Focus
Manuela Nicolosi, l’arbitra dei record infranti
Tra le ospiti presenti alla tre giorni ADICOSP di chiusura del calciomercato c’è anche Manuela Nicolosi, prima donna ad arbitrare una finale europea maschile.
L’occasione è la presentazione del suo libro Decido io, edito da Roi Edizioni. Lei è Manuela Nicolosi, una donna che ha fatto della propria passione del calcio, determinazione e ambizione il motore per una prestigiosa carriera arbitrale.
Nell’incontro organizzato da ADICOSP all’Hotel Hilton La Lama, condotto dal vicedirettore di RaiSport Marco Lollobrigida e presieduto da un’altra donna di talento del panorama calcistico – Katia Serra, ex giocatrice e commentatrice di Rai Sport – Nicolosi ha raccontato come ha fatto a diventare arbitra internazionale di calcio sfidando le convenzioni e facendo da apripista ad altre donne.

Manuela Nicolosi, un percorso in salita
Inizialmente, come ha raccontato al pubblico dell’Hilton, Nicolosi non voleva fare l’arbitro, ma giocare a calcio. Ma la sua famiglia lo riteneva un’attività inadatta a una ragazza. Così, per poter comunque provare il piacere di indossare gli scarpini e stare in campo, si è preparata per arbitrare. Ma l’impatto con il pubblico è stato difficile: “La prima partita che ho fatto, avevo 16 anni, dal pubblico mi è arrivato di tutto”.
In quel delicato periodo della sua vita è stata colpita da un lutto importante: ha perso il padre poco dopo l’esordio da arbitro. Malgrado le difficoltà, gli insulti e l’invidia di alcuni colleghi, Nicolosi è riuscita a diventare la prima donna ad arbitrare nel Campionato Eccellenza del Lazio. Il suo obiettivo, però, era ben più ambizioso: la Serie A. Obiettivo che però, in Italia, appariva una chimera. Per questo è “scappata” dall’Italia, perché le avevano fatto capire che aveva già raggiunto il massimo al quale avrebbe potuto aspirare e “non capiva perché avrebbe voluto accontentarsi”.
Il trasferimento in Francia
Per poter fare carriera, quindi, è stata costretta a trasferirsi in Francia, senza parlare una parola di francese: ci sarebbe dovuta restare solo 6 mesi per cambiare aria ma invece ci è rimasta 13 anni. Oltralpe ha trovato le opportunità che nel suo Paese le venivano negate, bruciando molte tappe. E riuscendo, finalmente, a raggiungere il suo primo obiettivo: diventare arbitro della massima serie di un campionato, in Ligue1.
Il suo punto forte rispetto alle colleghe francesi? Allenarsi sempre, diventando la più forte atleticamente. E l’ambizione e il talento che le hanno portato fortuna, dandole la possibilità di “andare oltre”, ancora una volta. Quando è stata eletta miglior arbitro di Ligue1 femminile, le hanno chiesto di diventare assistente arbitro internazionale, e lei ha deciso di non lasciarsi scappare questa opportunità.
Manuela Nicolosi: grandi ambizioni, grandi traguardi
È così che è arrivata sempre più su, fino a diventare la prima arbitra in una terna di sole donne ad arbitrare una finale europea maschile: la finale di Supercoppa Liverpool-Chelsea. Un’esperienza che lei racconta così: “Il mio sogno era la finale della Coppa del Mondo femminile, perché le donne arbitravano le donne a livello internazionale. Dieci giorni dopo il 7 luglio, quando avevo realizzato il mio sogno, mi chiamò Stephanie Frappart e disse di non prendere appuntamento per il 14 agosto, ché c’era una partita.
Controllai, ma il 14 agosto non c’era nessuna partita femminile, né qualificazione giovanile maschile: c’era la Supercoppa Liverpool-Chelsea. Chiesi spiegazioni a lei e mi rispose ‘Sì, è quella’”. Si giocava a “Istanbul, 98% di umidità, 40 gradi. Io non vedevo l’ora di farla, questa partita”.
Il suo modello? Pierluigi Collina
Il suo punto di riferimento nel mondo dell’arbitraggio era “il migliore”: Pierluigi Collina, che “non parlava”. “Poi capii che era una comunicazione troppo maschile, era troppo”. Nicolosi, anche sul piano estetico, ha cercato sempre di conservare e implementare il proprio lato femminile. E ha lavorato molto sul savoir-faire, cercando di “creare un’empatia” e di mantenere la calma in campo.
Un aneddoto? La freddezza non fa per lei: “Quando arrivo allo stadio, quando vado a controllare la rete, c’è il pubblico che viene a salutarti. Io non riesco a restare impassibile e saluto”. Invece, sul mobbing ricevuto in ambito lavorativo: “Per andare ad arbitrare in Ligue1 ho dovuto aspettare che se ne andasse il mio ex capo, per 7 anni”.
Ha deciso lei di smettere di arbitrare, smettendo alla sua terza Coppa del Mondo. E ha messo nel mirino un nuovo obiettivo: diventare il primo arbitro donna a commentare le partite in televisione. E provare a ispirare le persone a realizzare i propri sogni. La sua grande delusione? “Non aver chiuso il cerchio in Italia”.
Focus
Pisa, notte nera a Lecce: ora la classifica si complica
Notte amara per il Pisa di Gilardino dopo la sconfitta contro il Lecce. Ora la classifica preoccupa e il mercato di gennaio diventa decisivo.
Un’altra sconfitta, forse la più pesante della stagione, per il Pisa di Alberto Gilardino. Nell’anticipo del venerdì sera i nerazzurri escono battuti dallo scontro diretto con il Lecce che avrebbe potuto cambiare il volto della classifica e che invece rischia di complicare ulteriormente il cammino verso la salvezza. Il punteggio racconta solo in parte quanto visto in campo.
A pesare non è neanche tanto il risultato finale, quanto la prestazione. Perché se è vero che fin qui il Pisa aveva spesso dato l’impressione di meritare più punti di quelli raccolti, con prove solide anche contro le grandi del campionato, quanto visto ieri sera è stato ben lontano dalla media stagionale. Una squadra spenta, rinunciataria, mai davvero dentro la partita e incapace di reagire.
Un Pisa praticamente irriconoscibile, come ammesso dallo stesso Gilardino nel post-partita. Poca intensità, poche idee e una sensazione di fragilità che non si era mai vista in modo così evidente. Ed è proprio questo l’aspetto più preoccupante: perdere uno scontro diretto senza mai dare la sensazione di poterlo davvero vincere.

Idrissa Toure’ (Pisa) during warm up during Italian soccer Serie B match AC Pisa vs Ascoli Calcio at the Arena Garibaldi in Pisa, Italy, December 08, 2022 – Credit: Gabriele Masotti
Pisa, il mercato per invertire la rotta
Questa terza sconfitta consecutiva lascia ora il Pisa momentaneamente a quattro punti dalla zona salvezza, una distanza che potrebbe anche aumentare nel prosieguo del weekend. Un dato che fotografa un momento complicato e che non può essere ignorato. Anche perché il bilancio complessivo parla chiaro: un solo successo finora, arrivato contro la Cremonese ormai più di un mese fa. Decisamente non abbastanza per guardare alla salvezza con ottimismo.
A rendere il quadro ancora più difficile ci sono poi le assenze imminenti. Le partenze di Nzola e Akinsanmiro per la Coppa d’Africa toglieranno soluzioni, profondità e qualità a una rosa già in affanno. La sensazione è che, senza interventi, il rischio di scivolare ulteriormente sia concreto.
Per questo gennaio diventa un passaggio obbligato. Servirà intervenire con forza sul mercato per provare a invertire la rotta e dare nuove energie a un gruppo che, dopo un buon avvio, sembra aver perso certezze e brillantezza.
Il Pisa ha mostrato di poter stare in questa categoria, ma ora servono risposte immediate. Perché il tempo stringe e la classifica, giornata dopo giornata, inizia a fare davvero paura.
Focus
Inter, il futuro di Akinsanmiro: basta un milione per riportarlo a Milano
Akinsanmiro stupisce al Pisa e torna nei piani dell’Inter: grazie alla clausola di recompra da 1 milione i nerazzurri possono riportarlo subito a Milano.
Stankovic, Pio Esposito e suo fratello Sebastiano sono solo alcuni dei maggiori talenti usciti dalle giovanili dell’Inter, settore di cui oggi la società di via della Liberazione va particolarmente fiera. Ovviamente, l’unico che gioca stabilmente nella squadra in cui è cresciuto è il più piccolo della famiglia Esposito, Pio, che — a differenza di suo fratello Sebastiano, oggi al Cagliari — ha concluso la classica trafila di prestiti nella scorsa stagione allo Spezia.
Tuttavia, non si può dire lo stesso dell’altro giocatore citato. Pur essendo attualmente in Belgio, Stankovic continua a vestire una maglia nerazzurra, quella del Club Brugge, anche se è dei tre quello più lontano: per riportarlo a Milano, infatti, l’Inter dovrebbe versare i 15 milioni previsti dalla clausola di recompra, inserita nella trattativa con il club vicecampione del Belgio.
Non è però l’unico giocatore con un passato interista ad avere una clausola simile, e che — guarda caso — ha cambiato città, ma non colori. Il nome in questione è quello di Ebenezer Akinsanmiro, centrocampista nigeriano arrivato nel 2023 alla corte nerazzurra e oggi in forza al Pisa. Come per Stankovic, anche sul suo contratto è presente una clausola che permetterebbe all’Inter di riportarlo a Milano senza ulteriori trattative; ma, a differenza del figlio d’arte, la cifra è notevolmente più bassa, rendendo il tutto più realistico.
La questione Stankovic
Tuttavia, anche nel caso di Stankovic si tratta di un’operazione tutt’altro che sconveniente: il giocatore, che non avrebbe trovato spazio — o almeno non quanto nella scorsa stagione al Lucerna, dove aveva collezionato 38 presenze, segnato tre gol e fornito due assist — è stato ceduto a una squadra dove certamente avrebbe avuto modo di giocare. Ma il Club Brugge non avrebbe agito “pro bono” per l’Inter senza nulla in cambio. Ecco perché, ai 10 milioni incassati dai nerazzurri, la dirigenza guidata da Giuseppe Marotta ha deciso di aggiungere una clausola di recompra da 25 milioni: da un lato testimonianza del grande valore del giocatore cresciuto sotto la guida di Christian Chivu, dall’altro segnale che l’Inter, pagando 25 milioni, riacquisterebbe un profilo molto più maturo e con esperienza accumulata anche su palcoscenici importanti, al prezzo di 15 milioni di euro, cifra più bassa di quella che potrebbe diventare la sua valutazione da qui a qualche mese.
Inter, cosa fare con Akinsanmiro
La società nerazzurra sarebbe rimasta molto soddisfatta dell’apporto dato alla causa del Pisa dal suo giovane talento, un fattore che di fatto lo avrebbe riportato al centro dei piani dell’Inter per il futuro. Il giocatore, infatti — per il quale, ricordiamo, basterebbe versare solo un milione per riaverlo — ha già praticamente sextuplicato il valore dell’investimento che l’Inter dovrebbe sostenere per riportarlo a Milano.
L’Inter comunque non si è fatta cogliere alla sprovvista. Durante l’ultima finestra di mercato, quando si è seduta al tavolo con la dirigenza del Pisa, avrebbe deciso di impostare la trattativa nel seguente modo, come raccontato anche da Calciomercato.com: il giocatore sarebbe passato al Pisa in prestito oneroso, con una opzione di riscatto a 7 milioni.
E allora perché l’Inter può riprendere totalmente possesso del suo giocatore — dato che, di fatto, lo è ancora — per soltanto un milione?
La risposta risiede nella clausola di recompra, in pieno stile Real Madrid, una tutela fondamentale per i grandi club che, spesso impegnati in progetti ambiziosi, rischiano di lasciarsi sfuggire i migliori talenti cresciuti nel loro settore giovanile. Una clausola che, in questo caso, permetterebbe — come già detto — di riacquistare il giocatore tramite un controriscatto da un milione di euro.

LAUTARO MARTINEZ PENSA ALLA CHAMPIONS LEAGUE ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Focus
Arbitri, VAR e polemiche: Un problema creato dal sistema
Arbitri e VAR sono al centro di molte discussioni nel calcio italiano. Ogni giornata porta nuovi dubbi e polemiche sulle decisioni in campo, che spesso finiscono sotto la lente dei media e dei tifosi.

Il problema non riguarda solo gli arbitri: anche il sistema in cui operano influisce sulle scelte. Il VAR è arrivato con la promessa di maggiore chiarezza, ma non sempre riesce a evitare gli errori o a spiegare le decisioni in modo trasparente.
Quando le situazioni restano controverse, spesso le responsabilità sembrano sfumare tra arbitri e tecnologia.
In altri Paesi, gli arbitri forniscono spiegazioni ufficiali dopo le partita; in Italia, invece, la comunicazione resta limitata. Questo contribuisce a creare incertezza e sospetti tra tifosi e addetti ai lavori. Gli arbitri italiani affrontano una pressione costante e, talvolta, questo si riflette nelle decisioni prese in campo.
Var, cambiamento a fuoco lento
Un esempio recente arriva dalla partita Lazio–Milan a San Siro. Nei minuti di recupero, il VAR ha richiamato l’arbitro Collu al monitor per valutare un possibile rigore per la Lazio, dopo un tocco di braccio di Pavlovic che inizialmente era stato ignorato. Dopo l’on‑field review, l’arbitro ha deciso di non concedere il penalty, assegnando invece un calcio di punizione per fallo in attacco.
La scelta ha provocato proteste della Lazio, critiche diffuse sui media e la squadra biancoceleste ha anche saltato la conferenza stampa post‑gara, pubblicando immagini del replay sui social per contestare il verdetto. L’allenatore Maurizio Sarri ha poi suggerito di riposizionare le postazioni VAR lontano dalle panchine per ridurre tensioni e confusioni durante le partite.
Nonostante le critiche, ogni stagione vengono annunciate nuove iniziative per aumentare trasparenza e dialogi, ma i cambiamenti concreti sono spesso lenti o limitati. In sintesi, il dibattito sugli arbitri e sul VAR no riguarda solo singoli episodi: riflette questioni più ampie legate al sistema del calcio italiano, alla gestione della tecnologia e alla comunicazione con tifosi e media.
-
Serie A5 giorni faEcco chi potrebbe comprare la Fiorentina: il nome è clamoroso
-
Calciomercato6 giorni faMilan, contatti Boca Juniors-Pimenta: s’ingrossa l’affare Gimenez
-
Calciomercato5 giorni faMilan, Allegri chiama Musah: ritorno a gennaio?
-
Champions League7 giorni faInter-Liverpool, atteso un incasso record a San Siro
-
Calciomercato6 giorni faMilan, Lucca da tempo in lista: alcuni dettagli
-
Livinmantra3 giorni faFantacalcio: consigli e probabili formazioni
-
Calciomercato5 giorni faMilan, Leao sacrificabile in estate: Vlahovic a zero | Tutti i movimenti
-
Notizie4 giorni faStadio Roma, ci siamo: c’è la data del progetto definitivo
