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Nuovo stadio Milan: spunta il progetto firmato Foster
Adesso c’è un disegno. Anche un modellino in cui compare quello che potrebbe diventare il nuovo stadio del Milan. A una settimana dal voto a Sesto torna con forza il progetto di realizzare il nuovo impianto a MilanoSesto nell’area delle ex acciaierie Falck.
C’è un disegno. Anche un modellino. Dove al centro compare quello che potrebbe essere il nuovo stadio del Milan. C’è anche una firma eccellente: quella di Sir Norman Foster che conosce bene l’area in quanto ha disegnato il masterplan.
A una settimana dal voto a Sesto San Giovanni torna con forza sul proscenio il Piano B, quello che prevede la realizzazione del nuovo stadio di Milan e Inter a MilanoSesto nell’area delle ex acciaierie Falck. Con una differenza fondamentale rispetto al progetto di San Siro: in questo caso l’impianto sarebbe di proprietà dei soli rossoneri.
Indice
Milan addio «Cattedrale»
Manca ancora una decisione definitiva, ma a questo punto appare chiaro che l’ipotesi Sesto non è solo un bluff messo sul tavolo per sbloccare il Piano A, ossia quello che prevede la realizzazione del nuovo impianto a San Siro.
Così come appare evidente che il fondo Redbird, proprietario del Milan e Hines, il gruppo di sviluppo immobiliare che controlla l’area di MilanoSesto, entrambe americane, si parlano. Emergono dei nuovi particolari. A partire dall’area dove potrebbe essere posizionato lo stadio: vicino all’edificio storico che fino agli anni ’70 ospitava l’altoforno Tagliaferri che produceva ghisa.
Siamo nel cosiddetto T5 del comparto Concordia. L’edificio verrà mantenuto nella sua quasi interezza e servirà da porta d’ingresso dello stadio che ha una forma ovale molto lontana dalla suggestione della Cattedrale firmata da Populous.
«All’inizio — dice il sindaco Roberto Di Stefano — il presidente Scaroni aveva portato avanti l’idea di realizzare il progetto di Populous, ma considerato che Norman Foster ha progettato tutte le aree Falck e conosce alla perfezione l’archeologia industriale del sito si è ritenuto che dialogare e far progettare l’area dello stadio a chi ha già disegnato un milione e 250mila metri quadrati, ha un senso. Una mano diversa si sarebbe vista».
L’impianto di Foster
L’idea, è quella di realizzare un impianto moderno da 60-70mila posti, sostenibile e, soprattutto, rivolto alle famiglie con servizi attivi 7 giorni su 7. E con la possibilità di utilizzare quello che resta dell’altoforno per sviluppare la parte commerciale e museale del progetto.
Il nuovo stadio dovrà integrarsi con il sistema del verde del parco Concordia. «Quello che abbiamo chiesto — dice Di Stefano — è mantenere i 24 ettari di parco disegnati da Norman Foster». L’ipotesi è quella di acquisire parte dell’area limitrofa di proprietà di Edison per compensare e reintegrare il verde che si perderebbe con la costruzione dello stadio.
Di Stefano: «Garantiamo tempi veloci»
Chiaramente chi spinge sull’acceleratore dell’operazione è Di Stefano che domenica sarà chiamato alla prova delle urne. «Sembrerebbe che il Piano B stia diventando il Piano A e noi ci speriamo con tutte le forze. Il confronto con i club ha portato le squadre a conoscere la realtà del nostro territorio che è collegato benissimo con il resto dell’area metropolitana: metrò, ferrovia, tangenziali, siamo vicini a Linate.
Le squadre, o anche una sola, hanno bisogno di un nuovo stadio in tempi veloci per rimanere competitive a livello internazionale. Non hanno bisogno di perdere tempo su qualcosa di fumoso che non si sta concretizzando e rischia di crollare come un castello di sabbia».
Ogni riferimento al Comune di Milano è puramente voluto. Il dibattito pubblico, richiesto per legge, non è ancora partito. Da una parte si aspetta che le squadre presentino il dossier che recepisce le richieste del Comune, dall’altra che si chiuda la partita del bilancio preventivo. Fino a quel giorno non sarà possibile formalizzare l’incarico al coordinatore Andrea Pillon. A cascata, c’è il rischio di rimandare a dopo l’estate il dibattito, con un ulteriore slittamento dei tempi.
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La risposta di Lotito a Gravina: “La FIGC non è il suo granducato personale”
Continuano le schermaglie verbali a distanza fra il presidente della Lazio Claudio Lotito e quello della FIGC Gabriele Gravina.
Le parole di Lotito su Gravina
Non si è fatta attendere troppo la replica del presidente della Lazio Claudio Lotito alle accuse del numero uno della FIGC Gabriele Gravina. Repetita iuvant: stamane vi avevamo riportato le dichiarazioni del presidente federale, rilasciate a “Il Foglio“, in cui quest’ultimo attaccava frontalmente il patron bianco celeste.
In sostanza, Gravina accusava il vulcanico patron della società capitolina di voler dettare legge all’interno del consiglio federale. Oltre ad alludere a un presunto conflitto d’interesse, dato che Lotito è al tempo stesso membro del consiglio federale e membro del consiglio della Lega Calcio.
Oltre che, ovviamente, senatore della Repubblica Italiana e Presidente della Lazio. Tempo qualche ora ed è arrivata anche la replica del diretto interessato, affidata a un’intervista concessa all’Ansa.
❝Leggo con stupore le dichiarazioni del sig. Gravina sulla mia persona, che si commentano da sole. Chiare manifestazioni di pura ostilità e scomposto rancore nei miei confronti, al fine di difendersi dalle responsabilità circa lo stato attuale del calcio in Italia che tutti gli attribuiscono. I suoi rapporti personali con alcuni presidenti non escludono il disagio e la confusione che oggi regna nel sistema calcio, condivise da tutti gli operatori che cercano, nonostante gli ostacoli posti dal sig. Gravina, di rinnovarne le regole. La mia posizione di proprietario di club, consigliere federale, consigliere di Lega e componente del Senato, ruoli peraltro acquisiti con regolari e democratiche elezioni, mi consente di avere una visione più ampia e completa dei problemi e delle soluzioni possibili per eliminare i guasti prodotti. Il mondo del calcio non chiede isolamento, ma necessita di una visione ampia delle sue varie componenti. Alle quali i miei ruoli istituzionali, attesa l’importante ed alta valenza del calcio, mi danno la possibilità di offrire un contributo fattivo, facendolo uscire da un’autonomia erroneamente intesa come ‘granducato personale’.❞
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Mourinho: “Roma? Mi dissero di andare via dopo Budapest”
L’ex tecnico della Roma, José Mourinho, è tornato a parlare del suo passato sulla panchina giallorossa, terminato a gennaio 2024 per esonero.
José Mourinho torna a parlare della sua avventura a Roma sulla panchina giallorossa. Nell’intervista rilasciata qualche giorno fa al The Telegraph, Il tecnico portoghese si è soffermato sul post finale di Europa League di Budapest dove gli fu consigliato da amici e parenti di lasciare la società giallorossa.
Mourinho ha passato due anni e mezzo nella Capitale collezionando su 138 match 68 vittorie, 30 pareggi e 40 sconfitte con una media punti pari a 1,70. Nella sua avventura giallorossa il portoghese ha portato la Roma a giocare due finali consecutive in Conference League (trionfo contro il Feyenoord) ed in Europa League (sconfitta ai rigori contro il Siviglia).
Mourinho, l’addio dopo Budapest
“I miei amici, la mia famiglia, perfino il mio agente mi dissero di andare via dopo la finale di Europa League dello scorso anno. Ma ho sentito la spinta del club, dal punto di vista emotivo, e sono andato avanti. Ho rifiutato la panchina della nazionale portoghese e anche un’offerta molto conveniente dall’Arabia Saudita per restare alla Roma”.
Scelta, quella di rimanere ai giallorossi, risultata sbagliata visto l’esonero arrivato a fine gennaio dopo aver collezionato 29 punti in 20 partite.
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