editoriale
Conte è l’unico che si è divertito guardando Inter-Juventus
Tutti dicono di essersi “divertiti” guardando Inter-Juventus, ma non è vero. L’unico che si è divertito (Antonio Conte) si guarda bene dal dirlo.
Non si è “divertito” nessuno (dei non neutrali) guardando Inter-Juventus. L’unico che si è divertito davvero è colui che si guarda bene dal pontificare sulla presunta estetica della partita, ovvero Antonio Conte.
Juventus, l’estetica per “coprire” l’inadeguatezza
La Juventus granitica di Thiago Motta è finita al settimo minuto di RB Leipzig-Juventus. L’infortunio di Bremer è una perdita capitale, troppo grande per poter essere ignorata. Nelle prime sette partite, ovvero quelle con il brasiliano in campo, i bianconeri hanno subito un solo gol. Dalla trasferta di Lipsia in poi, ne hanno subiti nove: ma in cinque partite. La media gol subita è passata da 0,14 a 1,8: un’altra squadra praticamente.
La narrazione secondo la quale l’ultimo derby d’Italia sarebbe stato uno sport per il calcio italiano nasconde la preoccupazione di fondo per una squadra che era stata costruita su una difesa impenetrabile, e che, tutto d’un tratto, ha visto venir meno le proprie certezze. E anche il pontificare dei tifosi juventini, su una inesistente differenza fra l’approccio di Thiago Motta e quello di Allegri, è figlio di questa consapevolezza di fondo.
Mi piacerebbe poter tornare indietro nel tempo, in modo tale da chiedere ai tifosi juventini (sul 4-2 per l’Inter con la squadra di Inzaghi che, come ha ricordato giustamente il tecnico piacentino, in quel momento poteva farne 7 od 8 di gol) se si stavano divertendo a guardare la partita. La risposta è probabilmente no, ma in qualche modo si doveva allontanare lo spauracchio dell’odiata ditta Conte-Napoli: pronta a scappare in classifica.

Thiago Motta da indicazioni a Timothy Weah ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Inter, senza quel “metro in più” non rivinci lo scudetto
Non si è divertito Thiago Motta, che però (inevitabilmente) non può dirlo. Non si è divertito tantomeno Simone Inzaghi, che lo ha fatto chiaramente capire nel post-partita. Ha ragione il piacentino nell’affermare che la sua squadra avrebbe potuto fare tranquillamente più gol, ma dimentica di dire che non è un’attenuante bensì un’aggravante. Un tentativo (goffo) di giustificare la non-vittoria, diventa un’ammissione di resa indiretta.
L’Inter ha subito 13 gol in 9 partite di campionato. Ha la decima difesa della Serie A, la seconda peggiore delle prime dieci della classifica. Solo Atalanta e Torino (con 14) hanno fatto peggio. L’anno scorso, a questo punto del campionato, i gol subiti erano nove i clean sheet sei: quest’anno tre. I tiri in porta subiti sono gli stessi, ma gli xGA sono più alti. Tradotto: l’Inter concede le stesse occasioni, ma con un margine di realizzazione più alto.
La rosa è un anno più vecchia, fa più fatica a stare alta e nel coprire tutto il campo. Le preventive non sempre vengono fatte con i tempi corretti e, più in generale, la sensazione è che manchi la volontà di fare il cosiddetto “metro in più” che c’era l’anno scorso. L’Inter ha il secondo attacco del campionato, eppure è a 7 punti (con una gara in meno) da Conte: sintomatico del fatto che non si vince con un gol in più dell’avversario.

SIMONE INZAGHI FA ENTRARE DAVIDE FRATTESI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Gli altri fanno finta di divertirsi, Conte ringrazia e scappa
Inter e Juventus, in una partita, hanno subito più gol di quanti ne abbia presi il Napoli di Conte da Settembre a oggi. Nel frattempo Antonio si diverte e ringrazia. In un colpo solo sfata due tabù (quello dei big match) e di Lukaku che “non segna alle grandi“. Nel momento più importante ritrova Big Rom, che segna un gol dei suoi. Esuberanza fisica a tratti incontenibile, verticalità e capacità di fagocitare spazi e avversari.
L’emblema di questo Napoli è Kvaratskhelia che, a metà secondo tempo, esulta come un gol per un calcio d’angolo guadagnato nel momento di massima spinta offensiva del Milan. Al 70esimo cambio sistematico: esce un Politano stremato ed entra Mazzocchi. Si attacca a tre e si difende a tre, perché Conte non ha cambiato modulo. In fase di non possesso Di Lorenzo stringe con i due centrali e Politano fa il quinto.
I finti de Coubertiniani sono arrovellati attorno ai loro problemi, ma dicono di divertirsi. Chi si diverte davvero in questo momento sono i tifosi del Napoli, (conte)nti di aver ritrovato una squadra che lotta, suda e combatte. Il vero spot per il calcio italiano è Milan-Napoli, non Inter-Juventus. Perché interpretare ogni metro di campo come se fosse l’ultimo è la vera essenza del calcio, non la spettacolarizzazione forzata dello sport.
editoriale
Mourinho, Conte e l’impietoso confronto dell’Estadio da Luz
José Mourinho torna un gigante d’Europa nella serata del da Luz. Antonio Conte e il Napoli ridimensionati, al netto delle pesanti assenze.
Tutto José Mourinho, quello dei bei vecchi tempi andati, nella serata dell’Estadio da Luz. La preparazione alla gara contro il Napoli di Antonio Conte è stata impeccabile, sia dal punto di vista comunicativo che da quello tecnico-tattico. Lo Special One si conferma un gigante d’Europa, mentre il salentino è rimandato.
Mourinho-Conte, amici mai: il confronto in tre immagini
Torna Sun Tzu, con un pizzico di Coser e una spruzzata di Dahrendorf
“Conte si lamenta delle assenze? Non fatemi ridere, perché io potrei piangere. Se a lui manca Lobotka può mettere McTominay e se gli manca De Bruyne può mettere Neres“. Per una sera, lo stile comunicativo del tecnico lusitano è tornato affilato e contundente come quello dei tempi migliori. L’invettiva del Profeta di Setubal sembrava annacquata da troppi anni, incapace di raccapezzarsi con il moderno flusso tecnologico.
Però, anche se solo per una sera, stavolta ha funzionato alla perfezione. Ha spostato tutta la pressione sui propri avversari, tecnicamente superiori e con una maggiore spesa sul mercato alle spalle. E le assenze, seppur pesanti, di Bah e Lukebakio appaiono come un Everest impossibile da scalare, mentre i partenopei vengono resi “schiavi” della vittoria a tutti i costi nonostante una lista di defezioni quasi impossibile da enumerare.
Ma Mou è così. Distorce la realtà, la plasma a suo piacimento con la propria narrazione orwelliana. La sua è una neo-lingua, che però ti arriva alle orecchie quasi come fosse il tuo dialetto madre. L’evergreen di Sun Tzu, su cui il tecnico portoghese ha costruito le sue fortune dialettiche, appare meno vetusto. Quasi “modernizzato”, con il rebranding, dovuto all’implementazione di concetti propri dei sociologi Coser e Dahrendorf, che lo fan sembrare “fresco”. E’ quella che nelle scienze sociali si chiama “teoria del conflitto esterno“, ovvero l’individuazione di un nemico esterno che serve a solidificare il proprio gruppo e a rafforzarne l’identità.
Come un “6-3-1” in fase di non possesso può apparire lo zenit del modernismo
Dal punto di vista tattico, è stato lo stesso Mourinho di sempre. “Vecchio” per alcuni, estremamente piazzato nella modernità per altri. Il Benfica, in fase di non possesso, si è trincerato in difesa con il più “mourinhano” dei 6-3-1. Taluni lo chiamerebbero “catenaccio”, ma è una parola desueta. Siamo nell’epoca dei neologismi e a Coverciano preferiscono “blocco basso”, così come il deprecabile “contropiede” è stato sostituito dal più politicamente corretto “transizioni negative”. A suo modo, anche questa è una sorta di neo-lingua orwelliana.
Sono però analisi superficiali, poiché i lusitani, almeno ieri sera, sono stati il connubio perfetto di modernità e pragmatismo. Mourinho, nel presentare la partita, era stato schietto come sempre. “Non possiamo accettare il loro uno contro uno a tutto campo, altrimenti ci ammazzano”. Detto, fatto. Ed ecco che allora il suo Benfica applica un altro dei concetti tipici della linguistica moderna applicata al pallone, ovvero la “riaggressione“.
La fase di non possesso ormai si articola in due momenti diversi: quando l’avversario è nel proprio terzo difensivo e quando salta la prima pressione. Nel primo caso, i portoghesi sono aggressivi. Alti e corti, quasi a soffocare la prima costruzione del Napoli. Che infatti è farraginosa, lenta e prevedibile. Il trio difensivo azzurro non riesce quasi mai a far uscire il pallone in maniera pulita da dietro. Milinkovic-Savic è spesso costretto a lanci lunghi e idem dicasi per i tre centrali, che non riescono a scivolare sulla linea laterale.
Ma quale “catenaccio”: il calcio di Mourinho è qualità allo stato puro
Peccato che quel tipo di situazione Mou l’abbia preparata alla perfezione. Hojlund non è Lukaku e lo si è lapalissianamente capito (qualora servisse un’ulteriore dimostrazione) nella serata di Lisbona. Forzare la palla diretta equivale, nella maggior parte dei casi, a restituire la sfera ai padroni di casa. Otamendi e Araujo hanno anticipato in maniera sistematica il centravanti danese, spegnendo le velleità offensive azzurre che peccavano della qualità tecnica necessaria per scardinare centralmente l’area di rigore militarizzata dai lusitani.
Rimaneva solo la via degli esterni, ma Lang e Neres venivano sistematicamente raddoppiati (da qui il “6-3-1” in fase difensiva) perdendo la propria peculiarità nell’1 vs 1. E anche se crossi, dato che in mezzo hai comunque Hojlund e McTominay, la prendono sempre loro: del resto l’avevano preparata così. Solo tattica, quindi? Macché! Il brio alla manovra offensiva la danno i giocatori, mica gli allenatori, e il Benfica di qualità nei piedi ne ha. Basti vedere l’illuminante tacco di Aursnes nel primo tempo, sull’ennesimo errore di Ivanovic.
Il Benfica questa partita l’ha dominata, soprattutto nel primo tempo, e il passivo sarebbe potuto essere anche più ampio, se Mourinho non avesse scelto di far riposare il suo bomber. Con Pavlidis al posto di un Ivanovic impresentabile, che ha fallito almeno due occasioni nitide, l’umiliazione (tattica) subita dal Napoli avrebbe assunto i connotati tennistici di quella di Eindovhen. E allora cosa resta? Al netto delle attenuanti, legate agli infortuni e al calendario, che Mourinho, checché se ne dica, resta un gigante d’Europa, a differenza di (questo) Conte. Portare questa squadra, con queste assenze e con questo calendario, ai playoff sarebbe un’impresa che solo a lui può riuscire. Ora bisogna andare allo Stadium (dove Mou in Champions League ha già vinto, quando allenava il Manchester United) contro una Juventus mediocre e poi al da Luz arriverà il Real Madrid di uno Xabi Alonso quasi esonerato. Impossible is nothing, per il Re delle notti magiche in Europa.

SCOTT MCTOMINAY RAMMARICATO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
editoriale
Milan, il corto muso funziona ancora: ora date due giocatori ad Allegri! L’editoriale di Mauro Vigna
Milan, la squadra di Allegri si sbarazza a fatica del Torino e riconquista la vetta della classifica. Un primo posto in comproprietà col Napoli e l’esigenza di mettere mano al portafoglio a gennaio.
Il corto muso funziona ancora, Massimiliano Allegri mette un gol davanti a quelli del Torino e vince una partita che dopo i minuti iniziali sembrava già sentenziata. Un gol in più dell’avversario, semplice per il tecnico livornese il quale magari non sempre fa giocare bene le sue squadre, ma le rende dannatamente efficaci. Ed è questo che serve, il bel gioco è fine a sè stesso se poi alla fine si stringe poco.
Alzi ora la mano chi reclama il bel gioco, in fondo a noi interessa essere lì davanti a tutti e per farlo serviranno almeno due colpi a gennaio. La fotografia del Milan attuale parla di un attacco sterile, eccezion fatta per il cecchino Pulisic, capocannoniere della Serie A. Gimenez ed Nkunku non stanno ripagando la fiducia di tecnico e dirigenza e in difesa la necessità è regalare un rinforzo al tecnico livornese il quale prega per la lunga vita di Gabbia, Pavlovic e Tomori.
Essere primi comporta onori e oneri, ma anche la dirigenza ora dovrà fare la sua parte. Si è detto che non ci saranno soldi a gennaio. A parte crederci poco, comunque se così fosse, basterà mettere sul mercato l’attaccante messicano il quale ha mercato. Per poi fiondarsi magari su un usato sicuro nell’attesa di Vlahovic in estate. Oppure dirottare tutto e subito su Mauro Icardi, uno che la porta la vede, eccome se la vede.
editoriale
Juventus, continua il caso David–Openda: pochi minuti e Mondiali a rischio
Juventus – gli acquisti di punta dell’estate faticano a trovare spazio. Spalletti continua a preferire altre soluzioni, mentre gennaio si avvicina e si valutano scenari inattesi.
La Juventus arriva alla metà del campionato con problemi ancora irrisolti. Il cambio Tudor–Spalletti non ha cancellato gli squilibri di una rosa costruita con fragilità strutturali, e i due investimenti più importanti dell’estate, Jonathan David e Lois Openda, restano ai margini. Anche nel ko di Napoli, nonostante l’assenza di Vlahovic, entrambi sono partiti dalla panchina, mentre Spalletti ha scelto Yildiz come falso nove.
Il rendimento dei due attaccanti è deludente. David, arrivato a parametro zero ma costato oltre 12 milioni di commissioni e con un ingaggio pesantissimo, ha segnato appena due gol in quasi venti partite e ha perso continuità in campionato e Champions. Openda, preso in prestito con obbligo di riscatto dal Lipsia per circa 45 milioni complessivi, ha raccolto finora pochissimi minuti in Serie A e un unico guizzo europeo. Il belga ha anche ammesso pubblicamente le difficoltà di adattamento.
Visualizza questo post su Instagram
Juventus, il tempo stringe per andare al Mondiale…
Il club chiede un cambio di passo immediato. L’infortunio di Vlahovic, che potrebbe restare fuori a lungo, sembrava poter aprire spazi ai due attaccanti, ma le scelte dell’allenatore raccontano altro. Chiellini ha provato a smorzare i toni, parlando di “opportunità” per entrambi, ma le decisioni tecniche continuano a penalizzarli.
Il tempo stringe anche in ottica Mondiali. David punta a essere protagonista con il Canada nella rassegna “di casa”, mentre Openda teme la concorrenza feroce nella nazionale belga. Per entrambi diventa indispensabile giocare con continuità nella seconda parte della stagione.

KENAN YILDIZ, DUSAN VLAHOVIC E LOIS OPENDA ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Il mercato di gennaio potrebbe offrire soluzioni, ma non senza ostacoli. David, con un ingaggio elevato, sarebbe accessibile quasi solo ai club di Premier League. La posizione di Openda è ancora più intricata per via degli accordi con il Lipsia e dell’obbligo di riscatto già fissato. In un mercato invernale di opportunità più che di investimenti, servirà creatività.
La Juventus, intanto, non può più permettersi rallentamenti: fuori dalla lotta scudetto e obbligata a lottare per il piazzamento Champions, ha urgente bisogno di certezze. E il tempo delle attese sta per scadere per tutti, David e Openda compresi.
-
Serie A1 giorno faEcco chi potrebbe comprare la Fiorentina: il nome è clamoroso
-
Calciomercato6 giorni faMilan, problema Nkunku: offerta araba o cessione in prestito?
-
Notizie7 giorni faMilan, ancora out Gimenez: non verrà forzato il rientro | I dettagli
-
Calciomercato2 giorni faMilan, contatti Boca Juniors-Pimenta: s’ingrossa l’affare Gimenez
-
Calciomercato1 giorno faMilan, Allegri chiama Musah: ritorno a gennaio?
-
Calciomercato6 giorni faFiorentina, colpo in Premier per rilanciarsi?
-
Calciomercato5 giorni faMilan: contatto con gli agenti di Giacomo Raspadori
-
Calciomercato4 giorni faL’ex Milan Bakayoko: “Tornerò a gennaio, pronto per una nuova sfida”
