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Milan, lettera aperta a Furlani: cosa deve ancora fare Allegri per farsi ascoltare? L’editoriale di Mauro Vigna

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Milan

Milan, il day after la gara contro l’Inter non può che portare una ventata di freschezza e di ottimismo. Ma adesso per competere allo scudetto servono investimenti a gennaio. Idealmente ipotizzo una lettera a Furlani che suonerebbe più o meno così…

Caro Giorgio Furlani ti scrivo…

Penso che durante la serata di ieri hai potuto notare il potenziale del “tuo” AC Milan e sicuramente ti sarai accorto che finalmente sulla panchina c’è un cavallo di razza, sappiamo che l’ippica è un tema molto caro ad Allegri, in luogo dei due passati ronzini Fonseca Conceicao.

Essendo dotato di ottima memoria, caro Giorgio, sicuramente ricorderai che in estate il tuo nuovo allenatore ti aveva chiesto Xhaka e gli hai preso Ricci grazie a una particolare amicizia con Busardò, voleva un difensore centrale forte e di esperienza e gli hai preso Odogu, che forte magari lo diventerà, ma che ora è poco più che una scommessa e sicuramente non pronto per la Serie A.

Ti ricorderai perfettamente che sia Allegri che Tare ti hanno detto che Santiago Gimenez era da cedere e invece è rimasto. E come scordarsi di Nkunku che per Allegri ha l’importanza di una stufa a pellet d’estate eppure è arrivato per una cifra – per il Milan mastodontica – di 37 milioni più 5 di bonus. E come scordare il fatto che Allegri voleva terzini di spinta, possibilmente forti, e si è trovato in rosa Estupinan Athekame, tanto che ha dovuto sincerarsi più volte di non essere vittima di Scherzi a parte.

Ebbene, in tutto questo meraviglioso circo, ulteriormente acuito dalla solita pletora di infortunati, il “tuo” Milan ha battuto il Bologna, che non è più una matricola ma una solida realtà, ha vinto contro il Napoli, ha pareggiato contro la Juventus subissandola e sbagliando un rigore, ha pareggiato contro l’Atalanta e ha vinto contro la capolista Roma e ieri contro l’Inter nel derby. E’ dunque imbattuto in tutti gli scontri diretti, ha perso solo una partita contro la Cremonese a inizio stagione.

E ancora…ha finalmente dato un gioco, un’identità, regole precise a un gruppo che sembrava più un’armata Brancaleone che una squadra di calcio di Serie A. Impossibile non notarlo, nemmeno se, come te, non si è uomini di calcio.

E adesso mio caro Giorgio, lo vogliamo ascoltare questo allenatore? Gli vogliamo prendere un forte centrale difensivo e uno tra Vlahovic Icardi? Senza fare voli pindarici sui vari Panichelli…Burkardt…Tresoldi…Franculino…giocatori che Allegri non vuole e non ti ha chiesto. Lo vogliamo finalmente prendere quel profilo d’area di rigore, esperto e possibilmente conoscitore della Serie A che il tuo allenatore chiede a gran voce da settimane? Cosa deve ancora fare Allegri per convincerti a seguirlo?

Sarebbe scudetto caro Giorgio, so perfettamente che a te interessa arrivare tra le prime quattro (e stop), ma fallo almeno per i tuoi tifosi, coloro che riempono lo stadio e mai si sono tirati indietro nell’acquistare il biglietto. Fallo per tutti noi, i soldi di certo non ti mancano con 495 milioni annui di ricavi, peraltro sempre in aumento, e un patrimonio netto da 199 milioni. Suvvia, so che non sei tirchio, ma hai le tue idee…ascolta uno che di calcio ne sa un po’ di più…giusto un po’ eh, altrimenti ti offendi.

Cordialmente

 

 

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Milan, poco importa della Coppetta Italia: più gravi i soliti problemi | L’editoriale di Mauro Vigna

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Milan

Milan, una sconfitta in trasferta per 1-0 contro la Lazio non deve assolutamente preoccupare. Sì, perché i problemi in casa rossonera sono decisamente altri.

Il Milan esce sconfitto, ma non ridimensionato, in seguito all’1-0 rimediato in trasferta contro la Lazio. Una gara giocata probabilmente meglio rispetto a quella di campionato pochi giorni fa, ma la sconfitta non deve gridare vendetta. Primo perché si giocava una competizione di cui poco gliene fregava a Massimiliano Allegri il quale è impegnato per conseguire l’obiettivo minimo stagionale ossia la qualificazione Champions.

Un organico troppo corto per disperdere energie inutili, i soliti problemi che la dirigenza dovrà obbligatoriamente (si spera) risolvere a gennaio. Una coperta eccessivamente inadeguatae una squadra che va in affanno quando mancano i suoi big.

Sebbene ce ne fosse ancora il bisogno, abbiamo capito che Estupinan non è da Milan, probabilmente nemmeno da Serie A, Ricci non è una mezzala, senza Modric Rabiot è un altro Milan, Leao ed Nkunku non sono punte centrali. Prima si capisce quest’ultimo concetto e meglio è. Il francese ieri sera a tratti imbarazzante, Leao decisamente in giornata no, e comunque fuori ruolo.

Serve un attaccante centrale e questa volta la dirigenza dovrà ascoltare Allegri. Serve un centrale difensivo così come serve a mio avviso anche un terzino destro. L’invito è quello di aprire il portafoglio e spendere soldi che in casa già ci sono. Siamo primi in classifica, fino a prova contraria, adesso è il momento di osare. Senza gli alibi e le scuse della Coppetta Italia.

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Atalanta: Palladino, la rivincita del tecnico “incompreso”

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Champions League

Palladino: dal fischio della Curva Fiesole al trionfo con la Dea, la settimana da sogno di un tecnico che il destino ha voluto premiare.

Palladino-Pradè: accoppiata perdente, sparite per il bene della nostra gente. Lo striscione della Curva Fiesole pendeva dalle gradinate, una freccia diretta ai dirigenti, colpevoli agli occhi dei tifosi di una stagione che non aveva soddisfatto.

Ma dietro le quinte, Raffaele Palladino continuava a tessere la sua tela, senza clamore ma con risultati concreti. Chiudere al sesto posto in campionato non era solo un numero: era il segno di un lavoro paziente, fatto di scelte giuste al momento giusto e di talenti valorizzati, come Moise Kean, esubero diventato ben presto asso nella manica oltre che un vanto per chi finalmente gli aveva cambiato radicalmente la carriera. Destinato a diventare il gioiello della Fiorentina. Di lui, durante l’ultima finestra di mercato, si temeva addirittura la partenza per poco più di 50 milioni, mentre solo dodici mesi prima era stato acquistato solamente per 13 milioni, una cifra che al tempo aveva fatto storcere il naso a molti, ma che ora sembrava quasi un affare d’altri tempi.

Palladino

RAFFAELE PALLADINO E MOISE KEAN ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

E Palladino? Nonostante tutto aveva deciso di pagare il prezzo più alto. Lasciare il progetto, rinunciare a un contratto pesante fino al 2027, accettare di diventare il capro espiatorio di una stagione forse mai compresa fino in fondo. Un gesto che parlava di responsabilità, ma anche di coraggio: di chi mette il bene della squadra davanti al proprio orgoglio, e accetta di camminare tra applausi e fischi, consapevole che la storia non giudica subito chi lavora nell’ombra.

Una decisione che, se da una parte aveva dato ragione a Palladino — con una Fiorentina ai minimi storici in qualsiasi competizione — dall’altra sembrava poter mettere a rischio la sua carriera. Prima dell’Atalanta, infatti, nessuno aveva pensato al suo nome, preferendo tecnici che, al netto dei risultati, avevano accumulato numeri ben più bassi nelle stagioni precedenti.

Palladino, tra karma e destino

Eppure il destino aveva altri piani. L’Atalanta, dopo aver interrotto il rapporto con Juric, ha affidato la panchina proprio a lui, regalando al tecnico un’occasione che pareva scritta già a aprtire dal suo terzo impegno con la Dea. Nel basket d’oltreoceano esiste un termine che descrive eventi che sembrano accadere per ragioni karmiche, una sorta di “you get what you deserve”, che in italiano si traduce con “Ecco quello che ti meriti”.

E ieri, intorno alle 18, Palladino ha incarnato perfettamente questa espressione. Dopo la vittoria contro il Francoforte in quello che è stato il suo esordio in Champions League, il tecnico ha replicato anche contro il suo passato, infliggendo un amaro destino alla sua ex squadra. Sfogliando l’almanacco delle retrocessioni dalla Serie A alla Serie B, emerge un dato impietoso: mai una squadra incapace di ottenere almeno una vittoria nelle prime tredici giornate è riuscita a salvarsi. E così, tra applausi e rimpianti, Palladino ha scritto un nuovo capitolo della sua storia, dimostrando che a volte il destino sembra davvero fare giustizia da sé.

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Milan, deadline gennaio 2026: una volta per tutte capiremo le intenzioni della dirigenza | L’editoriale di Mauro Vigna

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Milan

Milan, c’è la data entro la quale capiremo, probabilmente una volta per tutte, le reali intenzioni della dirigenza e del club in generale. Vediamo meglio qui di seguito in dettaglio.

Il mese di gennaio 2026 sarà cruciale. Ogni occasione di mercato è importante, ma ritengo che questa lo sia ancora di più. Mi spiego meglio, finora quello che è sempre emerso dalla proprietà Gerry Cardinale è l’esigenza di centrare la qualificazione in Champions

E chi se ne frega se si arriva primi, oppure secondi, oppure terzi, oppure quarti. Entro le prime quattro posizioni va tutto bene. Ma è così anche per i tifosi rossoneri? Sicuramente no.

I presupposti per fare bene in questa stagione ci sono tutti. A oggi il Milan è secondo in classifica a soli due punti dalla capolista Roma e sulla panchina siede un tecnico capace e che ha dimostrato ampiamente di sapere vincere che risponde al nome di Massimiliano Allegri.

Ora la domanda è: cosa farà la dirigenza a gennaio? Accontenterà il tecnico con almeno 3 innesti di qualità in difesa, centrocampo e attacco oppure giocherà al risparmio forte dell’attuale rosa? Questo è lo snodo principale in seguito al quale capiremo meglio le reali intenzioni della proprietà AC Milan.

Acquistare tre prospetti di esperienza significherebbe lottare per lo scudetto senza minimamente nascondersi. Attendiamo sviluppi.

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