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I Campioni in… viola: Kurt Hamrin

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Kurt Hamrin è nato a Stoccolma il 19 novembre 1934 è un ex calciatore: ruolo attaccante.

Con la maglia della Fiorentina in serie A segnò 151 reti; solo il Re Leone Batistuta ha saputo far meglio con 152.

Hamrim però ha segnato in totale 208 reti nelle 362 partite ufficiali giocate con la maglia della Fiorentina. L’argentino si è fermato a 207. Questi numeri esplicitano la grandezza dello svedese nella Storia Viola.

 

«C‘è un’ala al mio paese che non ha rivali in Europa. Si chiama Kurt Hamrin. Il giorno che metterà piede in Italia, farà stravedere

La frase è di Nils Liedholm, e risale alla metà degli anni Cinquanta. All’epoca Kurt Hamrin ha poco più di vent’anni e una fama ancora acerba fuori dai confini svedesi. In patria tuttavia è già qualcosa più di una promessa: frequenta infatti la Nazionale, da quando si è rivelato precoce talento nelle file dell’AIK Solna, squadra di un sobborgo di Stoccolma, vincendo la graduatoria dei cannonieri a vent’anni con 22 reti in 21 partite. Vola leggero come un Uccellino (e questo diventerà in Italia il suo soprannome), tanto il suo dribbling è leggero e aerea la rapidità di movimenti; quando però si tratta di colpire, la sua efficacia è micidiale.

La carriera

Gli inizi sono in patria: dopo aver militato con lo Huvudsta IS e il Råsunda IS per un anno ciascuno, Hamrin passò all’AIK Stoccolma, con cui debuttò diciannovenne in prima divisione, il 10 maggio 1953 contro l’IFK Malmö. Nella stagione 1954-1955 fu capocannoniere in campionato con 22 gol in altrettante partite disputate.

A portarlo in Italia fu la Juventus nella stagione 1956-57, l’inizio è travolgente con una doppietta e altre reti, ma tre infortuni alla caviglia minarono alla sua stagione. L’anno dopo fu ceduto al Padova, perché ritenuto fragile e perché inviso ad alcuni compagni affermati, timorosi che portasse via spazio al loro nella fase offensiva.

Nella squadra allenata da Nereo Rocco, suo estimatore che gli diede il soprannome di Faina, Hamrin realizzò venti gol in trenta partite, contribuendo fattivamente al raggiungimento del terzo posto in campionato, miglior piazzamento nella storia patavina.

Assieme al compagno d’attacco Sergio Brighenti costituì il necessario complemento di una formazione che già poteva contare su una solida difesa schierata secondo i dettami del catenaccio. Nonostante la permanenza di durata appena annuale tra le file del club, Hamrin è stato annoverato tra i componenti della squadra ideale formata dai migliori giocatori di sempre del Padova.

L’ottima stagione gli valse il passaggio alla Fiorentina, al tempo in cerca di un’ala destra che sostituisse il campione Julinho. Con Hamrin, in nove anni la squadra di Firenze non riuscì mai a vincere il campionato (terminò due volte seconda), ma arrivarono le vittorie in Coppa Italia (1961 e 1966), Coppa delle Coppe, Coppa delle Alpi e Coppa Mitropa e quella pioggia di reti che per anni lo resero primatista di reti fatte da un giocatore gigliato.

Il 2 febbraio 1964, nella partita Atalanta-Fiorentina 1-7, segnò una cinquina, record per un giocatore in una partita in trasferta di Serie A.

Di Hamrim stupiva soprattutto la leggerezza soave con cui levitava sulla partita, una sorta di foglia sospinta dal vento sempre nella stessa direzione: il gol. Dribbling fulminante, tiro implacabile dopo il classico zig-zag in area che ubriacava i difensori disorientando il portiere. Kurt divenne presto e poi negli anni idolo della folla, capace di cancellare l’ombra malinconica di Julinho l’asso della fantasia del primo scudetto.

Così recentemente Hamrin dichiarò l’amore per la Fiorentina e Firenze: «E’ una città piccola, c’è una mentalità provinciale e se arriva lo scudetto, come è successo nel ‘56 e nel ‘69, è un fatto episodico, che purtroppo non ha seguito. Le grandi città del calcio sono Milano, con Inter e Milan, e Torino, con la Juventus. Quando arrivai a Firenze la squadra era molto più grande della società, che non aveva peso politico. Con una società più forte alle spalle, nel ‘59 e nel ‘60 avremmo anche potuto conquistare lo scudetto, anziché arrivare secondi».

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I campioni in rossoblu: Gigi Piras (video gol)

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Gigi Piras è stato uno dei più prolifici bomber della storia del Cagliari. Una storia gloriosa, visto che il Cagliari è l’unica squadra del sud (insieme al Napoli) ad aver vinto lo scudetto

Piras giunse a Cagliari nel 1971, vestendo la maglia rossoblu per 15 stagioni.

Tra Serie A, Serie B e Coppa Italia, ha collezionato 376 partite, nelle quali ha messo a segno 104 reti.

Fu in un certo senso l’erede dell’altro Gigi, il mito rossoblu Riva.

Vediamo insieme una carrellata dei suoi gol:

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15 giugno 1974. Il “vaffa” di Chinaglia a Valcareggi

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15 giugno 74'

Erano i Mondiali del 74′. Il 15 giugno, nella partita d’esordio, l’Italia incontra Haiti. Match rimasto nella memoria per il “vaffa” di Chinaglia, ma non solo.

15 giugno 1974: Italia-Haiti a Monaco di Baviera

L’Italia del commissario tecnico Ferruccio Valcareggi si presenta ai mondiali del 74‘ come una delle nazionali favorite, anche perché gli azzurri sono vicecampioni in carica dopo Messico 70′.

Il match d’esordio per gli Azzurri sembra a senso unico, solo una formalità, eppure resta nei ricordi per due eventi non banali. Ma iniziamo raccontando i fatti…

La partita ha luogo a Monaco di Baviera nell’Olympiastadion, queste le formazioni iniziali:

Italia: Zoff, Spinosi, Morini, Burgnich, Facchetti, Mazzola, Capello, Rivera, Benetti, Chinaglia, Riva.

Haiti: Françillon, Bayonne, Jean-Joseph, Nazaire, Auguste, Antoine, Desir, Vorbe, François, Saint-Vil, Sanon.

La partita inizia come ci si aspetta, l’Italia conferma di essere di un altro livello, e di poter avere la meglio con facilità sui centro-americani.

Tuttavia dopo i primi minuti promettenti, gli azzurri si adagiano, credendo di poter vincere la partita senza sforzi. Dunque il gioco si svolge per lo più con l’Italia che crea occasioni, ma senza riuscire a finalizzare, tant’è che si va al riposo con le porte di Zoff e Françillon che restano inviolate.

L’inizio della ripresa è il momento in cui si concretizza il primo dei fatti storici di questo incontro.

Infatti al primo minuto del secondo tempo Haiti attacca, Vorbe serve un passaggio in profondità per Emmanuel Sanon, il centravanti haitiano si trova solo al cospetto di Dino Zoff, lo supera, e mette la palla in rete. Fermato a 1142 minuti il record di imbattibilità del portierone azzurro.

Quindi al minuto 46′ l’Italia si trova in svantaggio ai mondiali contro Haiti. La nazionale di Valcareggi però è troppo più forte degli avversari, e ci pensa Rivera a rimettere in equilibrio il match. Al 52′ Mazzola crossa da destra, Chinaglia stoppa a centro area e poi lascia la palla al pallone d’oro del 69′ che insacca. Al minuto 66 arriva il vantaggio, grazie ad una autorete di Auguste, che devia un tiro di Benetti da fuori area.

Al minuto 70′ arriva il famoso “vaffa” di Chinaglia a Valcareggi in mondo-visione. Long Jhon apostrofa il ct quando decide di sostituirlo con Anastasi. Lo stesso Anastasi infine sigla il gol al 79′ che fissa il risultato sul definitivo 3-1.

Zoff, il “vaffa” di Chinaglia e il mondiale del 74′.

15 Giugno 74'

La vittoria su Haiti apre il mondiale di Germania Ovest 74′ per l’Italia. Tuttavia dopo il pareggio per 1-1 contro l’Argentina, nel secondo incontro della prima fase, gli azzurri si fermano perdendo 2-1 contro la Polonia. Il terzo match, in cui agli azzurri sarebbe bastato il pareggio per accedere alla seconda fase, sancisce invece l’eliminazione degli azzurri.

Quindi del mondiale del 1974, per l’Italia, rimango nella memoria soprattutto due cose:
– il gol di Sanon, che fissa a 1142 i minuti di imbattibilità di Dino Zoff, record ancora valido per un solo portiere. Ma battuto come record di squadra nel 2021 da Donnarumma, Sirigu, Cragno e Meret che hanno tenuto la porta azzurra illibata per 1168 minuti consecutivi in totale.
– il “vaffa” di Chinaglia a Valcareggi in mondo-visione, unico sprazzo del tanto atteso centravanti fresco campione d’Italia con la Lazio.

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Pelé, aperto al pubblico il mausoleo di O Rey

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Pelé

Aperto al pubblico il mausoleo contenente il corpo di Pelé. Si può ora far visita alla spoglia, nel cimitero verticale di Santos, nello stato di San Paolo.

Pelé, ora si può visitare il mausoleo

Pelé

Aperto al pubblico a partire da lunedì, il mausoleo dedicato a Edson Arantes do Nascimento, o meglio Pelé.

Il grande campione, leggenda del calcio mondiale, ha lasciato questo mondo lo scorso 29 dicembre 2022, all’età di 82 anni. Il ricordo di O Rei sarà per sempre nel cuore di tutti, soprattutto di chi ama il gioco del calcio.

Lunedì si è svolta una speciale cerimonia di inaugurazione, ora è possibile visitare il mausoleo. All’interno, oltre alle spoglie di Pelé, sono presenti erba artificiale con tutto intorno immagini di tifosi del Santos e suoni di applausi, come se stessimo ancora assistendo alle gesta, del tre volte campione del Mondo brasiliano, sul rettangolo verde. Inoltre sono presenti 2 statue dorate, diversi trofei, maglie e foto di Pelé in campo.

Il mausoleo occupa una area di circa 200 metri quadrati, era visitabile fino ad ora solo dai familiari, si trova nel cimitero verticale più grande al mondo. Il Memorial Necrópole Ecumenica si trova nella città di Santos, nello stato di San Paolo. La visita è gratuita, ma per recarsi a rendere omaggio a O Rei è necessario fissare un appuntamento.

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