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Napoli: niente stadio nuovo

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Nei giorni scorsi è stato annunciato dal comune di Napoli un possibile accordo con la società di De Laurentis, che prevede l’affidamento della gestione dello stadio San Paolo alla SSC Napoli. In procinto di assodare le cifre dell’affare quindi il regista avrebbe avuto carta bianca riguardo un eventuale ristrutturazione dell’impianto.

Il progetto

I progettisti si sono subito messi all’opera per garantire un impianto nuovo di zecca nel corso dei 5 anni che il presidente avrebbe in gestione la struttura .
La volontà di ADL è quella di voler effettuare un vero e proprio restyling completo dell’impianto, eliminando la pista di atletica, unificare i due anelli e posizionare sotto entrambe le curve dei maxi schermi.

Si attendono quindi le volontà del comune per quanto riguardo l’approvazione di un eventuale progetto, il quale avrebbe la possibilità di riavere al termine del contratto un impianto ricostruito e modernizzato del tutto.

Addio all’impianto di Melito

Prima del raggiungimento dell’accordo con il comune di Napoli, la società aveva già messo in conto la possibilità della costruzione di un nuovo impianto nei pressi di Melito. Il presidente ha già trovato un accordo con il sindaco di Melito per la costruzione del nuovo centro sportivo azzurro. De Laurentis vuole costruire un centro sportivo sullo stile di quello del Manchester City, ci saranno almeno 12 campi di calcio una vera e propria cantera!

Oltre la costruzione del centro sportivo il presidente aveva messo in conto di costruire nel medesimo comune anche il nuovo stadio del Napoli, qualora i rapporti con il sindaco De Magistris si fossero complicati, ma il riavvicinamento delle parti ha fatto si che l’ipotesi si arenasse.

Si spera che l’impianto di Fuorigrotta sotto la gestione della società azzurra riesca ad avere l’aspetto che merita per proporzionato agli eventi che ospita e che ospiterà in ambito nazionale ed europeo

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Figo ed Evrà intervengono al World Sports Summit

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Evra

Luis Figo e Patrice Evrà si incontrano al World Sports Summit, dimostrando che amicizia e lealtà possono superare le rivalità calcistiche.

Un Incontro tra Leggende del Calcio

Luis Figo e Patrice Evrà, due icone del calcio mondiale, si sono incontrati al World Sports Summit, un evento che celebra lo sport e promuove l’amicizia tra gli atleti. Nonostante i numerosi duelli sulla fascia che li hanno visti protagonisti in passato, i due ex calciatori hanno dimostrato che il rispetto e la lealtà fuori dal campo possono prevalere sulle rivalità del passato. Questo incontro è stato un momento simbolico di come lo sport possa unire le persone, indipendentemente dalle loro differenze.

Un Nuovo Capitolo di Collaborazione

Al summit, Figo ed Evrà non erano avversari, ma compagni che condividono una passione comune per il calcio e il desiderio di usare la loro influenza per il bene comune. La loro presenza ha attirato l’attenzione dei media e dei fan, sottolineando l’importanza delle relazioni positive tra gli ex avversari. Questo evento ha messo in luce come le leggende dello sport possano essere un esempio di unità e collaborazione in un mondo spesso caratterizzato dalla competizione.

Per altre notizie sul calciomercato, clicca qui.

Fonte: l’account X di Schira

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Guarin racconta la sua lotta all’alcolismo: “Dall’inferno alla luce, un percorso di consapevolezza”

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Grifo

La testimonianza di Fredy Guarin, ex calciatore dell’Inter, rivela la sua lotta contro l’alcolismo e la depressione, culminata con pensieri di suicidio.

La discesa all’inferno

Fredy Guarin, ex centrocampista dell’Inter, ha attraversato un periodo di estrema solitudine e sofferenza, al culmine di una carriera calcistica segnata da successi e sfide. Guarin racconta di come le difficoltà personali e professionali lo abbiano spinto verso l’alcolismo, un rifugio temporaneo dal dolore che alla fine lo ha condotto in una spirale di autolesionismo. “Ho conosciuto le ombre della solitudine, della depressione e dell’alcolismo. Ho toccato lo spettro del suicidio. Un malessere durato anni”, confessa l’ex calciatore.

Il cammino verso la rinascita

Dopo aver toccato il fondo, Guarin ha iniziato il suo percorso di recupero, un viaggio lungo e difficile, ma che alla fine lo ha portato a riscoprire la bellezza della vita. Guarin attribuisce la sua rinascita al sostegno dei professionisti della salute mentale, al suo impegno personale e alla fede in un potere superiore. Oggi, Guarin lavora in una fondazione per aiutare coloro che, come lui, stanno lottando contro la dipendenza. “Ho vissuto quelle esperienze per poterle mettere a disposizione delle persone, per aiutare l’essere umano”, afferma Guarin.

Guarin sottolinea l’importanza di affrontare i propri problemi e accettarsi per quello che si è, compresi i propri difetti. “Siamo anche i nostri problemi”, dice. Ora, Guarin è un uomo cambiato, un uomo che ha imparato ad apprezzare le piccole cose della vita e ad amare se stesso. “Oggi Fredy Guarin sta meglio. È un uomo diverso. Sono grato per questa seconda opportunità che la vita mi ha dato”, conclude Guarin.

Per altre notizie sul [calciomercato, clicca qui](https://www.calciostyle.it/categoria/calciomercato).

Fonte: [Gianluca Di Marzio](http://gianlucadimarzio.com/).

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Le nuove metodologie dopanti e i marginal gains: i nuovi rischi nello sport

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Europa League

Le nuove metodologie dopanti e i marginal gains: i nuovi rischi nello sport.

Ne parla il dott. Luca Gnagnarella membro della Commissione Antidoping della FIGC, cultore della materia in diritto sportivo e coordinatore scientifico nel Corso di Alta Formazione in Management delle Società Sportive presso l’Università LUM.

 

Questo fine anno è stato molto complesso e ha introdotto nuovi interrogativi nel mondo dello sport.

“Cosa ci dobbiamo aspettare come nuove metodologie dopanti e soprattutto, i marginal gains possono rappresentare un pericolo?”

Questa è una domanda che rimbomba a tutti coloro che lottano quotidianamente per tutelare uno sport pulito, il mondo del doping è in continua evoluzione, la forza economica a disposizione dei grandi club professionistici e gli interessi che ruotano nel mondo dello sport sono un monito stimolante per cercare sempre nuove strategie per migliorare le prestazioni agonistiche con alti rischi per gli atleti.

La WADA che è l’organizzazione mondiale che coordina la lotta contro il doping nello sport con il Codice Mondiale Antidoping è in allerta.

Oggi ci si presenta dinnanzi uno scenario inquietante, non più sostanze da assumere, ma nuovi metodi dopanti. In primis la nuova metodologia dopante che desta più preoccupazione è sicuramente il doping genetico che è l’ipotetico utilizzo da parte di atleti di terapie genetiche.

Se ne discute già dagli anni 90 quando l’interesse della comunità sportiva venne particolarmente stimolato dalla creazione all’interno di un laboratorio universitario di un topo più potente ottenuto iniettando nell’animale un virus trasportatore del gene che codifica l’IGF-1; il topo risultava più forte rispetto a topi non trattati, anche in assenza di esercizio e con l’avanzare dell’età. Inizialmente il laboratorio era alla ricerca di cure per le malattie da deperimento muscolare, ma quando il loro lavoro venne pubblicato, il laboratorio venne sommerso di chiamate da parte di atleti e allenatori in cerca di cure.

Esistono numerosi geni che possono essere utilizzati come agenti dopanti. Essi includono EPO, l’IGF- 1, ormone della crescita, miostatina, fattore di crescita endoteliale vascolare, fattore di crescita dei fibroblasti, endorfina, encefalina e alfa-actinina-3.

I metodi di rilevazione indiretta sono molto soggettivi e rendono più difficile l’indagine in quanto ogni individuo ha delle proprietà biologiche diverse e uniche. Un esempio è rappresentato dal campione olimpico di sci di fondo Eero Mäntyranta, il quale presentava una mutazione genetica che permetteva al suo organismo di produrre un livello più elevato di globuli rossi. In un caso come questo sarebbe stato molto difficile determinare se questi alti livelli di globuli rossi fossero stati causati da una mutazione endogena o artificiale.

Inoltre, l’allarme generato dal cosiddetto Doping dei vermi marini ha sua volta generato tanta preoccupazione, questo verme chiamato Arenicola Marina ha poteri per così dire magici.

È un piccolo verme che vive nella sabbia e che per sopravvivere ai lunghi periodi di bassa marea ha sviluppato un’emoglobina straordinaria. Mentre quella umana trasporta solo 4 molecole di ossigeno, quella del verme ne trasporta ben 156. In termini sportivi questa sostanza è in grado di saturare i muscoli con un’efficienza quaranta volte superiore al normale, rendendo di fatto obsoleti i vecchi metodi come l’EPO o le autoemotrasfusioni.

Da qui la sostanza denominata M101 capace di garantire prestazioni che superano ogni precedente record di ossigenazione dei tessuti. La molecola è stata inizialmente isolata da un laboratorio francese con scopi medici rivoluzionari per mantenere in vita gli organi destinati ai trapianti e per agire come sostituto del sangue nella chirurgia d’urgenza o negli scenari di guerra. La sua capacità di funzionare perfettamente a qualsiasi temperatura corporea la rende ideale per sforzi massimali in condizioni climatiche proibitive, attirando purtroppo l’attenzione di chi cerca scorciatoie illecite nel mondo delle competizioni.

Per l’Agenzia Mondiale Antidoping la M101 rappresenta un vero incubo a causa della sua quasi totale rintracciabilità. Essendo una molecola naturale e molto piccola, sparisce dal flusso sanguigno in tempi rapidissimi rendendo i test standard inefficaci se non effettuati nell’immediato.

Ma oltre le nuove metodologie dopanti ciò che preoccupa sono anche i marginal gains. Quella dei marginal gains nello sport è una teoria ormai vecchia. La prima volta che se ne sentì parlare era alla vigilia dei giochi Olimpici di Atene 2004. Quando parliamo di marginal gains ci riferiamo al concetto di apportare piccoli miglioramenti incrementali in varie aree della nostra attività al fine di ottenere un miglioramento delle prestazioni complessive.

Guadagnare anche l’1% nella prestazione soprattutto quando essa è al limite diventa una chimera, e da qui che nasce l’utilizzo del monossido di carbonio e di altre metodologie. L’uso del monossido di carbonio rientra in una tecnica, non nuova, generalmente utilizzata per rilevare la percentuale di emoglobina nel sangue.
L’emoglobina è quell’elemento deputato all’assorbimento e al trasporto dell’ossigeno. L’abuso (questo invece più recente) del monossido consisterebbe nell’aumentare la percentuale nel sangue dall’1% al 5%. Il problema è che il monossido di carbonio è un gas che in alte percentuali può addirittura avere effetti mortali. Secondo gli studi l’uso migliorerebbe le prestazioni atletiche sotto sforzo prolungato. La pratica è certamente diffusa tra i ciclisti, ma non solo.

La cronaca inoltre ha rilevato pochi giorni fa il decesso del biatleta norvegese Sivert Guttorm Bakken trovato morto con indosso una maschera ipossica. Ora nel mirino c’è la Elevation Training Mask (ETM), questo dispositivo riduce il passaggio di ossigeno alla bocca fino a 6-10 volte per simulare l’alta quota e, secondo i produttori, migliorare le capacità respiratorie.

Alla luce di tutto ciò possiamo confermare che il doping è in continua evoluzione, cercare nuovi metodi per migliorare le proprie prestazioni diventa giorno per giorno sempre più indispensabile per arrivare al top della performance, e non si può mai abbassare la guardia e si necessita sempre di più di fondi per la ricerca nell’Antidoping per tutelare al massimo un mondo bellissimo come quello dello SPORT.

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