Focus
Napoli, quando il cuore piange: un’ode a Kvicha Kvaratskhelia
È ormai giunta al termine la storia di Kvicha Kvaratskhelia al Napoli. Tra poche ore il georgiano diventerà ufficialmente un giocatore del PSG.
Si avvicina l’estate di uno strano 2022. Da mesi ormai Napoli e il Napoli sanno che Lorenzo Insigne non sarà più il capitano azzurro, vista l’accordo già siglato a gennaio con i canadesi del Toronto. La società va alla ricerca del sostituto.
Come in ogni sessione di mercato, tanti nomi si rincorrono e come tanti altri, anche io, da sfegatato tifoso azzurro, procedo a guardare ogni singolo video di “goal, assist and skills” dei vari giocatori che avrebbero dovuto raccogliere l’eredità del talento di Frattamaggiore.
I primi nomi per il dopo Insigne
Si svaria dalla soluzione sicura in Serie A con il sempre citato Berardi, passando per Bernardeschi e un ancora neroverde Hamed Traoré.
Tuttavia, il nome accostato con maggior insistenza agli azzurri in quel periodo è quello di Luis Sinisterra, ala classe ’99 del Feyenoord: un giocatore sicuramente molto abile nel dribbling e bravo nella finalizzazione, che però non mi entusiasmava.
Si parlò addirittura di uno Januzaj a parametro zero e sponsorizzato direttamente da Dries Mertens. Insomma, i giorni passavano e i nomi aumentavano, ma le voci rimanevano tali e niente di più.

Napoli, arriva Kvaratskhelia
Dopodiché, un giorno, dal nulla, ricordo di aver letto questo nome, tanto intrigante quanto difficile da pronunciare: Kvicha Kvaratskhelia. Giovane talento georgiano, reduce dall’esperienza in Russia al Rubin Kazan, rientrato in patria, alla Dinamo Batumi, dopo lo scoppio del conflitto russo-ucraino
Da bravo tifoso, non persi tempo e corsi immediatamente su youtube per cercare le sue giocate migliori. Mi bastarano 30 secondi per innamorarmi follemente. Con tunnel, sterzate improvvise, finte di corpo e il pallone sempre attaccato al piede, quel ragazzo aveva già conquistato il mio cuore.
Terminato quel video, io, da buon nessuno, avevo già fatto la mia scelta: doveva essere Kvicha Kvaratskhelia.
E, per fortuna, non ero l’unico a pensarla così: Giuntoli, sottotraccia, ci stava lavorando da mesi. Difatti, furono pochissimi i giorni che passarono dal leggere il suo nome sui giornali ai vari tweet che annunciavano la chiusura dell’affare.
Arrivò tra lo scetticismo generale, perché a Napoli e in Italia, in fondo, è sempre così: era impossibile che un ragazzo georgiano, sconosciuto ai più e acquistato per soli 10 milioni, potesse essere il volto nuovo di una squadra che da anni rincorreva il sogno Scudetto.
Molti tifosi invocavano un nome più blasonato, e c’era anche chi ipotizzava che il nuovo titolare a sinistra sarebbe stato Lozano, con Kvaratskhelia semplice alternativa del messicano.
Ovviamente, però, società e Spalletti non avevano dubbi: quel ragazzo sarebbe stato titolare sin da subito perché non era come gli altri.

Dallo scetticismo al cuore dei tifosi
E il talento georgiano dimostrò subito che avevano ragione, segnando all’esordio contro il Verona in quella che, a dirla tutta, non fu una delle sue migliori partite a Napoli, come sottolineato anche dal tecnico toscano al termine del match.
Passa una settimana, il Napoli esordisce al Maradona contro il Monza dell’ex Petagna, e Kvaratskhelia decide di rubare la scena prima con un incredibile destro a giro che sblocca il risultato, e poi con un sinistro nell’angolino dopo una sterzata fulminea in area di rigore. Nella mente dei veri tifosi azzurri rimarrà per sempre il commento del telecronista di DAZN Riccardo Mancini dinanzi a quei due gesti tecnici.
Sono altre due, però, le partite che illumineranno per sempre la mia memoria al ricordo di Kvaratskhelia: la trasferta a Roma contro la Lazio e, ovviamente, l’esordio in Champions contro il Liverpool.
Contro i biancocelesti, il georgiano, dopo diversi tentativi falliti e un incredibile palo da fuori area in seguito a una splendida veronica, segnerà il gol decisivo. Contro la squadra di Klopp, invece, Kvara si presentò a tutta Europa facendo ammattire Alexander-Arnold e l’intera difesa dei Reds.
Della sua importanza in quel Napoli che ha poi vinto lo Scudetto non c’è neanche bisogno di parlare perché lo fanno già gol, assist, premi e tanti ricordi.

Khvicha Kvaratskhelia perplesso ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Napoli, il disastro post-Scudetto
Ma qualcosa si è rotto nella stagione successiva. Ricordo ancora la sua disperazione per le occasioni mancate negli ultimi scampoli di partita contro l’Empoli, in quella che fu l’ultima partita di Garcia sulla panchina azzurra, e contro il Milan a tempo scaduto.
Così come ricordo il “Kvaradisiaco” urlato da Edoardo Testoni quando il georgiano decise la partita contro l’Hellas con un tiro a giro magnifico da fuori area. Fu un attimo, forse un solo istante in cui il georgiano riuscì a sentirsi un eroe per un’ultima volta.
Poi, però, la stagione è finita anche peggio di quanto ci si aspettasse e Kvaratskhelia ha esaurito tutte le proprie energie mentali. Il peso delle aspettative, i risultati deludenti e le critiche sembravano averlo logorato dall’interno.

Khvicha Kvaratskhelia, sullo sfondo Antonio Conte ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Un addio che spezza il cuore
Probabilmente in questi mesi con Conte alla guida, il georgiano non è mai riuscito a smaltire le scorie di un anno infernale. Forse si è reso conto che non ci sarebbe mai riuscito restando qui.
Tutti speravano in un finale diverso. O meglio, tutti speravano non finisse mai, ma forse è giusto sia andata così. L’addio, per quanto doloroso, sembra il giusto epilogo per un talento che merita di trovare la serenità altrove.
Kvicha ha sempre dato tutto e anche di più al Napoli e ai suoi i tifosi. E loro, almeno quelli veri, lo sanno benissimo e gli saranno eternamente grati.
Io stesso, come tanti altri, non posso che augurargli il meglio per il prosieguo della sua carriera, nella speranza che possa essere quella che ha sempre desiderato.
Ciao Kvicha, e grazie per avermi fatto sognare.
Focus
Pisa, notte nera a Lecce: ora la classifica si complica
Notte amara per il Pisa di Gilardino dopo la sconfitta contro il Lecce. Ora la classifica preoccupa e il mercato di gennaio diventa decisivo.
Un’altra sconfitta, forse la più pesante della stagione, per il Pisa di Alberto Gilardino. Nell’anticipo del venerdì sera i nerazzurri escono battuti dallo scontro diretto con il Lecce che avrebbe potuto cambiare il volto della classifica e che invece rischia di complicare ulteriormente il cammino verso la salvezza. Il punteggio racconta solo in parte quanto visto in campo.
A pesare non è neanche tanto il risultato finale, quanto la prestazione. Perché se è vero che fin qui il Pisa aveva spesso dato l’impressione di meritare più punti di quelli raccolti, con prove solide anche contro le grandi del campionato, quanto visto ieri sera è stato ben lontano dalla media stagionale. Una squadra spenta, rinunciataria, mai davvero dentro la partita e incapace di reagire.
Un Pisa praticamente irriconoscibile, come ammesso dallo stesso Gilardino nel post-partita. Poca intensità, poche idee e una sensazione di fragilità che non si era mai vista in modo così evidente. Ed è proprio questo l’aspetto più preoccupante: perdere uno scontro diretto senza mai dare la sensazione di poterlo davvero vincere.

Idrissa Toure’ (Pisa) during warm up during Italian soccer Serie B match AC Pisa vs Ascoli Calcio at the Arena Garibaldi in Pisa, Italy, December 08, 2022 – Credit: Gabriele Masotti
Pisa, il mercato per invertire la rotta
Questa terza sconfitta consecutiva lascia ora il Pisa momentaneamente a quattro punti dalla zona salvezza, una distanza che potrebbe anche aumentare nel prosieguo del weekend. Un dato che fotografa un momento complicato e che non può essere ignorato. Anche perché il bilancio complessivo parla chiaro: un solo successo finora, arrivato contro la Cremonese ormai più di un mese fa. Decisamente non abbastanza per guardare alla salvezza con ottimismo.
A rendere il quadro ancora più difficile ci sono poi le assenze imminenti. Le partenze di Nzola e Akinsanmiro per la Coppa d’Africa toglieranno soluzioni, profondità e qualità a una rosa già in affanno. La sensazione è che, senza interventi, il rischio di scivolare ulteriormente sia concreto.
Per questo gennaio diventa un passaggio obbligato. Servirà intervenire con forza sul mercato per provare a invertire la rotta e dare nuove energie a un gruppo che, dopo un buon avvio, sembra aver perso certezze e brillantezza.
Il Pisa ha mostrato di poter stare in questa categoria, ma ora servono risposte immediate. Perché il tempo stringe e la classifica, giornata dopo giornata, inizia a fare davvero paura.
Focus
Inter, il futuro di Akinsanmiro: basta un milione per riportarlo a Milano
Akinsanmiro stupisce al Pisa e torna nei piani dell’Inter: grazie alla clausola di recompra da 1 milione i nerazzurri possono riportarlo subito a Milano.
Stankovic, Pio Esposito e suo fratello Sebastiano sono solo alcuni dei maggiori talenti usciti dalle giovanili dell’Inter, settore di cui oggi la società di via della Liberazione va particolarmente fiera. Ovviamente, l’unico che gioca stabilmente nella squadra in cui è cresciuto è il più piccolo della famiglia Esposito, Pio, che — a differenza di suo fratello Sebastiano, oggi al Cagliari — ha concluso la classica trafila di prestiti nella scorsa stagione allo Spezia.
Tuttavia, non si può dire lo stesso dell’altro giocatore citato. Pur essendo attualmente in Belgio, Stankovic continua a vestire una maglia nerazzurra, quella del Club Brugge, anche se è dei tre quello più lontano: per riportarlo a Milano, infatti, l’Inter dovrebbe versare i 15 milioni previsti dalla clausola di recompra, inserita nella trattativa con il club vicecampione del Belgio.
Non è però l’unico giocatore con un passato interista ad avere una clausola simile, e che — guarda caso — ha cambiato città, ma non colori. Il nome in questione è quello di Ebenezer Akinsanmiro, centrocampista nigeriano arrivato nel 2023 alla corte nerazzurra e oggi in forza al Pisa. Come per Stankovic, anche sul suo contratto è presente una clausola che permetterebbe all’Inter di riportarlo a Milano senza ulteriori trattative; ma, a differenza del figlio d’arte, la cifra è notevolmente più bassa, rendendo il tutto più realistico.
La questione Stankovic
Tuttavia, anche nel caso di Stankovic si tratta di un’operazione tutt’altro che sconveniente: il giocatore, che non avrebbe trovato spazio — o almeno non quanto nella scorsa stagione al Lucerna, dove aveva collezionato 38 presenze, segnato tre gol e fornito due assist — è stato ceduto a una squadra dove certamente avrebbe avuto modo di giocare. Ma il Club Brugge non avrebbe agito “pro bono” per l’Inter senza nulla in cambio. Ecco perché, ai 10 milioni incassati dai nerazzurri, la dirigenza guidata da Giuseppe Marotta ha deciso di aggiungere una clausola di recompra da 25 milioni: da un lato testimonianza del grande valore del giocatore cresciuto sotto la guida di Christian Chivu, dall’altro segnale che l’Inter, pagando 25 milioni, riacquisterebbe un profilo molto più maturo e con esperienza accumulata anche su palcoscenici importanti, al prezzo di 15 milioni di euro, cifra più bassa di quella che potrebbe diventare la sua valutazione da qui a qualche mese.
Inter, cosa fare con Akinsanmiro
La società nerazzurra sarebbe rimasta molto soddisfatta dell’apporto dato alla causa del Pisa dal suo giovane talento, un fattore che di fatto lo avrebbe riportato al centro dei piani dell’Inter per il futuro. Il giocatore, infatti — per il quale, ricordiamo, basterebbe versare solo un milione per riaverlo — ha già praticamente sextuplicato il valore dell’investimento che l’Inter dovrebbe sostenere per riportarlo a Milano.
L’Inter comunque non si è fatta cogliere alla sprovvista. Durante l’ultima finestra di mercato, quando si è seduta al tavolo con la dirigenza del Pisa, avrebbe deciso di impostare la trattativa nel seguente modo, come raccontato anche da Calciomercato.com: il giocatore sarebbe passato al Pisa in prestito oneroso, con una opzione di riscatto a 7 milioni.
E allora perché l’Inter può riprendere totalmente possesso del suo giocatore — dato che, di fatto, lo è ancora — per soltanto un milione?
La risposta risiede nella clausola di recompra, in pieno stile Real Madrid, una tutela fondamentale per i grandi club che, spesso impegnati in progetti ambiziosi, rischiano di lasciarsi sfuggire i migliori talenti cresciuti nel loro settore giovanile. Una clausola che, in questo caso, permetterebbe — come già detto — di riacquistare il giocatore tramite un controriscatto da un milione di euro.

LAUTARO MARTINEZ PENSA ALLA CHAMPIONS LEAGUE ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Focus
Arbitri, VAR e polemiche: Un problema creato dal sistema
Arbitri e VAR sono al centro di molte discussioni nel calcio italiano. Ogni giornata porta nuovi dubbi e polemiche sulle decisioni in campo, che spesso finiscono sotto la lente dei media e dei tifosi.

Il problema non riguarda solo gli arbitri: anche il sistema in cui operano influisce sulle scelte. Il VAR è arrivato con la promessa di maggiore chiarezza, ma non sempre riesce a evitare gli errori o a spiegare le decisioni in modo trasparente.
Quando le situazioni restano controverse, spesso le responsabilità sembrano sfumare tra arbitri e tecnologia.
In altri Paesi, gli arbitri forniscono spiegazioni ufficiali dopo le partita; in Italia, invece, la comunicazione resta limitata. Questo contribuisce a creare incertezza e sospetti tra tifosi e addetti ai lavori. Gli arbitri italiani affrontano una pressione costante e, talvolta, questo si riflette nelle decisioni prese in campo.
Var, cambiamento a fuoco lento
Un esempio recente arriva dalla partita Lazio–Milan a San Siro. Nei minuti di recupero, il VAR ha richiamato l’arbitro Collu al monitor per valutare un possibile rigore per la Lazio, dopo un tocco di braccio di Pavlovic che inizialmente era stato ignorato. Dopo l’on‑field review, l’arbitro ha deciso di non concedere il penalty, assegnando invece un calcio di punizione per fallo in attacco.
La scelta ha provocato proteste della Lazio, critiche diffuse sui media e la squadra biancoceleste ha anche saltato la conferenza stampa post‑gara, pubblicando immagini del replay sui social per contestare il verdetto. L’allenatore Maurizio Sarri ha poi suggerito di riposizionare le postazioni VAR lontano dalle panchine per ridurre tensioni e confusioni durante le partite.
Nonostante le critiche, ogni stagione vengono annunciate nuove iniziative per aumentare trasparenza e dialogi, ma i cambiamenti concreti sono spesso lenti o limitati. In sintesi, il dibattito sugli arbitri e sul VAR no riguarda solo singoli episodi: riflette questioni più ampie legate al sistema del calcio italiano, alla gestione della tecnologia e alla comunicazione con tifosi e media.
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