Dici Agnelli e pensi subito a Gianni, l’Avvocato, forse la figura più carismatica di una stirpe da sempre legata alla Juventus: probabilmente è per questo motivo che la notizia della nomina a presidente bianconero di Andrea Agnelli, arrivata esattamente dieci anni fa, creò paragoni ingombranti che l’allora 34enne seppe gestire al meglio.
Ora Andrea Agnelli di anni ne ha 44 e in più, rispetto a quello storico momento, ha in dote un bagaglio d’esperienza infinitamente enorme oltre ad un carico di Scudetti da record: dal 2011 lo spartito ha assunto le sembianze di un monologo – naturalmente juventino -, trend che potrebbe continuare in caso di ripresa del campionato che vedeva ‘Madama’ al primo posto prima che il maledetto virus stoppasse tutto.
Inoltre oltre ai trofei Andrea ha anche pensato al fatturato e agli incredibili numeri fatti registrare in un decennio all’insegna della crescita costante sia in campo che fuori: dai 172,1 milioni della stagione 2010/11 si è passati ai 621,5 del 2019/20, con un incremento del 361% che rappresenta la chiara dimostrazione della bontà di un lavoro certosino, iniziato con gli uomini giusti al proprio fianco.
Primo su tutti Giuseppe Marotta, arrivato a Torino praticamente in tandem con Agnelli dopo la fruttuosa esperienza alla Sampdoria, e Fabio Paratici, promosso al ruolo di Chief Football Officer un anno e mezzo fa dopo l’uscita dal club del grande Beppe: proprio il piacentino fu una componente importante nell’acquisto di Cristiano Ronaldo, primo giocatore a sfondare i 30 milioni d’ingaggio in Serie A e brand vivente su cui la Juventus ha puntato.
Per far aumentare in modo esponenziale il fatturato servono anche e soprattutto giocatori forti e acquistati in momenti strategicamente perfetti: basti pensare al colpo Andrea Barzagli, prelevato per soli 300mila euro dal Wolfsburg, o ai parametri zero Andrea Pirlo e Paul Pogba, componenti di un centrocampo da sogno completato da Claudio Marchisio (cresciuto nelle giovanili) e Arturo Vidal, per il quale ‘bastarono’ 10,5 milioni più 2 di bonus.
Tanta qualità con poco a disposizione, una capacità di programmazione che non ha molti eguali nella storia: un successo che, a dieci anni di distanza, sembra scontato e ripetitivo. Non per Andrea Agnelli, partito dal basso fino a giungere sui cirrocumuli del calcio italiano: in attesa di quel sogno e allo stesso tempo ossessione chiamato Champions League
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