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Fan Token: il lato oscuro del calcio digitale

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I fan token sono tra le novità del calcio moderno. Nati per avvicinare i tifosi al club, fanno riflettere: opportunità reale o solo marketing e speculazione?

L’illusione della partecipazione

Immagina di poter scegliere la canzone da suonare quando il tuo club segna un gol. Oppure di influenzare il look del cappello dell’allenatore. Non sembra fantastico? Sembra il sogno di ogni tifoso che vuole sentirsi più vicino alla propria squadra, come se fosse parte della famiglia. Ma c’è una domanda che non possiamo ignorare: quanta vera influenza ha il tifoso nelle decisioni che contano davvero per il club?

I fan token promuovono una partecipazione che va oltre la semplice visione della partita. Ti fanno sentire come se fossi un membro della squadra, permettendoti di dire la tua su design e idee da condividere con gli altri tifosi. Ma siamo sicuri che ciò che ci vendono come “partecipazione attiva” non sia solo un abile stratagemma di marketing?

Alla fine, il tifoso che possiede un fan token ha davvero il potere di influenzare le decisioni strategiche del club, o è solo una farsa mascherata da divertimento digitale? Non sarebbe più onesto ammettere la verità? I veri protagonisti sono le piattaforme blockchain, che guadagnano ad ogni scambio.

La speculazione che nessuno ti racconta

Dietro la brillante facciata di un fan token che ti permette di votare per il look della maglia o per il nome della mascotte, si cela un rischio non indifferente: la speculazione economica. I fan token sono criptovalute e, come tali, il loro valore oscilla. Chi ti ha mai spiegato veramente i rischi dietro questa oscillazione? Pochissimi conoscono davvero come funziona questo sistema.

Non è solo l’amore per la squadra che guida il valore di un fan token. È anche l’emotività dei tifosi e la speculazione che si genera attorno ai grandi eventi, come il trasferimento di un calciatore da milioni di euro. Il fan token del Paris Saint-Germain ha visto una crescita esplosiva con l’acquisto di Lionel Messi. In pochi giorni, il suo valore è raddoppiato. A prima vista, sembrava una vittoria per tutti i tifosi che avevano acquistato il token a un prezzo più basso. Ma quando il clamore è finito, che ne è stato del valore dei token? Quanti tifosi hanno acquistato i token al picco della speculazione? E quanti si sono ritrovati con un valore ridotto?

Questa fluttuazione dei prezzi potrebbe sembrare una buona occasione di guadagno, ma è anche un azzardo che molti tifosi non sono pronti ad affrontare. La realtà è che chi ci guadagna davvero sono le piattaforme blockchain e i club. Questi monetizzano l’hype senza farsi troppo problemi sulle perdite che possono colpire i tifosi.

fan token juventus, gatti

Chi guadagna davvero con i Fan Token?

Da un lato, i club vedono i fan token come una nuova fonte di entrate. Non solo guadagnano dalla vendita diretta dei token, ma anche tramite le sponsorizzazioni delle piattaforme che li emettono. E, per i tifosi, chi guadagna sono sempre le grandi aziende digitali che gestiscono le piattaforme. Queste, infatti, ottengono guadagni ogni volta che un tifoso compra o scambia i token, senza rischiare nulla.

Ma cosa ottengono i tifosi? Il rischio di perdere soldi in un mercato altamente volatile, senza alcuna protezione legale che tuteli i loro interessi. Ma soprattutto senza una vera educazione sul loro utilizzo. Perché, si sa, quando si parla di economia, chi ignora i meccanismi è sempre il bersaglio preferito. Se il valore di un fan token crolla, il tifoso rischia di perdere l’investimento. E se lo perde, cosa rimane? Solo il rimorso.

Una passione che rischia di sfuggire di mano

Abbiamo sempre sentito dire che il calcio è una passione, una religione per molti. Ma quando la passione si mescola con l’economia digitale, il confine tra il tifoso e l’investitore diventa sempre più sfumato. I fan token rappresentano senza dubbio una novità interessante nel panorama sportivo, ma la domanda è: qual è il vero costo di questa partecipazione? C’è un momento in cui la passione per la propria squadra può trasformarsi in una speculazione finanziaria, che ha ben poco a che fare con l’amore per il club.

Se i fan token sono un’opportunità per avvicinarsi al club, la domanda che ci dobbiamo porre è: quanta passione può davvero essere tradotta in un valore economico? Il rischio è che la passione dei tifosi venga utilizzata come strumento di guadagno per chi gestisce il mercato. Ma senza che chi veramente ama la squadra ne tragga beneficio.

In un mondo dove il calcio e l’innovazione si mescolano, è più facile trovarsi a speculare sui valori dei fan token. Piuttosto che realmente vivere la passione per la propria squadra.

Tutto è Monetizzabile

Un chiaro esempio di come il calcio stia diventando sempre più uno strumento per fare soldi è il fenomeno dei palloni autografati che segnano un goal. Oggi vengono messi all’asta, con le società che sfruttano il desiderio dei tifosi di avvicinarsi ai propri idoli. Creano così nuove “necessità”, che in realtà non sono affatto essenziali. È vero, quei palloni potrebbero avere un grande valore in futuro.

Ma nel presente, il loro costo è elevato e non tutti possono permetterseli. C’è chi, pur di accaparrarseli, finisce per indebitarsi. E qualcuno potrebbe dire: “non li comprassero”. Ma ridurre tutto a una risposta semplice non aiuta a capire il problema. Dietro il calcio c’è un mondo fatto di emozioni, identità e senso di appartenenza. Non è facile separare la passione dal desiderio di possedere un oggetto legato a essa, e lo stesso vale per i fan token.

Fan token: Un Passo Avanti o una Trappola?

I fan token potrebbero essere un passo verso il futuro, ma sono anche una trappola sottile. Offrono ai tifosi l’illusione di essere parte della squadra, ma questa partecipazione ha un prezzo concreto. I vantaggi esclusivi, i premi e i sondaggi non sono sufficienti a giustificare il rischio che i tifosi corrono nel cercare di guadagnare da questa nuova “passione digitale”.

È giusto partecipare, sì, ma solo con la consapevolezza che, come ogni investimento ad alto rischio, i soldi che si spendono devono essere solo quelli che ci si può permettere di perdere. In fondo, ogni tifoso ha il diritto di sognare di essere protagonista, ma bisogna fare attenzione a non cadere nella trappola di un gioco che potrebbe rivelarsi più pericoloso di quanto sembri.

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Milan, ma chi lo fa il mercato? L’editoriale di Mauro Vigna

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Milan

Milan, chi lo fa il mrcato? E’ un dubbio che spesso noi tifosi rossoneri abbiamo, visto anche diversi precedenti.

Le richieste di Massimiliano Allegri in estate erano volte ad avere in squadra un difensore centrale esperto, un profilo come Xhaka e un attaccante dalle caratteristiche differenti rispetto a Santiago Gimenez. E’ invece arrivato Odogu, giovanissimo e non pronto, Nkunku del quale se ne fa nulla e l’attaccante messicano è rimasto. Il contentino Rabiot è potuto accadere solo ed esclusivamente perché il francese era stato messo fuori rosa col Marsiglia.

Un quadretto poco edificante per un nuovo allenatore il quale aveva preteso delle garanzie dalla dirigenza nella persona di Giorgio Furlani.

E ancora, Allegri aveva chiesto Vlahovic, ma si è infortunato, discorso rimandato in estate. Per sopperire la situazione avrebbe accolto di buon grado Mauro Icardi, ma all’argentino non è piaciuta l’offerta del Milan di un biennale da 5 milioni di euro.

Ecco quindi che Giorgio Furlani ha deciso di spingere per Niclas Fullkrug, attaccante che nella stagione 2025 è riuscito addirittura a far peggio di Gimenez, il che è tutto dire.

Ma la domanda che sorge spontanea e che mi viene fatta da centinaia di tifosi….Igli Tare? Mistero. Sappiamo infatti che tutti gli acquisti e le cessioni devono passare dalla scrivania dell’AD rossonero pertanto la figura di Tare pare fin da subito ridimensionata. Insomma, non ci siamo praticamente accorti del cambio in estate, quando il Milan, orfano di un direttore sportivo, ha assoldato l’ex Lazio salvo poi coinvolgerlo poco nelle varie scelte di mercato.

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Milan, stai buttando un’occasione d’oro: l’editoriale di Mauro Vigna

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Milan

Milan, probabilmente mai come quest’anno i rossoneri hanno la possibilità di dire la loro durante la campagna acquisti invernale, oppure no. La seconda opzione di certo spaventa.

Diciamocela tutta, è un campionato al rallentatore. Non esiste una vera e propria squadra che sta andando in volta, per usare un termine ciclistico che tuttavia bene fa capire l’attuale situazione. Tante squadre a pochi punti di distanza l’una dall’altra, molti di questi persi per casa, chi durante gli scontri diretti, vedasi il Napoli e chi, come il Milan, contro le piccole.

Un’occasione d’oro quindi per gli uomini di Massimiliano Allegri, secondi a un solo punto dai cugini capolisti e pieni di rammarichi per i soli due punti contro Cremonese, Pisa Sassuolo. Ho coniato il termine neopromossite, ovvero una patologia insorta nel Milan quando c’è da giocare contro le neopromosse. I motivi sono ancora tutti da capire, ma i numeri non mentono mai.

E sarebbe così facile imporsi in questo campionato, se solo la dirigenza lo volesse. Mai come quest’anno basterebbero tre acquisti mirati, forti ed esperti per potere arrivare in fondo al campionato e probabilmente vincerlo. Serve un attaccante diverso da Niclas Fullkrug il quale in Premier League sta eguagliando Santiago Gimenez con la pochezza di zero gol zero assist.

Il Milan non è un centro di recupero per giocatori persi, lo stiamo facendo con Nkunku con risultati al momento disastrosi, lo faremo con Fullkrug, sperando finisca diversamente. La botta di c…., ops fortuna, l’abbiamo avuta con Pulisic del quale ci riferivano che era sempre infortunato, un giocatore finito…beh, ce ne fossero di giocatori così. Ma non possiamo vivere di scommesse, ci servono solide realtà e Fullkrug ad oggi non lo è.

Ci serve un forte difensore centrale e per quanto bene possa volere a Thiago Silva, è un azzardo grande come una casa perché il giocatore ha 41 anni e arriva da una stagione in cui ha fatto oltre 40 presenze. Vecchio e bollito, mi viene da dire, con il giusto e dovuto timore reverenziale che porta un campione del genere, ovviamente. Così difficile prendere un Joe Gomez qualsiasi?

E per finire ci serve un terzino destro, Saelemaekers, fresco di rinnovo fino al 30 giugno 2031, non le può giocare tutte, se me ne accorgo io, penso che anche lo staff tecnico possa lontanamente immaginarlo. E Athekame quando esntra in campo provoca le preoccupazioni che avevo quando c’era lui, Emerson Royal.

Siamo sempre alle solite, basterebbe così poco per allestire una squadra competitiva, e ripeto, in questo campionato il Milan, con una rosa adeguata, potrebbe tranquillamente dire la sua. Peccato che a gennaio, come ci è stato riferito, si andrà a pescare alla voce opportunità di mercato che equivale partire da Milano, andare al casinò e puntare sul rosso e sul nero chiudendo gli occhi e sperando vada bene.

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Juventus, finalmente Spalletti ha lasciato il segno!

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Italia, Luciano Spalletti

Vittoria importante al Dall’Ara e secondo clean sheet di fila. La Juventus di Luciano Spalletti ha finalmente giocato un buon calcio.

La Juventus torna da Bologna con molto più dei tre punti. L1-0 del Dall’Ara rappresenta una tappa chiave della stagione e, soprattutto, la prima autentica versione “spallettiana” dei bianconeri: squadra compatta, aggressiva, coraggiosa e finalmente riconoscibile. Una vittoria pesante, che rilancia la corsa Champions e prepara il terreno allo scontro diretto con la Roma per il quarto posto.

La chiave della vittoria della Juventus

Contro un Bologna confuso e poco convincente, la Juve ha imposto il proprio ritmo fin dall’inizio. Pressing alto, baricentro avanzato e gestione lucida del pallone hanno segnato una netta discontinuità rispetto alle precedenti uscite, comprese quelle in campo europeo. Il primo tempo è stato solido, la ripresa ancora più autoritaria, con i rossoblù pericolosi solo a sprazzi, come sulla traversa colpita da Zortea.

Il gol decisivo arriva a metà secondo tempo e porta la firma inattesa di Cabal, al secondo centro stagionale dopo quello contro l’Atalanta, bravo a sfruttare un cross preciso di Yildiz. Determinante anche l’impatto dei cambi, che hanno dato la spallata decisiva a una gara controllata per lunghi tratti. Da segnalare il rientro di Bremer nel finale, mentre Koopmeiners sarà assente contro la Roma per squalifica.

Juventus

Il risultato sta persino stretto alla Juventus, che crea molto ma conferma qualche limite sotto porta. Openda spreca due occasioni nitide, Ravaglia evita un passivo più pesante e un gol di David viene annullato per fuorigioco. Segnali incoraggianti anche da Yildiz, sempre più centrale nel gioco pur senza trovare la rete.

Il successo vale il quinto posto e, almeno per una notte, il -1 dalla Roma, in attesa degli altri risultati. È il secondo clean sheet esterno del campionato, un dato che certifica la solidità ritrovata dopo un rendimento lontano da casa troppo discontinuo.

Spalletti ha parlato della “vittoria più bella” da quando siede sulla panchina bianconera, ma ha invitato alla prudenza. Bologna non è un punto d’arrivo, bensì una ripartenza. La prossima sfida con la Roma sarà il vero spartiacque dove si misureranno ambizioni, maturità e la reale crescita di una Juventus che sembra aver finalmente trovato la sua strada.

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