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Coronavirus e Serie A 2020: il campionato è finito?

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È ancora difficile stabilire quale sarà il destino del campionato di Serie A 2019/20. A fronte della grave crisi sanitaria tuttora in atto, iniziano a girare voci sempre più insistenti in merito a un possibile stop della stagione in corso. In questo caso, si tratterebbe della prima volta in cui la massima serie del calcio italiano verrebbe annullata prima della sua legittima conclusione.

Quando riprenderà il campionato di Serie A? Il clima di incertezza generato dall’emergenza Covid-19 è ancora tale che, al momento, non è davvero possibile rispondere a questa domanda. Lo stop alle competizioni imposto dal decreto governativo con l’appoggio del Coni resta valido fino al 3 aprile. Ciò detto, appare evidente che lo sport italiano rimarrà fermo ben più a lungo rispetto alla data inizialmente prevista.

Tutto il calcio italiano si è fermato per far fronte all’emergenza Covid-19.

In Italia, dove dallo scorso 9 marzo è stata istituita la “zona rossa” sull’intero territorio nazionale, il premier Giuseppe Conte ha recentemente inasprito le misure di sicurezza volte a contenere l’incremento del numero dei contagi. In questo scenario, la prospettiva che la stagione calcistica 2019/20 giunga a conclusione si regge su una sempre più flebile speranza.

Il futuro della Serie A all’epoca del coronavirus

Il 2020 avrebbe potuto essere l’anno del nono scudetto consecutivo della Juventus. Almeno stando alle quote sulla serie A di tutti i maggiori siti di scommesse online. Archiviata la 26esima giornata, l’ultima finora disputata, i bianconeri di Maurizio Sarri continuavano ad essere i favoriti per la vittoria dello scudetto, seguiti a ruota dall’Inter di Antonio Conte e da una Lazio in grande spolvero, trascinata dalle 27 reti di Ciro Immobile e dalla grinta di Simone Inzaghi. Invece, il 2020 potrebbe essere il primo anno nella storia del girone unico della Serie A in cui il campionato verrebbe sospeso prima della consueta assegnazione del titolo di Campione d’Italia. La questione è tuttora aperta e sul tavolo di Federcalcio, a cui spetterebbe decidere, in caso di effettivo annullamento del campionato, di assegnare lo scudetto alla squadra attualmente capolista o di non assegnarlo del tutto.

Quanto costerebbe la sospensione della Serie A

Nel caso in cui la Serie A si fermasse e il campionato non riprendesse, gran parte dell’economia che gravita intorno al settore ne incasserebbe un pesante colpo. Stando al Report Calcio 2019 pubblicato dal Centro Studi della Figc con la collaborazione di Arel e PwC, che ha fotografato la stagione 2017/18 del sistema calcio italiano, l’intero carrozzone muove infatti ben oltre dello 0,19% del Pil nazionale. Soltanto la Serie A è in grado di generare utili per più di 3 miliardi di euro, mentre il fatturato dell’intero settore professionistico si attesta su una cifra pari a 3,551 miliardi.

Da questo business, nelle casse dello Stato si sono riversati, negli ultimi 10 anni, ben oltre 11 miliardi di euro suddivisi tra contributi fiscali e previdenziali. A perderci, per la sospensione del campionato, sarebbe anche tutto l’indotto che si muove attorno al mondo del pallone. Si pensi alle agenzie di scommesse, ai media televisivi e agli operatori della comunicazione, così come agli store fisici e agli esercizi commerciali che generano gran parte dei ricavi dal giro d’affari del calcio professionistico italiano.

Alla luce di quanto detto, non sarà di certo semplice limitare i danni generati dall’emergenza coronavirus in corso. Gabriele Gravina, il presidente della Figc, ha così di recente ipotizzato la possibilità di tagliare di almeno 150 milioni di euro gli ingaggi dei calciatori della Serie A, al fine di tutelare e preservare l’intero sistema calcistico nazionale. E la cifra risparmiata potrebbe raddoppiare se i giocatori e gli addetti del settore accettassero di versare un contributo di solidarietà del 20%. In questo caso, un giocatore come Cristiano Ronaldo, che percepisce 31 milioni di euro netti a stagione potrebbe, subire una botta da più di 6 milioni.

Ma in un contesto surreale e difficile come quello dell’emergenza dovuta al Covid-19, è difficile fare previsioni a breve e medio termine. Non resta quindi che accettare la realtà e comportarsi di conseguenza. Il che significherebbe anche essere disposti a fermarsi, qualora il benessere e la sicurezza di tutti lo richiedessero.

Fondatore e Direttore Editoriale della testata giornalistica Calciostyle.it. Nato a Roma, classe 1981.

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Buffon rivela: “Ecco tutti i no per la Juventus: Barcellona, Atalanta e Roma…”

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Buffon

Il capo delegazione dell’Italia di Luciano Spalletti, Gianluigi Buffon, ha parlato a La Repubblica svelando diversi retroscena di mercato.

Gianluigi Buffon ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni de La Repubblica rivelando alcuni retroscena di mercato dei tempi di quando lui era ancora un giocatore.

Buffon

Di seguito le parole della leggenda della Nazionale Italiana:

“Nel 2001, dal Parma, avevo quasi fatto con la Roma. Era questione di dettagli. Poi anche col Barcellona. Alla fine però sono andato alla Juve. Poi nel 2005 c’è stata una grandissima società straniera che mi voleva, ma non l’ho presa in considerazione. Nel 2011 stavo di nuovo andando alla Roma: mi chiamò Montali, mi piaceva e con la Juve s’era rotto qualcosa. Poi però arrivò Conte e impose la mia presenza.

Quando dal Psg sono tornato alla Juve stavo per andare al Porto. Avevo già visto i voli, la città. E altre due volte sono stato vicinissimo all’Atalanta. La seconda avevo deciso. Ma alla Juve mi conoscono come le loro tasche. Fecero una riunione: c’eravamo io, Paratici, Pirlo. Che mi disse: Gigi, cavolo, è il primo anno che alleno, sono venuto sapendo che c’eri tu… Cosa potevo rispondergli?”.

Il calcio le è mai entrato in casa? Cosa ha dovuto spiegare ai figli?

“Le scelte. Tipo Parigi, tipo tornare alla Juve, tipo accettare di fare il secondo alla Juve per due anni, tipo andare in B per il Parma. Ai miei figli ho spiegato il motivo per cui le facevo, mi auguro che per loro sia un patrimonio a cui attingere qualcosa di buono”.

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Napoli, Spalletti rivela: “Lo staff mi disse: Vendono tutti, che restiamo a fare?”

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Spalletti

L’ex tecnico del Napoli, Luciano Spalletti, ha parlato a Il Corriere dello Sport soffermandosi sul tormentato addio sulla panchina partenopea.

Luciano Spalletti, attuale commissario tecnico dell’Italia, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni de Il Corriere dello Sport soffermandosi sulla sua esperienza al Napoli, sul rapporto con Aurelio De Laurentiis e del burrascoso addio dopo la vittoria del tricolore.

Italia, Spalletti

Napoli, le parole di Spalletti

Io la tristezza l’ho scelta e abbracciata lasciando Napoli dopo quella cosa là. Sarebbe stato più facile e naturale andare avanti, lavorare con un gruppo che avevamo portato al top, godersi la felicità del momento, quella fatta provare alla gente di Napoli. Ho scelto la tristezza”.

Spalletti quindi prosegue nel suo ragionamento…

“Io non so allenare il cinismo. Allenare per me significa voler bene al calciatore, saperlo difendere, aggiungergli qualcosa. Esiste il calciatore timido che non riesce a esprimere totalmente il proprio potenziale e allora intervengo con il lavoro. Al Napoli ne avevo un paio. Con l’esercizio cerco di portare il timido nella condizione ideale per alzare il livello del rendimento.

Non riesco a fare niente in superficie. Il primo anno a Napoli vivevo in albergo, magnifico, mi portavano la colazione in camera. Poi ho piazzato il lettino nell’ufficio. Per non perdere un solo secondo, anche il più piccolo particolare, mi risparmiavo la mezz’ora di auto da Napoli a Castel Volturno”.

Hai mai subìto una decisione?

“Ho sempre deciso per me stesso. Il mestiere vuol dire 365 giorni di grande lavoro. Dopo il primo anno i miei collaboratori mi dissero “ma cosa restiamo a fare? Hanno venduto tutti”. Erano partiti Mertens, Koulibaly, Ghoulam, Ospina, Insigne, Fabian Ruiz. Tanta qualità. Io volevo sentirmi l’allenatore del Napoli e si è allenatori di una squadra soltanto se si fa qualcosa di effettivamente importante.

Quando incontri De Laurentiis la prima cosa che ti dice è “secondi siamo già arrivati e dobbiamo stare sempre in Champions”. Messaggio chiaro e diretto. Così sono ripartito per ottenere quella cosa là, è successo, sarei potuto restare ancora, il grafico prestazionale l’avevamo portato al livello più alto”.

I colloqui con De Laurentiis?

“Io ho due orecchie e una bocca. So ascoltare e al momento giusto parlare. De Laurentiis ha una grande comunicativa, un linguaggio scorrevole. E poi dipende sempre dal De Laurentiis che ti ritrovi di fronte, ne esistono almeno quattro o cinque. Con l’intelligenza artificiale potrebbero provare a inventarne altri”.

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Questione allenatore, Juventus e Milan nella stessa situazione: spunta una clamorosa ipotesi

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Questione allenatore, lo abbiamo scritto diverse volte, ma Juventus e Milan stanno affrontando una situazione analoga. Andiamo qui di seguito a svelarne i motivi senza escludere una clamorosa ipotesi.

La situazione di Milan Juventus è speculare. Entrambi i club, con buone probabilità, lasceranno partire i loro rispettivi allenatori in estate. Sappiamo che i bianconeri hanno stretto rapporti con Thiago Motta e i rossoneri con Julen Lopetegui. C’è chi parla già di preaccordi e condivisioni sulle strategie di mercato. Cose possibili, ma andiamo ad analizzare il trait d’union che lega insieme le due dirigenze. Una parte di entrambe infatti vorrebbe sulla panchina Antonio Conte.

Vero motivo per il quale il tecnico leccese sta aspettando e provvisoriamente rifiutando Napoli. Sappiamo che Conte alla Juventus ci andrebbe al volo, viste le sue esigenze di rimanere in Italia e vicino a Torino, ma sappiamo anche, per gli stessi motivi, che la soluzione Milan sarebbe altrettanto gradita. L’altra parte delle rispettive dirigenze invece non vuole Conte. Chi la spunterà?

Se Conte dovesse alla fine andare alla Juventus, Thiago Motta potrebbe essere il nome che metterebbe tutti d’accordo all’interno della galassia Milan, ad oggi piuttosto fredda su Lopetegui. Ovviamente, per entrambe, ci sono prima da piazzare Allegri Pioli, con quest’ultimo particolarmente adulato dallo stesso De Laurentiis. Insomma, un intreccio sull’asse Torino-Milano che potrebbe nascondere insidie, ma anche sorprese.

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