editoriale
Alessandro Antinelli, il coraggio e il soffitto di cristallo
Apologia al coraggio di Alessandro Antinelli e alla sua forte presa di posizione contro il genocidio in Palestina, nel post-partita di Italia-Israele.
Il giorno prima, la direttrice dell’ufficio stampa Rai (la Dottoressa Incoronata Boccia) aveva sentenziato: “Non ci sono prove che i militari israeliani abbiano sparato su dei civili inermi“. Un negazionismo anacronistico nei termini, ma ahimè estremamente attuale nella forma. C’è infatti una marcata tendenza dell’informazione (soprattutto in Italia, ma non solo) a farsi oggetto del potere, sino a diventarne un megafono propagandistico.
Il coraggio di Alessandro Antinelli: fiocco nero per omaggiare i giornalisti “vittime del genocidio a Gaza”
Il giorno dopo, nell’immediato post-partita della gara vinta dall’Italia (3-0) contro Israele, il giornalista Alessandro Antinelli si presentava in postazione commento con un fiocco nero sulla giacca. Il motivo ci ha tenuto a precisarlo lui stesso: “Voglio ricordare 250 tra giornalisti e giornaliste che hanno perso la vita a Gaza, in quello che la commissione d’inchiesta dell’Onu ha definito un genocidio e che i nostri colleghi hanno provato a raccontare“. Lo ha fatto prima di analizzare tecnicamente il match, come ogni bravo giornalista dovrebbe fare. Quando si parla di Israele, in questa fase storica, non si può prescindere dal racconto di quanto sta succedendo in Medio Oriente, con una presa di posizione chiara e una condanna aprioristica.
L’iniziativa è partita dall’Ussi (Unione Stampa Sportiva Italiana, n.d.r.), che ha consegnato ai giornalisti in tribuna stampa e ai fotografi a bordo campo un fiocchetto nero per: “ricordare la tragedia e il lavoro dei cronisti, di penna e d’immagine, e per auspicare che ci sia una fine definitiva del conflitto per un futuro senza armi”. Antinelli ha preso la palla al balzo per condannare le azioni del regime sionista quando è stato menzionato il “caso” di Elisa Dossi, cronista Rai che era stata colpita da un sasso mentre raccontava i disordini che si stavano svolgendo fuori allo stadio (contestualmente alla partita) fra manifestanti e polizia.
Le parole, forti e coraggiose, di Antinelli sembrano in grado di rompere il “soffitto di cristallo” che imbavaglia certi ambienti dell’informazione, sempre più supini ai capricci del potere. Soltanto un anno fa un altro giornalista Rai, Alberto Rimedio, stigmatizzava i fischi all’inno israeliano (in occasione della gara di Nations League sempre fra Italia e Israele) da parte dei supporters azzurri. Sembra passato un secolo, e invece è trascorso esattamente un anno. Il processo di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, allo stato attuale, è tale da dissipare questa nube di omertà, anche grazie alle meritorie prese di posizione di tanti personaggi pubblichi e alle oceaniche manifestazioni di piazza.

editoriale
Roma, Koné si conferma il mediano totale a cui manca l’ultimo passo
Roma – Dominatore del centrocampo con Gasperini, ma il francese fatica a incidere sotto porta. Numeri alla mano, il gol resta il grande assente…
Manu Koné è ad oggi uno dei centrocampisti più affidabili del campionato. Sotto la guida di Gasperini, il mediano francese sta confermando tutto il suo valore: precisione nei passaggi (91%), instancabile nel recupero palla (72) e autentico padrone dei contrasti, con ben 86 duelli vinti.
Numeri da top player, che però nascondono una lacuna evidente. A Koné manca l’altra metà del gioco: l’incisività negli ultimi metri, soprattutto in zona gol. Non per presenza, perché il suo movimento continuo lo porta spesso nei pressi dell’area avversaria, ma per scelta e freddezza.
Roma, Koné…provaci di più!
I dati del campionato 2025-26 parlano chiaro. In 16 presenze e 1440 minuti giocati, Koné ha tentato appena 9 conclusioni: 5 da fuori area e 4 dentro l’area, tra cui pesa il clamoroso errore ravvicinato contro il Bologna. Ancora più significativo è il dato sui tiri nello specchio: uno soltanto, in Roma-Udinese. Il suo xGOT si ferma a 0,05, un numero che fotografa perfettamente il problema.

MANU KONE GUARDA AVANTI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Il confronto interno non lo aiuta: Mancini ha tirato quanto lui ma con maggiore precisione, mentre Cristante ha tentato ben 21 conclusioni, trovando la porta cinque volte. Koné corre, lotta e recupera come pochi, ma quando si tratta di finalizzare, si tira indietro.
Per diventare davvero completo, e smettere di sentirsi dire che “gli manca solo il gol”, Manu Koné dovrà osare di più. La qualità c’è tutta: ora serve il coraggio di provarci.
editoriale
Milan, difesa e attacco da paura: ma cosa aspettiamo? L’editoriale di Mauro Vigna
Milan, emergono grossi (sempre gli stessi) problemi. La dirigenza dovrà per forza metterci mano a gennaio. Ma in quale maniera?
Tutti i nodi vengono al pettine. Checché se ne dica, le continue lamentele (credetemi ci sono) di Massimiliano Allegri alla dirigenza finora hanno sortito alcun effetto, ma sempre più evidente è il fatto che il tecnico livornese abbia dannatamente ragione.
In estate c’erano gli stessi identici problemi attuali, qualcuno si è preoccupato di ascoltarlo? Rispondo io: no, nessuno. E i risultati sono quelli di una squadra carente in difesa e inesistente in attacco.
Leao non è un attaccante, Nkunku nemmeno e Pulisic sta tenendo in piedi la baracca sebbene anche lui non sia una prima punta. In difesa il trio Gabbia-Tomori e Pavlovic si stanno dimostrando dei discreti mestieranti se il centrocampo non perde colpi. Quando invece accade, vanno in affanno perché, come detto, di fenomeni non ce ne sono.
Serve mettere mano, ma in modo deciso, a difesa e attacco. La soluzione può essere Thiago Silva? Assolutamente no, 41 anni e oltre 40 partite giocate. E in attacco la soluzione può essere Fullkrug? Uno che in due anni ha segnato meno di Gimenez? Ed è tutto detto?
Dispiace perché così facendo la dirigenza, esclusivamente lei, sta buttando alle ortiche il miracolo calcistico portato avanti da Allegri da agosto fino adesso. Basterebbe poco, due rinforzi di qualità ed esperienza e le cose migliorerebbero. Ma forti, non un 41enne e un attaccante che la porta non la vede nemmeno più col binocolo.
editoriale
Serie A, a quanto oscilla il prezzo degli infortuni?
Uno studio inglese rivela l’impatto economico degli stop fisici nei top campionati europei: in cinque anni il calcio ha perso 3,45 miliardi di euro. Ecco quali squadre di Serie A ci hanno rimesso di più.
Uno studio inglese ha acceso i riflettori su un aspetto sempre più centrale del calcio moderno: il costo degli infortuni. Il Men’s European Football Injury Index, presentato a Londra da Howden – gruppo intermediario di assicurazione – ha analizzato i dati sugli infortuni negli ultimi cinque anni nei principali campionati europei, misurandone frequenza, gravità e impatto economico in termini di stipendi pagati a giocatori indisponibili.
I numeri sono imponenti. Secondo quanto riportato dalla Gazzetta dello Sport, nelle top leghe europee gli infortuni sono costati complessivamente 3,45 miliardi di euro negli ultimi cinque anni. La Serie A, pur restando lontana dai livelli della Premier League (che spende in media 275,83 milioni di euro a stagione), sfiora comunque il mezzo miliardo di euro complessivo.
Serie A, troppi soldi bruciati per gli stop
Solo nell’ultima stagione di Serie A, gli stipendi versati a giocatori infortunati hanno raggiunto quota 103,14 milioni di euro. Nel periodo compreso tra il 2020-21 e il 2024-25, i club italiani hanno pagato complessivamente 495,23 milioni di euro, con una media di 99,05 milioni a stagione.
Dal punto di vista sportivo, nello stesso arco temporale si sono registrati 3.967 infortuni in Serie A, il quarto dato tra le cinque principali leghe europee. In media, ogni stagione ha fatto segnare circa 793 infortuni, con uno stop medio di 20,15 giorni per giocatore, uno dei valori più alti in Europa. Il trend, inoltre, è in crescita: nella stagione 2024-25 si è arrivati a una media di 43 infortuni per squadra, otto in più rispetto all’anno precedente.
A spiccare sono soprattutto Juventus e Milan, le uniche due squadre costantemente sopra la media del campionato nelle ultime cinque stagioni. I bianconeri hanno toccato il picco nel 2021-22 con 91 infortuni, per poi chiudere l’ultima stagione a quota 56. Complessivamente, la Juventus ha speso 97,71 milioni di euro in stipendi per giocatori infortunati, quasi 20 milioni a stagione.

Il Milan, invece, ha oscillato tra i 61 infortuni del 2020-21 e i 51 del 2023-24, chiudendo il 2024-25 con 58 stop, il secondo dato più alto della Serie A. Per i rossoneri il conto totale degli infortuni nelle cinque stagioni analizzate è stato di 48,99 milioni di euro.
Numeri che raccontano una realtà chiara: gli infortuni non sono solo un problema tecnico e sportivo, ma rappresentano un peso economico sempre più rilevante per i club.
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