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Roma, Pedro: “Voglio vincere, Fonseca un vincente”
L’esterno offensivo della Roma Pedro è stato protagonista dell’AS Roma Match Preview della gara contro l’Udinese: “Ho scelto la Roma perché avevo voglio di provare un altro campionato, di giocare in un altro Paese, conoscere un’altra cultura e un’altra lingua. Sono contento della scelta fatta per diversi motivi. Oltre a questo avevo parlato con l’allenatore e avevo voglia di far parte di una squadra vincente e di far qualcosa di importante con questa maglia. Un altro motivo è il fatto che è tanto tempo che la squadra non vince. Spero che assieme ai compagni potremo competere, come stiamo facendo ora, per vincere qualche titolo. Sarebbe molto positivo per questo club”.
Fonseca?
“È un allenatore vincente, perché prepara sempre le partite con l’intento di vincerle. In settimana può cambiare qualcosa in termini di come portare pressione o di come giocare contro un determinato avversario e questo dimostra la sua voglia di voler vincere sempre. È un allenatore che lavora molto bene a livello offensivo. Questo mi piace molto, perché per gran parte della carriera ho giocato portando un pressing molto alto, cercando di recuperare subito la palla per arrivare velocemente alla porta avversaria. Un modo di vedere il calcio che mi piace molto, quindi per me è più facile lavorare con lui”.
Sulla città
“Stiamo vivendo un momento molto complicato, ci sono diverse restrizioni e ogni giorni si verificano nuovi casi. Per questo diventa anche difficile potersi godere la città. Ho avuto comunque la fortuna di poter vedere Roma, ho camminato per le vie del centro, ho avuto modo di vedere i luoghi principali. È una città fantastica e conosciuta in tutto il mondo, con una storia incredibile”.
Sull’accoglienza.
“Sono stato accolto bene da tutti, ogni volta che sono entrato in un supermercato, in un ristorante oppure in un negozio. Questo mi ha consentito di adattarmi velocemente”.
Ti senti un leader?
“Non lo so se sono un leader, di certo ho accumulato una buona esperienza, ho giocato in molte squadre e forti come Barcellona, Chelsea o la nazionale spagnola. Gioco da molti anni, questo fa sì che i compagni ti ascoltino quando parli. Restando uniti e con questa mentalità dobbiamo continuare a lavorare per ottenere un giorno dei risultati importanti”.
Sul finale di carriera.
“Purtroppo non giocherà ancora per molti anni, ma proprio per questo volevo venire qui, per provare a vincere nuovi trofei e farlo in un club come la Roma in una città in cui si vede come la gente voglia che questa squadra torni a vincere qualcosa. Speriamo di riuscirci. È una grande sfida ed una sfida difficile allo stesso tempo, ma lavoriamo tutti in questa direzione.”
Sull’Europa League.
“Certo che possiamo vincerla, sappiamo che ci sono grandi rivali e ci attendono grandi partite, ogni match sarà difficile. Il Braga sarà un avversario complicato, specialmente in casa loro. Dovremo prepararla bene e giocare con intelligenza, credo che sia molto importante dato che si gioca su 180 minuti. In questo modo potremo cercare di passare il turno e arrivare in fondo. Il cammino è ancora lungo e dobbiamo affrontare le cose una alla volta. Possiamo certamente arrivare in fondo con la squadra che abbiamo. Sono partite in cui devi gestire il tempo e cercare di non subire gol, questo è molto importante nelle competizioni come Champions League ed Europa League, bisogna essere solidi e sfruttare le occasioni da gol”.
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Buffon rivela: “Ecco tutti i no per la Juventus: Barcellona, Atalanta e Roma…”
Il capo delegazione dell’Italia di Luciano Spalletti, Gianluigi Buffon, ha parlato a La Repubblica svelando diversi retroscena di mercato.
Gianluigi Buffon ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni de La Repubblica rivelando alcuni retroscena di mercato dei tempi di quando lui era ancora un giocatore.
Di seguito le parole della leggenda della Nazionale Italiana:
“Nel 2001, dal Parma, avevo quasi fatto con la Roma. Era questione di dettagli. Poi anche col Barcellona. Alla fine però sono andato alla Juve. Poi nel 2005 c’è stata una grandissima società straniera che mi voleva, ma non l’ho presa in considerazione. Nel 2011 stavo di nuovo andando alla Roma: mi chiamò Montali, mi piaceva e con la Juve s’era rotto qualcosa. Poi però arrivò Conte e impose la mia presenza.
Quando dal Psg sono tornato alla Juve stavo per andare al Porto. Avevo già visto i voli, la città. E altre due volte sono stato vicinissimo all’Atalanta. La seconda avevo deciso. Ma alla Juve mi conoscono come le loro tasche. Fecero una riunione: c’eravamo io, Paratici, Pirlo. Che mi disse: Gigi, cavolo, è il primo anno che alleno, sono venuto sapendo che c’eri tu… Cosa potevo rispondergli?”.
Il calcio le è mai entrato in casa? Cosa ha dovuto spiegare ai figli?
“Le scelte. Tipo Parigi, tipo tornare alla Juve, tipo accettare di fare il secondo alla Juve per due anni, tipo andare in B per il Parma. Ai miei figli ho spiegato il motivo per cui le facevo, mi auguro che per loro sia un patrimonio a cui attingere qualcosa di buono”.
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Napoli, Spalletti rivela: “Lo staff mi disse: Vendono tutti, che restiamo a fare?”
L’ex tecnico del Napoli, Luciano Spalletti, ha parlato a Il Corriere dello Sport soffermandosi sul tormentato addio sulla panchina partenopea.
Luciano Spalletti, attuale commissario tecnico dell’Italia, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni de Il Corriere dello Sport soffermandosi sulla sua esperienza al Napoli, sul rapporto con Aurelio De Laurentiis e del burrascoso addio dopo la vittoria del tricolore.
Napoli, le parole di Spalletti
Io la tristezza l’ho scelta e abbracciata lasciando Napoli dopo quella cosa là. Sarebbe stato più facile e naturale andare avanti, lavorare con un gruppo che avevamo portato al top, godersi la felicità del momento, quella fatta provare alla gente di Napoli. Ho scelto la tristezza”.
Spalletti quindi prosegue nel suo ragionamento…
“Io non so allenare il cinismo. Allenare per me significa voler bene al calciatore, saperlo difendere, aggiungergli qualcosa. Esiste il calciatore timido che non riesce a esprimere totalmente il proprio potenziale e allora intervengo con il lavoro. Al Napoli ne avevo un paio. Con l’esercizio cerco di portare il timido nella condizione ideale per alzare il livello del rendimento.
Non riesco a fare niente in superficie. Il primo anno a Napoli vivevo in albergo, magnifico, mi portavano la colazione in camera. Poi ho piazzato il lettino nell’ufficio. Per non perdere un solo secondo, anche il più piccolo particolare, mi risparmiavo la mezz’ora di auto da Napoli a Castel Volturno”.
Hai mai subìto una decisione?
“Ho sempre deciso per me stesso. Il mestiere vuol dire 365 giorni di grande lavoro. Dopo il primo anno i miei collaboratori mi dissero “ma cosa restiamo a fare? Hanno venduto tutti”. Erano partiti Mertens, Koulibaly, Ghoulam, Ospina, Insigne, Fabian Ruiz. Tanta qualità. Io volevo sentirmi l’allenatore del Napoli e si è allenatori di una squadra soltanto se si fa qualcosa di effettivamente importante.
Quando incontri De Laurentiis la prima cosa che ti dice è “secondi siamo già arrivati e dobbiamo stare sempre in Champions”. Messaggio chiaro e diretto. Così sono ripartito per ottenere quella cosa là, è successo, sarei potuto restare ancora, il grafico prestazionale l’avevamo portato al livello più alto”.
I colloqui con De Laurentiis?
“Io ho due orecchie e una bocca. So ascoltare e al momento giusto parlare. De Laurentiis ha una grande comunicativa, un linguaggio scorrevole. E poi dipende sempre dal De Laurentiis che ti ritrovi di fronte, ne esistono almeno quattro o cinque. Con l’intelligenza artificiale potrebbero provare a inventarne altri”.
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Questione allenatore, Juventus e Milan nella stessa situazione: spunta una clamorosa ipotesi
Questione allenatore, lo abbiamo scritto diverse volte, ma Juventus e Milan stanno affrontando una situazione analoga. Andiamo qui di seguito a svelarne i motivi senza escludere una clamorosa ipotesi.
La situazione di Milan e Juventus è speculare. Entrambi i club, con buone probabilità, lasceranno partire i loro rispettivi allenatori in estate. Sappiamo che i bianconeri hanno stretto rapporti con Thiago Motta e i rossoneri con Julen Lopetegui. C’è chi parla già di preaccordi e condivisioni sulle strategie di mercato. Cose possibili, ma andiamo ad analizzare il trait d’union che lega insieme le due dirigenze. Una parte di entrambe infatti vorrebbe sulla panchina Antonio Conte.
Vero motivo per il quale il tecnico leccese sta aspettando e provvisoriamente rifiutando Napoli. Sappiamo che Conte alla Juventus ci andrebbe al volo, viste le sue esigenze di rimanere in Italia e vicino a Torino, ma sappiamo anche, per gli stessi motivi, che la soluzione Milan sarebbe altrettanto gradita. L’altra parte delle rispettive dirigenze invece non vuole Conte. Chi la spunterà?
Se Conte dovesse alla fine andare alla Juventus, Thiago Motta potrebbe essere il nome che metterebbe tutti d’accordo all’interno della galassia Milan, ad oggi piuttosto fredda su Lopetegui. Ovviamente, per entrambe, ci sono prima da piazzare Allegri e Pioli, con quest’ultimo particolarmente adulato dallo stesso De Laurentiis. Insomma, un intreccio sull’asse Torino-Milano che potrebbe nascondere insidie, ma anche sorprese.
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