“Lui non giocava con il pallone, era il pallone che giocava con lui. Lui non lo calciava, l’accarezzava riempiendola di coccole”. Queste le parole di Peppino Prisco, massimo esponente del mondo Inter.
Talento, dribbling, fantasia ma anche tanta discontinuità, più che sregolatezza: questo è stato Evaristo Beccalossi in un campo di calcio. Una carriera che ha visto le maggiori luci, lì, a San Siro, alla Scala del Calcio, che è partita a Brescia ed tornata sempre al Rigamonti dopo un girovagare sui campi del Nord tra Sampdoria, Monza e Pordenone e una puntata in Puglia al Brindisi.
Fantasista dal talento sopraffino, non amava tanto correre, infatti il Becca ha sempre ringraziato i propri compagni che spesso hanno corso per lui, anche se il suo mancino spesso risolveva le partite. Marini, Oriali e Baresi sono stati a fine anni settanta-inizio ottanta i suoi scudieri nel centro del campo nerazzurro.
I primi calci Beccalossi li compie a Brescia dove gioca in prima squadra dal 1972 al 1978 collezionando 94 partite e 14 reti, nella squadra della sua città tornerà anche nel biennio 1986-88 giocando altre 46 gare. Nel 1978 l’Inter lo acquista dalle rondinelle per 700 milioni e tre giocatori: nel club nerazzurro si congiunge con Spillo Altobelli arrivato a Milano l’anno prima dal Brescia. Una coppia giovane che doveva rilanciare il club meneghino e che in effetti nel 1980 portò l’Inter allo scudetto. Altobelli segnò 15 gol, Becca 7 più numerosi assist. All’Inter rimase fino al 1984 poi la sua carriera si sviluppò tra le varie serie, giocando anche in Serie D tra con Pordenone
e Breno.Con la maglia azzurra la carriera del Becca è stata molto limitata, solo Under 21, i vari Antognoni, Causio, Zaccarelli, Sala, Conti che erano i preferiti da Bearzot gli chiusero le porte della nazionale maggiore, nonostante spesso la stampa e l’opinione pubblica lo volessero in campo. Il rimpianto maggiore è la mancata convocazione per Spagna 82 al termine di una stagione giocata in maniera straordinaria, queste le sue parole sul Vecio: “L’avrei ammazzato, Bearzot. Poi l’ ho capito: se mi convocava, l’opinione pubblica avrebbe spinto perché giocassi titolare. Il c.t. aveva il suo gruppo, non poteva permettersi altri casini, poi io non ero proprio il suo tipo di giocatore. E sono talmente sfigato che tutti sanno come andò a finire: l’Italia vinse il Mundial e io, che non vedevo l’ora di dirgliene quattro, a Bearzot, zitto e a casa
“. Sempre sincero, sempre spassoso il Becca.
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