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Esteri

Genoa, 777 Partners compra ancora

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777 Partners

La 777 Partners, la società proprietaria del Genoa allarga i propri investimenti sul mondo del calcio.

Dopo l’acquisto del Genoa lo scorso autunno, la partecipazione maggioritaria sulle quote del Vasco de Gama e una quota sul Valencia, la 777 Partners ha acquistato uno dei più gloriosi club del calcio belga: lo Standard Liegi.

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Questo il comunicato con cui il club belga ha dato il benevenuto ai nuovi proprietari

” 777 Partenrs, società americana di investimento alternativo è stata particolarmente attratta da alcune caratteristiche essenziali della nostra istituzione: uno storico club di tradizione belga ed europeo, dotato di uno straordinario fervore popolare e dotato di uno dei più bei palinsesti nazionali, un club di formazione leader con un’ottima reputazione nello sviluppo di giovani talenti per farli diventare giocatori professionisti di qualità che esercitano la loro passione ai massimi livelli, un marchio nazionale e internazionale molto forte con un potenziale immenso.

Bruno Venanzi (l’ex proprietario, ndr) ringrazia tutti i membri dello Standard de Liège per la loro incrollabile collaborazione durante le 7 stagioni della sua presidenza e rimarrà il 1° tifoso del nostro club per il futuro. Entro la fine di aprile sarà organizzata una conferenza stampa presso il club durante la quale il nuovo proprietario svilupperà in modo più dettagliato la sua visione strategica”.

Premier League

Qualcosa si è rotto nel Liverpool di Klopp

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Il surreale alterco fra Salah e Klopp, che non se le sono mandate a dire in mondo visione, è solo la punta dell’iceberg dei problemi del Liverpool.

Klopp, che autogol comunicativo!

Quasi mai è una buona idea per un allenatore è una buona idea ammettere pubblicamente di aver sbagliato in qualcosa. Un comportamento sicuramente apprezzabile da fuori, ma che inevitabilmente porta a dei riverberi interni. José Mourinho, per esempio, è stato spesso critica per la sua dialettica assertiva, alla pervicace ricerca di un nemico esterno, ma ci sarà un motivo se i più scafati in comunicazione fan tutti così.

Ora non che Klopp sia un pessimo comunicatore. Anzi, tutt’altro. Ma probabilmente ha ragione Rooney quando dice afferma che il tecnico teutonico ha sbagliato clamorosamente i tempi per annunciare il suo addio.

Sapere che il tuo allenatore a fine anno andrà via è un’arma a doppio taglio, poiché da un lato “giustifica” i giocatori a guadarsi intorno e dall’altra crea pressioni ulteriori poiché uno come Klopp non può non lasciare in grande stile.

Liverpool

(Photo by Mark Cosgrove/News Images)

Il Liverpool ha sfiduciato Klopp?

Il pomo della discordia è stata la disastrosa gestione del doppio quarto di finale di Europa League contro l’Atalanta, che ha visto il Liverpool (da stra-favorito) subire un’umiliante lezione di calcio ad Anfield dalla mediocre squadra di Gasperini.

Da lì il mea culpa pubblico di Klopp, che ha avuto l’effetto collaterale di abbattere ulteriormente il morale di una squadra già colpito da un’altra eliminazione: quella nei quarti di F.A. Cup per mano degli acerrimi rivali del Manchester United.

Quindi un’altra uscita a vuoto, dopo la sconfitta interna con il Crystal Palace, dove il tedesco ha gettato la spugna e affermato che i Reds fossero fuori dalla corsa al titolo. Klopp ha condannato la sua squadra prima ancora che fosse la matematica a farlo ed evidentemente più di qualcuno nello spogliatoio non gliel’ha perdonato.

La sensazione diffusa nell’ambiente Reds è che Klopp sia effettivamente responsabile del mancato passaggio del turno in Europa, dato che nella gara d’andata ha tenuto fuori addirittura cinque titolari e tutti di alto livello. Una situazione che, mista alla consapevolezza che l’ex-Dortmund lascerà a fine stagione, ha portato lo spogliatoio del Liverpool a delegittimare colui che sino a poco prima era il loro condottiero.

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Esteri

Jamie Vardy è inossidabile: 37 anni e non sentirli

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Jamie Vardy si appresta a concludere la sua 12esima stagione con la maglia del Leicester da mattatore assoluto, come spesso gli è capitato.

Vardy, che numeri a 37 anni!

Jamie Vardy compirà 38 anni il prossimo Gennaio, eppure il tempo per li sembra non passare mai. Da quando le foxes lo hanno prelevato dal Fleedwood Town nella lontana estate del 2012, salvandolo da una carriera da operaio, Vards ha sempre fatto ciò che gli riesce meglio: ovvero scappare alle spalle dei difensori e segnare.

E anche questa stagione, stante il livello (comunque alto) del Championship, non fa eccezione. 18 gol e 2 assist in 35 partite sarebbero numeri alti anche se non altissimi, ma a far specie è la sua media realizzativa in rapporto ai minuti giocati. Ovviamente, a questo punto della sua carriera, il nativo di Sheffield va gestito e non può essere sempre titolare. Non sempre gioca e negli infrasettimanali spesso e volentieri siede in panchina.

Nonostante ciò, Vardy ha la seconda media realizzativa del campionato. 1616 minuti sono l’equivalente di poco meno di 18 partite intere (17,95) il che vuol dire che il centravanti inglese ha una media di 0,88 gol per partita. Dal punto di vista del minutaggio, la sua media è di 1 gol ogni 101 minuti: solo Sargent ha fatto meglio.

Vardy è considerato all’unanimità il miglior giocatore nella storia del Leicester. E’ il quarto con più presenze di sempre con 462, davanti a lui soltanto Kasper Schmeichel (480) e gli inarrivabili Adam Black (557) e Graham Cross (599). Egli è anche il terzo marcatore all time del club, avendo segnato 188 gol. Meglio di lui hanno fatto soltanto gli inarrivabili Arthur Rowley (265) e Arthur Chandler (273).

Vardy

Rinnovo o addio: le parole di Maresca

La linea societaria del Leicester è chiara. Prima bisogna capire in che divisione giocheranno le foxes il prossimo anno, e poi ci si siederà al tavolo per delineare il futuro. E ora che la promozione è aritmetica, certamente nelle prossime settimane il board dirigenziale si siederà al tavolo con tutti i calciatori in scadenza di contratto.

Nonostante un parco attaccanti estremamente nutrito, che nemmeno squadre di categoria superiore possono vantare, Vardy è sempre stato in cima alle gerarchie di Maresca. La concorrenza di Daka, Iheanacho e del giovane Cannon (ragazzo prelevato in estate dall’Everton dopo una promettente scorsa stagione in prestito al Preston) e l’età avanzata non sono bastate per togliere a King Jamie lo scettro di totem della squadra.

Dell’argomento ne ha parlato anche l’allenatore italiano, intervistato dai media locali venerdì pomeriggio prima che il Leeds perdesse sul campo del QPR facendo diventare aritmetica la promozione del Leicester.

❝Ho parlato di Jamie tante volte, dicendo sempre la stessa cosa. Non ci sono dubbi sul fatto che sappia come si faccia gol, l’unico dubbio è legato alla sua tenuta fisica. Ha 37 anni, ma nonostante questo sta mostrando che sta bene a sufficienza per poter giocare ad alto livello. Il problema è che se gioca una partita poi il suo corpo ha bisogno di tre o quattro giorni di riposo e per gli allenamenti è un problema.

In termini di allenamento settimanale non sta facendo bene, ma sta facendo la cosa più importante in questo sport ovvero segnare quando va in campo. So bene che Jamie sa come si fa gol, perché li fa da quando ha iniziato a giocare e continuerà a farlo fin quando non smetterà. Non sono sorpreso dal numero di reti che ha segnato per noi quest’anno. Per ora siamo soddisfatti del suo rendimento, quando la stagione sarà finito ci siederemo al tavolo con lui e con gli altri ragazzi in scadenza e prenderemo una decisione. ❞

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Premier League

Bowen, dal record di Di Canio all’Europeo: nuova vita da “centravanti”

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Erano almeno vent’anni che il West Ham non aveva un centravanti da “venti gol” stagionali, ma lo ha trovato in Jarrod Bowen.

Bowen come Sheringham e Di Canio

Ai miei tempi si usava la locuzione “centravanti da venti gol” per indicare l’attaccante prolifico, quello con i crismi da grande squadra. Venti era il benchmark ideale, più che altro convenzionale, su cui veniva fissata l’asticella della competitività per i centravanti.

Poi chiaramente i tempi sono cambiati. I difensori sono peggiorati (perché non gli si gli insegna più a difendere ma solo a giocare il pallone) e allora è diventato più facile, anche per punte di medio livello, arrivare a quel bottino di gol nell’arco di una stagione.

Regola che sembra non valere per il West Ham, che solo negli ultimi anni (grazie allo straordinario lavoro di David Moyes) è riuscito a passare da squadra la cui massima aspirazione era una salvezza tranquilla a realtà consolidata della Premier League.

Infatti, erano più di vent’anni che un attaccante del West Ham non segnava almeno 16 gol in Premier League. L’ultimo fu Paolo Di Canio nella stagione 1999-2000. A frantumare questo record è stato Jarrod Bowen, che sta completando la sua evoluzione grazie al nuovo ruolo che Moyes gli ha ritagliato.

Infatti, per via dell’infortunio di Antonio, quest’anno il tecnico inglese lo ha provato a lungo nel ruolo di centravanti. E Bowen, esaltato dal calcio proposto dalla squadra più verticale d’Inghilterra, ha ripagato il suo allenatore con un bottino stagionale che parla chiaro: 20 gol e 10 assist per il top performer degli hammers.

Il West Ham non aveva un attaccante in grado di arrivare a venti reti stagionali (fra tutte le competizioni) dalla stagione 2004-2005, quella della premiata ditta Teddy Sheringham e Marlon Harewood. E chissà che questa nuova funzione da esterno-centravanti, unita a dei numeri realizzativi obiettivamente straordinari, non possa rafforzare la sua candidatura per gli Europei che si terranno questa estate in Germania.

Bowen

David Moyes manager of West Ham United during the Premier League match West Ham United vs Manchester United at London Stadium, London, United Kingdom, 23rd December 2023
(Photo by Mark Cosgrove/News Images)

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