterno sembra dirti il contrario. E così fu.

All’inizio della stagione 2002/2003 le dichiarazioni di Wenger fanno sorridere in molti. “Questa squadra può pensare di non perdere neanche una partita in campionato”, afferma il tecnico francese. Alcuni tifosi dell’Arsenal sono arrabbiati da queste dichiarazioni, mentre i rivali deridono lo stesso Wenger. In molti cambieranno idea solamente un anno dopo.

Eppure la stagione 2003/2004 non inizia benissimo. I Gunners perdono in Community Shield ai calci di rigore contro il Manchester United, e le prime cinque gare di campionato portano quattro successi ed un pareggio, ma senza convincere del tutto.

Arsenal

Il 21 settembre 2003 l’Arsenal arriva all’Old Trafford, in una gara che rimarrà nella storia della Premier League come “The Battle of Old Trafford”. La squadra di Wenger è avanti 2-1 nonostante si trovi in dieci uomini per l’espulsione di Vieira, arrivata dopo un fallo di reazione su Ruud van Nistelrooij. Ne nasce una rissa clamorosa. A dieci minuti dal termine proprio il centravanti olandese ha la possibilità di pareggiare dagli 11 metri, ma la sua conclusione sbatte sulla traversa. Keown gli esulta ripetutamente in faccia, colpendolo anche. Ne nasce un parapiglia ma, clamorosamente, l’arbitro non estrae nemmeno un cartellino.

L’Arsenal vince anche contro il Liverpool ed il Chelsea, ma al termine del girone d’andata si trova a tre punti di distanza dai Blues. La parte di stagione che sarà decisiva per il successo dei Gunners è quella compresa tra il 10 gennaio ed il 20 marzo 2004. In quel periodo l’Arsenal vincerà 9 gare consecutive, tra cui quella fondamentale in rimonta in casa del Chelsea. Il pareggio contro lo United per 1-1 porta i cannonieri primi in campionato a 12 punti di distanza dai Red Devils e a 7 punti dal Chelsea. Un distacco abissale e che metterà la parola “fine” alle ambizioni di Ranieri e Ferguson.

La tripletta di Thierry Henry contro il Liverpool nel successo per 4-2 è una masterclass di tecnica e potenza. La vittoria contro i Reds è il manifesto del pensiero tattico di Wenger, che dimostra lo strapotere di una squadra dominante.

Il 13esimo titolo della storia dell’Arsenal arriva matematicamente a quattro giornate dal termine con il pareggio per 2-2 contro il Tottenham. Già, proprio quel Tottenham che faceva addormentare Wenger alla tv.

Ma non finisce qui. L’Arsenal vuole trasformare la propria stagione da unica ad irripetibile. E così sarà. I Gunners chiuderanno il campionato da imbattuti con 90 punti. In 38 partite collezioneranno 26 vittorie e 12 pareggi. Un’ impresa che, a vent’anni di distanza, nessuno è stato più in grado di ripetere in Premier League. Thierry Henry è all’apice della sua carriera, e vince la classifica cannonieri con 30 reti.

Arsenal

Sono passati vent’anni da quel 2004 in cui l’Arsenal di Wenger scioccò il mondo calcistico. Da quel momento i tifosi stanno ancora aspettando il ritorno alla vittoria del campionato. L’anno scorso Arteta ci è quasi riuscito, come quest’anno. E se non dovesse essere nemmeno quest’anno i tifosi dell’Arsenal continueranno ad essere pazienti ancora un po’.

Perché nella trasposizione cinematografica del capolavoro di Nick Hornby “Febbre a 90” c’é una frase che, probabilmente, rappresenta in maniera impeccabile l’essenza dei tifosi dei Gunners: “C’è sempre un altra stagione”.

 

 

 

 

 

 

Continua a leggere

Ligue 1

Mbappé lascia il PSG: dalle parole di Luis Enrique alla festa d’addio al Parco dei Principi

Pubblicato

il

Kylian Mbappé lascerà il PSG a fine stagione. La conferma ufficiale è arrivata dopo l’eliminazione dalla Champions League per mano del Borussia Dortmund.

Indice

Au revoir Parigi, bienvenido Madrid

Dall’ufficiosità si è passati all’ufficialità. Il cambio di paradigma lessicale, che ha permesso di passare dall’elefante nella stanza della cui esistenza tutti sono a conoscenza ma di cui nessuno parla a una realtà fattuale, è stato reso possibile dalle dichiarazioni dello stesso Mbappé. Infatti, il fuoriclasse francese (nella giornata di ieri) ha reso nota la propria volontà di non rinnovare il proprio contratto in scadenza con il PSG.

❝È il mio ultimo anno al Paris Saint Germain. Non rinnoverò il mio contratto e la mia avventura qui finirà tra un paio di settimane. Domenica giocherò la mia ultima partita al Parco dei Principi. Provo molte emozioni per i tanti anni in cui ho avuto l’occasione e l’onore di giocare per il più grande club francese, che mi ha permesso di arrivare a questo livello.

Prima di tutto voglio ringrazie tutti i compagni che ho avuto, tutti i tecnici: Emery, Tuchel, Pochettino, Galtier e Luis Enrique. I direttore sportivi Leonardo e Luis Campos, per avermi sempre accompagnato. Grazie a tutti i membri del club che nessuno vede e che meritano il giusto riconoscimento. So di lasciare il club in ottime mani.

È dura e non pensavo sarebbe stato così difficile annunciare di lasciare il mio paese e la Ligue 1. Però ne ho bisogno. Ho bisogno di una nuova sfida dopo sette anni. So di non essere il giocatore più dimostrativo, ma dico grazie ai tifosi per tutto l’amore che mi hanno dato per sette anni. Il PSG è un club che non lascia indifferenti, o lo ami o lo odi. Io non ho rimpianti: è un club che ricorderò per tutta la mia vita. Non giocherò più qui ma continuerò a guardare ogni partita, lo seguirò ancora. Ho provato a dare il meglio di me stesso, sono grato per la vita per tutte le emozioni vissute. Ora dobbiamo alzare l’ultimo trofeo. Ici c’est Paris.❞

Mbappé

Luis Enrique: “Senza Mbappé saremo più forti

Mbappé ha annunciato il proprio addio al club tramite un lungo e sentito video che il francese ha affidato ai propri canali social. Poco dopo è arrivata anche la conferma di Luis Enrique, che però non ha voluto mostrarsi troppo affranto dall’addio del suo miglior giocatore. Di seguito, le sue parole prima della gara con il Tolosa:

❝Sapevamo tutti da tempo che Kylian Mbappé avrebbe lasciato il PSG. Non cambia nulla per noi e gli auguro tutto il meglio. Non ha ancora detto dove andrà, ma pensiamo sia chiaro. Io rimango convinto che il prossimo anno senza di lui saremo addirittura più forti: segnatevi le mie parole.❞

Sono chiaramente parole di circostanza, in quanto il tecnico catalano sa benissimo che gran parte del giudizio che verte sul suo operato lo si deve al talento del numero sette. Senza la capacità del francese di vincere le partite da solo, l’anti-calcio proposto dallo spagnolo avrebbe portato in dote molti meno elogi.

Mbappé

Mbappé-Real Madrid, i dettagli del contratto

Emergono già i primi dettagli del ricchissimo contratto che legherà Mbappé al Real Madrid. Innanzitutto la durata dell’accordo, che legherà il francese ai blancos sino al 30 Giugno del 2029. Ovviamente questo lo renderà anche il giocatore più pagato della rosa del Real, anche se a Madrid guadagnerà una cifra leggermente inferiore a quella che percepiva a Parigi e quindi su questo è stato di parola.

Kylian passerà dai trenta milioni netti l’anno che percepiva a Parigi (più ricchissimi bonus) ai venti netti che percepirà a Madrid. Una cifra di poco superiore a quella dei big della rosa, ovvero i vari Kross, Vinicius, Bellingham e Modric che però lascerà il club in estate per fare ritorno in patria.

L’affare è talmente vicino alla chiusura che in Spagna si parla già del suo nuovo numero di maglia. Si parla della numero dieci, che come detto in estate verrà lasciata libera dal centrocampista croato, poiché la sua preferita (la sette del suo idolo Cristiano Ronaldo) è occupata da Vinicius. Ci sarebbe sfitta la numero nove, rimasta vacante dopo l’addio di Benzema la scorsa estate, ma che è stata promessa al brasiliano Endrick.

Continua a leggere

Ligue 1

Juventus su O’Brien per il dopo-Bremer, ma il Lione non intende cederlo

Pubblicato

il

Jake O’Brien, centrale irlandese classe 2001, è finito nel mirino della Juventus come potenziale erede del brasiliano Gleison Bremer.

Juventus, ecco chi è O’Brien

Prelevato in estate dall’Academy del Crystal Palace per poco meno di un milione di euro, Jake O’Brien è stato (durante tutta la prima parte di stagione) l’unica nota lieta di un Lione disastroso. Poi il ricco mercato invernale e l’arrivo salvifico di Pierre Sage hanno portato la squadra francese dall’ultimo posto in classifica all’attuale settimo con vista sull’Europa, oltre a una finale di Coupe de France da giocare contro il PSG.

Nonostante l’evidente innalzamento del tasso tecnico della squadra, di cui hanno fatto le spese altri giovani emersi nel girone d’andata come per esempio Skelly Alvero, O’Brien è rimasto il perno della retroguardia lionese. Difensore solido e strutturato fisicamente, come dimostrano i quasi 2 metri d’altezza.

1,97 per la precisione. Una stazza che l’irlandese abbina a una grande capacità nel gioco aereo, come dimostrano i quattro gol (più due assist) messi a referto in 29 partite stagionali. Nonostante la giovane età (parliamo infatti di un classe 2001 che compirà 23 anni il prossimo 15 Maggio) è già nel giro della nazionale irlandese.

L’intreccio con Bremer e il Manchester United

La Juventus, e non è un segreto, in estate cederà uno fra Chiesa (qualora non dovesse rinnovare il contratto in scadenza nel 2025) e Bremer per finanziare la rivoluzione tecnica. Nei piani della dirigenza il roccioso centrale brasiliano sarebbe più facile da sostituire rispetto al funambolico esterno italiano, ma sin qui nessuno si è anche solo avvicinato alla valutazione di circa 50-60 milioni che ne fa la dirigenza juventina.

Nemmeno il Manchester United, che la scorsa estate lo aveva lungamente corteggiato, sembra disposto a tanto. Tuttavia, qualora la Juventus avesse in estate avesse davvero la necessità di sostituire Bremer, dovrà verosimilmente volgere il proprio sguardo altrove. Infatti, il Lione non ha nessuna intenzione di cedere O’Brien e la politica aziendale del nuovo corso targato John Textor è molto chiara.

Nessuno è incedibile, in quanto il player trading è alla base del modello di business americano, ma il Lione vende i suoi pezzi pregiati soltanto in due casi. Il primo: quando si ritiene che l’asset abbia raggiunto l’apice del proprio valore. Il secondo: quando c’è una richiesta esplicita di cessione.

E in alcuni casi questo neppure avviene, basti pensare alle rimostranze di Tagliafico quando gli fu impedito di tornare all’Ajax. Ad appena un anno dal suo arrivo sulle rive del Rodano, un’eventuale cessione di O’Brien non porterebbe nelle casse lionesi una plusvalenza sufficiente da giustificare il suo sacrificio.

Ne consegue che il centrale irlandese rimarrà alla corte di Pierre Sage almeno un altro anno, nella speranza che possa ripetere quanto di buono fatto in questa stagione e accrescere ulteriormente la propria valutazione di mercato. Con buona pace della Juventus e di tutte le altre pretendenti sparse in giro per l’Europa.

Continua a leggere

Ultime Notizie

Serie A33 secondi fa

Atalanta – Roma 2-1, De Ketelaere surclassa De Rossi e la Champions ora e’ a tre punti | Le pagelle orobiche

Visualizzazioni: 0 Atalanta-Roma 2-1, al Gewiss Stadium e’ il festival delle occasioni sprecate per la Dea, che riesce a vincere...

Serie A15 minuti fa

Hellas Verona, un tifoso mima l’aereo di Superga: dura presa di posizione della società

Visualizzazioni: 101 Hellas Verona, brutto episodio nel corso del match tra gli scaligeri e il Torino. Il club gialloblù ha...

Serie A45 minuti fa

Sassuolo, a un passo dal baratro: ora nemmeno un miracolo può bastare

Visualizzazioni: 188 Sassuolo, i neroverdi cadono a Marassi e non danno seguito alla vittoria dello speranza contro l’Inter. Negli ultimi...

Leicester Leicester
Calcio Femminile11 ore fa

Leicester, licenziato Willie Kirk: aveva una relazione con una giocatrice

Visualizzazioni: 242 Il Leicester ha licenziato Willie Kirk, tecnico della selezione femminile, dopo aver scoperto che aveva una relazione con...

Juventus pagelle Juventus pagelle
Focus11 ore fa

Juventus-Salernitana 1-1, le pagelle

Visualizzazioni: 424 JUVENTUS – SALERNITANA 1-1 Nella partita che avrebbe potuto portare la qualificazione matematica in Champions League si è...

Spezia Spezia
Calciomercato11 ore fa

Spezia, l’arrivo di un nuovo DS spinge Macia alla Fiorentina?

Visualizzazioni: 360 In casa Spezia è partito un domino dirigenziale, l’arrivo di un nuovo ds potrebbe spingere Macia alla Fiorentina....

Juventus, Buffon Juventus, Buffon
Notizie11 ore fa

Fiorentina, Buffon: “La Viola merita un trofeo”

Visualizzazioni: 345 Fiorentina: Gianluigi Buffon, capo delegazione della Nazionale Italiana, si augura che la Viola e l’Atalanta possano vincere le...

Serie A12 ore fa

Atalanta-Roma: le formazioni ufficiali

Visualizzazioni: 19 Ecco le scelte di Daniele De Rossi e Gian Piero Gasperini per il big match tra Atalanta e...

Torino, Juric Torino, Juric
Serie A12 ore fa

Torino, sincerità Juric: “L’abbiamo rubata…”

Visualizzazioni: 261 Il Torino vince al Bentegodi contro l’Hellas Verona: un 2-1 in rimonta che tiene vive le speranze granata...

Serie A12 ore fa

Sassuolo, situazione disperata | Ballardini: “Sconfitta che pesa molto…”

Visualizzazioni: 271 Il Sassuolo perde a Marassi contro il Genoa e l’incubo Serie B si fa sempre più concreto. Al...

Le Squadre

le più cliccate