editoriale
Juventus, il Pagellone della stagione 2024/25
La vittoria sofferta sul Venezia vale il quarto posto e l’accesso alla prossima Champions League. Ma alla luce del mercato faraonico e degli obiettivi stagionali disattesi, la stagione della Juventus non può dirsi positiva. È tempo di valutazioni: ecco il pagellone di fine anno, ruolo per ruolo.
La Juventus conquista all’ultima giornata una qualificazione alla Champions League che, solo qualche settimana fa, sembrava potesse sfuggire definitivamente di mano. A Venezia, in una gara al cardiopalma vinta per 2-3, i bianconeri si sono assicurati il 4° posto in classifica – superando di un soffio la Roma – e l’accesso diretto alla prossima edizione della coppa dalle grandi orecchie. Ma è un traguardo che lascia comunque l’amaro in bocca, considerando le aspettative ben più alte di inizio stagione.
La Juventus, guidata da Thiago Motta fino a primavera e successivamente da Igor Tudor, non ha mai trovato continuità né un’identità di gioco realmente convincente. Il mercato estivo, fra i più sontuosi degli ultimi anni, aveva fatto sognare Scudetto, una corsa importante in Champions e magari un trionfo anche in Coppa Italia. Nessuno di questi obiettivi è stato centrato.
È dunque tempo di bilanci. Di seguito le valutazioni, reparto per reparto, con un focus dettagliato sui protagonisti bianconeri.
PORTIERI
Di Gregorio: 8.5
Una delle note più liete della stagione juventina. Alla sua prima annata in maglia bianconera, l’ex Monza ha mostrato personalità, leadership e talento tra i pali. La sua stagione è stata costellata da interventi decisivi: dalle parate salva-risultato contro Inter e Atalanta in campionato, alla prestazione sontuosa contro il PSV in Europa. Tuttavia, sarà la parata all’incrocio dei pali su Yeboah ad essere destinata a rimanere maggiormente impressa nella memoria dei tifosi. Si è trattato infatti di un intervento sontuoso che, di fatto, ha regalato alla Juve l’accesso alla Champions League. L’erede di Szczęsny ha convinto.

L’URLO DI MICHELE DI GREGORIO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Perin: 6.5
Rotazioni alla mano, ha avuto diverse chance per mettersi in mostra. Meno brillante rispetto ad altre stagioni, ma comunque affidabile. Memorabile in positivo la sua prestazione contro lo Stoccarda in Champions e quella, nonostante l’epilogo amaro, nei quarti di Coppa Italia persa ai rigori contro l’Empoli. Avere un secondo portiere così esperto è un grande lusso.
Pinsoglio: S.V.
DIFENSORI
Kelly: 5
Arrivato dal Bournemouth in prestito (ma ora acquisito a titolo definitivo) ha faticato ad adattarsi alla Serie A e alle esigenze tattiche bianconere. L’assenza di alternative lo ha costretto a un impiego fuori ruolo e fuori ritmo, ma le sue sbavature – come quella clamorosa contro il PSV sul tiro di Perisic– sono costate caro.
Bremer: S.V.
L’assenza prolungata del centrale brasiliano è stata una delle chiavi del crollo difensivo bianconero. La sua leadership è mancata terribilmente e chi lo sa come sarebbero potute andare le cose con lui in campo…
Cabal: S.V.
Kalulu: 8
Una vera e propria rivelazione. Acquistato senza grandi aspettative, Kalulu ha rapidamente scalato le gerarchie grazie a prestazioni di alto livello. Qualche errore qua e là, ma il suo contributo è stato fondamentale per mantenere compatto un reparto falcidiato dagli infortuni. Insomma, Pierre Kalulu è stato uno dei migliori colpi di Giuntoli a mani basse: il suo riscatto non è mai stato messo in discussione.
Gatti: 9
L’anima della difesa. Non sarà elegante né tecnicamente sopraffino, ma la sua grinta, la leadership e il senso di appartenenza lo hanno reso imprescindibile. Ha spesso messo ordine nel caos difensivo e, con la sua determinazione, è diventato simbolo di questa stagione altalenante.

FEDERICO GATTI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Cambiaso: 6
Stagione dai due volti per lui. Fino a dicembre, è stato uno dei migliori esterni del campionato. Dopo l’infortunio contro il Bologna – e le numerose voci che lo vedevano a un passo dal Manchester City – si è assistito ad un crollo verticale che ha sorpreso tutti. Le qualità ci sono, ma serve ritrovare fiducia e condizione.
Savona: 5
Stagione altalenante per il giovane difensore. Il gol all’Udinese aveva fatto ben sperare, ma troppi errori lo hanno rispedito indietro nelle gerarchie. Ha potenziale, ma la maglia bianconera pesa.
Alberto Costa: 6-
Oggetto misterioso per mesi, si è poi ritagliato uno spazio nelle rotazioni. Buona spinta sulla fascia, ma pesa come un macigno l’occasione fallita contro il Bologna che, per sua fortuna, non è costata la Champions alla Juventus. Nel finale di stagione ha comunque mostrato segnali incoraggianti che spingono i tifosi a guardare il suo futuro con maggiore ottimismo.
Renato Veiga: 6
Buttato anche lui nella mischia in piena emergenza, ha saputo reggere la pressione meglio di altri. La sua grinta è piaciuta ai tifosi – come in occasione dell’esultanza sotto la curva durante Juve-Inter – ma l’infortunio e la clausola troppo alta con il Chelsea ne complicano la permanenza.
CENTROCAMPISTI
McKennie: 8
L’americano si conferma una pedina fondamentale per il centrocampo bianconero. È quasi paradossale che ogni anno si metta in dubbio il suo rinnovo, considerando quanto si sia sempre sacrificato per la squadra. Ha ricoperto ruoli improbabili con dedizione e prestazioni solide. Insomma, Mckennie dovrebbe essere un riferimento per molti.
Locatelli: 9
Stagione da incorniciare per il nuovo capitano bianconero, che ha vissuto una vera rinascita. Fischiato a inizio stagione dai propri tifosi, ha saputo ribaltare la narrazione con prestazioni maiuscole, culminate nel rigore decisivo di ieri sera che ha sancito l’accesso in Champions League. Grazie anche al lavoro di Thiago Motta, ha mostrato grande versatilità, giocando persino da difensore centrale in Coppa Italia contro il Cagliari. Nulla da aggiungere se non un bel Chapeau!

MANUEL LOCATELLI RAMMARICATO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Thuram: 8.5
Il cognome pesante non lo ha frenato, anzi. Kephren ha mostrato talento e potenziale in una stagione complicata per la squadra. Forza fisica, dribbling e progressione lo rendono un centrocampista moderno su cui la Juventus farà bene a puntare. Meritava più spazio, questo è certo. Assurdo pensare al fatto che spesso sia stato ingiustamente relegato in panchina da Motta, persino in gare decisive come il ritorno contro il PSV.
Adžić: S.V.
Douglas Luiz: S.V
Arrivato per 50 milioni, doveva essere il faro del centrocampo. Invece, complice una serie di infortuni e forse qualche problema extracampo, è stato un fantasma. Addio ormai scontato.
Koopmeiners: 4
Una grave delusione. I 60 milioni spesi in estate sembravano garantire un grande innesto sulla trequarti, ma l’olandese ha deluso su tutta la linea. Per lui solo 4 gol e 3 assist in stagione, a cui si aggiungono numerosi errori tecnici, poca incisività e uno status di titolare mai realmente giustificato. Un flop difficile da giustificare.
ATTACCANTI
Milik: S.V.
Kolo Muani: 6
Partenza scintillante con 5 gol e un assist in 3 partite. Poi, un blackout di due mesi e mezzo che ne ha compromesso il rendimento. Si è poi ripreso nel finale con 3 gol importanti, ma il rendimento altalenante e il prezzo del riscatto rendono improbabile la sua permanenza.

RANDAL KOLO MUANI FA IL SEGNO OK ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Nico Gonzalez: 6+
Fino a primavera era da bocciare. L’arrivo di Tudor lo ha però restituito al suo ruolo naturale, migliorandone rendimento e impatto. Tuttavia, 5 gol e 2 assist in tutta la stagione sono numeri troppo bassi per un attaccante costato 38 milioni. Ha qualità, questo è certo, ma serve continuità.
Conceição: 7-
Una stagione dai due volti per Chico: esplosivo nella prima parte, deludente nella seconda, complice anche un infortunio che lo ha bloccato per un mese circa. Il portoghese ha comunque mostrato un talento cristallino e una capacità di dribbling rara nel nostro campionato. Se ben gestito, può diventare una risorsa preziosa per il futuro. Giuntoli: tira subito fuori 30 milioni, li vale!
Weah: 6
Estremamente duttile, ha giocato sia a destra che a sinistra offrendo affidabilità e spirito di sacrificio. Ottimo nella sfida contro il PSV. Non imprescindibile, ma utile.
Yildiz: 7,5
Prima stagione con la maglia numero 10 con tante luci, ma anche tante ombre. Tecnicamente sopra la media, ha chiuso la stagione solo con 9 gol e 7 assist. Tuttavia, va dato atto del fatto che abbia giocato spesso lontano dalla porta pagando l’inesperienza, come dimostra l’espulsione contro il Monza che gli ha fatto saltare due partite cruciali. Ha margini enormi, ma serve maturità.
Mbangula: 6
Un sei politico. Poco spazio, ma si è fatto notare con un gran gol contro il Bologna. Merita più considerazione il prossimo anno poiché può essere un’ottima riserva.
Vlahović: 5
Deludente, questo è poco ma sicuro. I 15 gol stagionali non bastano, soprattutto considerando le occasioni sprecate e lo stipendio elevatissimo che non ha mai voluto abbassarsi. L’unico lampo degno di nota in questa stagione è stata la splendida doppietta al Lipsia. Dopo due allenatori diversi e ancora gli stessi errori tecnici, è però chiaro che il problema è lui. L’addio appare inevitabile.

DUSAN VLAHOVIC FA IL SEGNO OK ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
ALLENATORI
Thiago Motta: 4
L’idea di gioco era più dinamica rispetto al passato, ma l’esecuzione è stata disastrosa. L’epidemia di pareggi e le rotazioni continue hanno privato la squadra di identità. Errori tattici, assenza di un capitano fisso, dichiarazioni fuori luogo (come dopo il disastro col PSV nel quale ha affermato che avrebbe rifatto tutte le sue scelte). Insomma, Motta non era pronto per un club come la Juventus.
Tudor: 6
Un sei politico anche per lui, assegnato unicamente per aver centrato l’obiettivo Champions e ricompattato in parte lo spogliatoio. Tuttavia, anche lui ha commesso degli errori, come le discutibili sostituzioni contro la Lazio. Ancora troppo acerbo nella gestione di una piazza complessa come quella bianconera. Vedremo cosa saprà dare alla Juventus in occasione del Mondiale per Club…
editoriale
Milan, stai buttando un’occasione d’oro: l’editoriale di Mauro Vigna
Milan, probabilmente mai come quest’anno i rossoneri hanno la possibilità di dire la loro durante la campagna acquisti invernale, oppure no. La seconda opzione di certo spaventa.
Diciamocela tutta, è un campionato al rallentatore. Non esiste una vera e propria squadra che sta andando in volta, per usare un termine ciclistico che tuttavia bene fa capire l’attuale situazione. Tante squadre a pochi punti di distanza l’una dall’altra, molti di questi persi per casa, chi durante gli scontri diretti, vedasi il Napoli e chi, come il Milan, contro le piccole.
Un’occasione d’oro quindi per gli uomini di Massimiliano Allegri, secondi a un solo punto dai cugini capolisti e pieni di rammarichi per i soli due punti contro Cremonese, Pisa e Sassuolo. Ho coniato il termine neopromossite, ovvero una patologia insorta nel Milan quando c’è da giocare contro le neopromosse. I motivi sono ancora tutti da capire, ma i numeri non mentono mai.
E sarebbe così facile imporsi in questo campionato, se solo la dirigenza lo volesse. Mai come quest’anno basterebbero tre acquisti mirati, forti ed esperti per potere arrivare in fondo al campionato e probabilmente vincerlo. Serve un attaccante diverso da Niclas Fullkrug il quale in Premier League sta eguagliando Santiago Gimenez con la pochezza di zero gol e zero assist.
Il Milan non è un centro di recupero per giocatori persi, lo stiamo facendo con Nkunku con risultati al momento disastrosi, lo faremo con Fullkrug, sperando finisca diversamente. La botta di c…., ops fortuna, l’abbiamo avuta con Pulisic del quale ci riferivano che era sempre infortunato, un giocatore finito…beh, ce ne fossero di giocatori così. Ma non possiamo vivere di scommesse, ci servono solide realtà e Fullkrug ad oggi non lo è.
Ci serve un forte difensore centrale e per quanto bene possa volere a Thiago Silva, è un azzardo grande come una casa perché il giocatore ha 41 anni e arriva da una stagione in cui ha fatto oltre 40 presenze. Vecchio e bollito, mi viene da dire, con il giusto e dovuto timore reverenziale che porta un campione del genere, ovviamente. Così difficile prendere un Joe Gomez qualsiasi?
E per finire ci serve un terzino destro, Saelemaekers, fresco di rinnovo fino al 30 giugno 2031, non le può giocare tutte, se me ne accorgo io, penso che anche lo staff tecnico possa lontanamente immaginarlo. E Athekame quando esntra in campo provoca le preoccupazioni che avevo quando c’era lui, Emerson Royal.
Siamo sempre alle solite, basterebbe così poco per allestire una squadra competitiva, e ripeto, in questo campionato il Milan, con una rosa adeguata, potrebbe tranquillamente dire la sua. Peccato che a gennaio, come ci è stato riferito, si andrà a pescare alla voce opportunità di mercato che equivale partire da Milano, andare al casinò e puntare sul rosso e sul nero chiudendo gli occhi e sperando vada bene.
editoriale
Juventus, finalmente Spalletti ha lasciato il segno!
Vittoria importante al Dall’Ara e secondo clean sheet di fila. La Juventus di Luciano Spalletti ha finalmente giocato un buon calcio.
La Juventus torna da Bologna con molto più dei tre punti. L’1-0 del Dall’Ara rappresenta una tappa chiave della stagione e, soprattutto, la prima autentica versione “spallettiana” dei bianconeri: squadra compatta, aggressiva, coraggiosa e finalmente riconoscibile. Una vittoria pesante, che rilancia la corsa Champions e prepara il terreno allo scontro diretto con la Roma per il quarto posto.
La chiave della vittoria della Juventus
Contro un Bologna confuso e poco convincente, la Juve ha imposto il proprio ritmo fin dall’inizio. Pressing alto, baricentro avanzato e gestione lucida del pallone hanno segnato una netta discontinuità rispetto alle precedenti uscite, comprese quelle in campo europeo. Il primo tempo è stato solido, la ripresa ancora più autoritaria, con i rossoblù pericolosi solo a sprazzi, come sulla traversa colpita da Zortea.
Il gol decisivo arriva a metà secondo tempo e porta la firma inattesa di Cabal, al secondo centro stagionale dopo quello contro l’Atalanta, bravo a sfruttare un cross preciso di Yildiz. Determinante anche l’impatto dei cambi, che hanno dato la spallata decisiva a una gara controllata per lunghi tratti. Da segnalare il rientro di Bremer nel finale, mentre Koopmeiners sarà assente contro la Roma per squalifica.

Il risultato sta persino stretto alla Juventus, che crea molto ma conferma qualche limite sotto porta. Openda spreca due occasioni nitide, Ravaglia evita un passivo più pesante e un gol di David viene annullato per fuorigioco. Segnali incoraggianti anche da Yildiz, sempre più centrale nel gioco pur senza trovare la rete.
Il successo vale il quinto posto e, almeno per una notte, il -1 dalla Roma, in attesa degli altri risultati. È il secondo clean sheet esterno del campionato, un dato che certifica la solidità ritrovata dopo un rendimento lontano da casa troppo discontinuo.
Spalletti ha parlato della “vittoria più bella” da quando siede sulla panchina bianconera, ma ha invitato alla prudenza. Bologna non è un punto d’arrivo, bensì una ripartenza. La prossima sfida con la Roma sarà il vero spartiacque dove si misureranno ambizioni, maturità e la reale crescita di una Juventus che sembra aver finalmente trovato la sua strada.
editoriale
Mourinho, Conte e l’impietoso confronto dell’Estadio da Luz
José Mourinho torna un gigante d’Europa nella serata del da Luz. Antonio Conte e il Napoli ridimensionati, al netto delle pesanti assenze.
Tutto José Mourinho, quello dei bei vecchi tempi andati, nella serata dell’Estadio da Luz. La preparazione alla gara contro il Napoli di Antonio Conte è stata impeccabile, sia dal punto di vista comunicativo che da quello tecnico-tattico. Lo Special One si conferma un gigante d’Europa, mentre il salentino è rimandato.
Mourinho-Conte, amici mai: il confronto in tre immagini
Torna Sun Tzu, con un pizzico di Coser e una spruzzata di Dahrendorf
“Conte si lamenta delle assenze? Non fatemi ridere, perché io potrei piangere. Se a lui manca Lobotka può mettere McTominay e se gli manca De Bruyne può mettere Neres“. Per una sera, lo stile comunicativo del tecnico lusitano è tornato affilato e contundente come quello dei tempi migliori. L’invettiva del Profeta di Setubal sembrava annacquata da troppi anni, incapace di raccapezzarsi con il moderno flusso tecnologico.
Però, anche se solo per una sera, stavolta ha funzionato alla perfezione. Ha spostato tutta la pressione sui propri avversari, tecnicamente superiori e con una maggiore spesa sul mercato alle spalle. E le assenze, seppur pesanti, di Bah e Lukebakio appaiono come un Everest impossibile da scalare, mentre i partenopei vengono resi “schiavi” della vittoria a tutti i costi nonostante una lista di defezioni quasi impossibile da enumerare.
Ma Mou è così. Distorce la realtà, la plasma a suo piacimento con la propria narrazione orwelliana. La sua è una neo-lingua, che però ti arriva alle orecchie quasi come fosse il tuo dialetto madre. L’evergreen di Sun Tzu, su cui il tecnico portoghese ha costruito le sue fortune dialettiche, appare meno vetusto. Quasi “modernizzato”, con il rebranding, dovuto all’implementazione di concetti propri dei sociologi Coser e Dahrendorf, che lo fan sembrare “fresco”. E’ quella che nelle scienze sociali si chiama “teoria del conflitto esterno“, ovvero l’individuazione di un nemico esterno che serve a solidificare il proprio gruppo e a rafforzarne l’identità.
Come un “6-3-1” in fase di non possesso può apparire lo zenit del modernismo
Dal punto di vista tattico, è stato lo stesso Mourinho di sempre. “Vecchio” per alcuni, estremamente piazzato nella modernità per altri. Il Benfica, in fase di non possesso, si è trincerato in difesa con il più “mourinhano” dei 6-3-1. Taluni lo chiamerebbero “catenaccio”, ma è una parola desueta. Siamo nell’epoca dei neologismi e a Coverciano preferiscono “blocco basso”, così come il deprecabile “contropiede” è stato sostituito dal più politicamente corretto “transizioni negative”. A suo modo, anche questa è una sorta di neo-lingua orwelliana.
Sono però analisi superficiali, poiché i lusitani, almeno ieri sera, sono stati il connubio perfetto di modernità e pragmatismo. Mourinho, nel presentare la partita, era stato schietto come sempre. “Non possiamo accettare il loro uno contro uno a tutto campo, altrimenti ci ammazzano”. Detto, fatto. Ed ecco che allora il suo Benfica applica un altro dei concetti tipici della linguistica moderna applicata al pallone, ovvero la “riaggressione“.
La fase di non possesso ormai si articola in due momenti diversi: quando l’avversario è nel proprio terzo difensivo e quando salta la prima pressione. Nel primo caso, i portoghesi sono aggressivi. Alti e corti, quasi a soffocare la prima costruzione del Napoli. Che infatti è farraginosa, lenta e prevedibile. Il trio difensivo azzurro non riesce quasi mai a far uscire il pallone in maniera pulita da dietro. Milinkovic-Savic è spesso costretto a lanci lunghi e idem dicasi per i tre centrali, che non riescono a scivolare sulla linea laterale.
Ma quale “catenaccio”: il calcio di Mourinho è qualità allo stato puro
Peccato che quel tipo di situazione Mou l’abbia preparata alla perfezione. Hojlund non è Lukaku e lo si è lapalissianamente capito (qualora servisse un’ulteriore dimostrazione) nella serata di Lisbona. Forzare la palla diretta equivale, nella maggior parte dei casi, a restituire la sfera ai padroni di casa. Otamendi e Araujo hanno anticipato in maniera sistematica il centravanti danese, spegnendo le velleità offensive azzurre che peccavano della qualità tecnica necessaria per scardinare centralmente l’area di rigore militarizzata dai lusitani.
Rimaneva solo la via degli esterni, ma Lang e Neres venivano sistematicamente raddoppiati (da qui il “6-3-1” in fase difensiva) perdendo la propria peculiarità nell’1 vs 1. E anche se crossi, dato che in mezzo hai comunque Hojlund e McTominay, la prendono sempre loro: del resto l’avevano preparata così. Solo tattica, quindi? Macché! Il brio alla manovra offensiva la danno i giocatori, mica gli allenatori, e il Benfica di qualità nei piedi ne ha. Basti vedere l’illuminante tacco di Aursnes nel primo tempo, sull’ennesimo errore di Ivanovic.
Il Benfica questa partita l’ha dominata, soprattutto nel primo tempo, e il passivo sarebbe potuto essere anche più ampio, se Mourinho non avesse scelto di far riposare il suo bomber. Con Pavlidis al posto di un Ivanovic impresentabile, che ha fallito almeno due occasioni nitide, l’umiliazione (tattica) subita dal Napoli avrebbe assunto i connotati tennistici di quella di Eindovhen. E allora cosa resta? Al netto delle attenuanti, legate agli infortuni e al calendario, che Mourinho, checché se ne dica, resta un gigante d’Europa, a differenza di (questo) Conte. Portare questa squadra, con queste assenze e con questo calendario, ai playoff sarebbe un’impresa che solo a lui può riuscire. Ora bisogna andare allo Stadium (dove Mou in Champions League ha già vinto, quando allenava il Manchester United) contro una Juventus mediocre e poi al da Luz arriverà il Real Madrid di uno Xabi Alonso quasi esonerato. Impossible is nothing, per il Re delle notti magiche in Europa.

SCOTT MCTOMINAY RAMMARICATO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
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